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Gomorra, neomelodici e tatuaggi sull'onore: dentro il 'GangstaFacebook' italiano

Noi carcerati, O'sistema, Meglio Carcerato che Servo dello Stato sono solo alcune delle pagine Facebook italiane che condividono quotidianamente massime sull'onore e la vita da carcerati. Le abbiamo esplorate.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Mano a mano che la seconda stagione di Gomorra andava in onda, sulla mia bacheca di Facebook i meme e le citazioni prese dalla serie si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Nella quasi totalità dei casi si trattava di condivisioni "ironiche", applicate a contesti diversi (come la politica) o comunque fatte a ridosso di una puntata.

Qualche tempo fa, però, mi sono imbattuto nel meme qui sopra: un grab di O'Trak sormontato dalla scritta "meglio un amico camorrista che carabiniere". Inizialmente non ci avevo fatto troppo caso, e pensavo si trattasse di una semplice trollata. Ma soffermandomi sul contesto in cui era inserita quell'immagine, e su pagine simili a quella da cui proveniva, mi sono reso conto di una cosa: non c'era alcuna traccia di ironia.

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È così che ho iniziato a esplorare quotidianamente una serie di pagine dai titoli Noi carcerati, O'sistema, Meglio Carcerato che Servo dello Stato, Il Bandito Imprigionato, Pane e malavita, Detenuti NOI SIAMO QUA., Una Presta Libertà, ONORE E' Dignita', Simm a gente e miezz a via e Carcerati nel cuore sempre a testa alta.

Già i nomi sono sufficienti per capire quali siano gli argomenti e gli interessi trattati. Tra questi—e non è una lista esaustiva—sono ricorrenti l'onore, gli insulti agli "infami," l'esperienza del carcere e la vicinanza agli "ospiti dello Stato," l'elogio della malavita e (nei casi più estremi) dei boss mafiosi, i meme di Gomorra e de Il capo dei capi e l'odio verso polizia e magistrati. Non mancano nemmeno rassegne piuttosto estese di tatuaggi, come ad esempio questo qui sotto.

Pur essendo connesse a livello ideale e contenutistico—nel senso che si linkano e riprendono a vicenda—queste pagine non sono tutte completamente uguali. Alcune, almeno di facciata, sono interamente dedicate ai problemi dei carcerati; e su tutte spicca "Noi carcerati", che con quasi 70mila fan è una delle pagine più frequentate.

Nelle carceri italiane, com'è noto, non si può avere un cellulare né tantomeno si può accedere a Internet. La comunicazione con l'esterno è dunque teoricamente impossibile; ma questo non vuol dire che non ci si possa idealmente rivolgere a chi è all'interno. A questo proposito, "Noi carcerati" è una specie di comunità informale in cui familiari e parenti possono far sentire la loro vicinanza ai detenuti attraverso il buongiorno, i commenti sotto ai post, e infine apposite dediche in .jpg.

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Grab dalla pagina Noi carcerati.

Un'altra forma di dedica usata dalla pagina è la condivisione delle canzoni di neomelodici vecchi e nuovi, che da sempre nei loro testi si occupano di carcere e carcerati. Il nome che compare di più è quello del catanese Niko Pandetta, che sulla sua pagina arriva anche a mettere foto-ricordo del suo soggiorno nel carcere minorile di Acireale. Il cantante solitamente inizia i suoi video—fatti apposta per Noi carcerati—rivolgendosi agli "ospiti dello Stato" e anche a chi "purtroppo sta al 41-bis."

Oltre a ciò, la pagina si occupa anche di documentare le condizioni di vita all'interno del carcere. Si possono così trovare domande apparentemente banali (come chiedere se alla mensa del carcere è servito cibo senza glutine, o se a Poggioreale "fanno entrare la porchetta") insieme a foto di affollate sale d'aspetto all'interno di prigioni, o ancora denunce sullo stato fatiscente delle strutture e su presunti pestaggi. In un caso c'è addirittura lo scatto di un detenuto che saluta direttamente dalla propria cella — anche se non si tratta di un carcere italiano.

Ma soprattutto, la pagina cerca di diffondere un certo tipo di subcultura carceraria. Molto frequenti sono infatti i meme che esaltano l'omertà ("La nostra cultura / tacere in questura"; "meglio carcerato che pentito"; e "noi siamo uomini d'onore, viviamo d'omertà") e se la prendono con gli "infami" e i "traditori" —due figure fortemente odiate anche dalle altre pagine.

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Naturalmente, anche quella degli "sbirri" è una categoria—per forza di cose—odiatissima.

La pagina sottolinea spesso come il carcere sia solo un momento "di passaggio" da affrontare a testa alta, e al contempo lancia appelli ad "aprire le carceri che scoppiano," invoca indulti e amnistie e chiede l'abolizione del 41-bis, arrivando anche a esprimere vicinanza a persone a cui è stato applicato il regime del carcere duro.

Non è pertanto difficile notare l'elevata dose di ambiguità che permea la pagina, che andando ben oltre un generico garantismo finisce in un universo di significato abbastanza connotato. Altri spazi, tuttavia, sono meno "raffinati" e dunque ancora più espliciti—come ad esempio Il Bandito Imprigionato e Meglio Carcerato Che Servo Dello Stato (MCSDS), che fino a poco tempo fa si chiamava Meglio Schedato Che Servo Dello Stato.

Entrambe le pagine sono interessanti anche per il profilo dei gestori. La prima, lo afferma la descrizione, è tenuta da "un ragazzo recluso per metà" (ossia "in una comunita' dove sconto una pena") cresciuto "per le strade di catania …"; la seconda, invece, è amministrata anche da un trentenne—sempre di Catania—che recentemente sarebbe stato arrestato e accusato di "spaccio e detenzione illecita di sostanze stupefacenti."

A ogni modo, il Bandito Imprigionato pubblica diverse immagini di Totò Riina (sia di quello reale che dal personaggio de Il capo dei capi) accompagnate da scritte quali "Chi nasce dalla strada in questura non canta serenate." Lo stesso fanno anche la pagina Pane e malavita (che usa un'immagine del boss Luciano Liggio) e Meglio Carcerato Che Servo Dello Stato.

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I meme presi dalle serie tv vanno ovviamente per la maggiore— Gomorra è sicuramente la più gettonata, ma c'è spazio anche per Narcos, Romanzo Criminale e, ogni tanto, persino Lupin .

L'esaltazione di uno stile di vita gangsterico e di strada è pressoché totale, e viene esplicitato con i tatuaggi, con immagini di un fucile a pompa e lo slogan "Noi non chiamiamo il 113," e con meme di questo tipo.

Un caso del tutto particolare è poi la pagina ONORE E' Dignita'. Nell'immagine di copertina, a fianco della foto dell'amministratore, si legge una specie di dichiarazione d'intenti: "Chiedo e pretendo processi giusti, non indiziari e no libero convicimento dei giudici! Chiedo rispetto per i diritti dei carcerati! La dignità per ogni detenuto, e sono contro la tortura in ogni sua forma!"

A prima vista, la pagina è una lunga sfilza di immagini rudimentali in cui—accanto a generiche frasi motivazionali—ricompaiono le stesse tematiche: l'onore, il rispetto, l'abrogazione del 41-bis e la virtù insita nel farsi gli affari propri.

Tutti questi slogan sono firmati con la dicitura "Torcasio Vincenzo alias 'Giappone', Lamezia Terme Calabria", che è un nome che compare più volte nelle cronache locali calabresi. Nel maggio del 2015 Torcasio è stato arrestato nell'ambito di una vasta operazione antimafia (ribattezzata "Andromeda") che ha colpito le "consorterie Iannazzo e Cannizzaro-Daponte, attive nel comprensorio di Lamezia Terme."

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Le accuse della procura di Catanzaro sono quelle di associazione mafiosa e di concorso nell'omicidio di Antonio Torcasio, avvenuto nel 2003 davanti ad un commissariato di polizia. Un mese dopo l'arresto, il tribunale del riesame gli ha però tolto il capo d'accusa dell'associazione; e nel dicembre del 2015 gli sono stati concessi gli arresti domiciliari.

Nel maggio di quest'anno è stato rimesso in libertà, come comunicato da lui stesso sulla propria pagina: "SONO TORNATO DOPO QUESTA MIA ASSENZA PER UNA INGIUSTA CARCERAZIONE, OGGI HO RIACQUISTATO LA MIA LIBERTA' !" Attualmente, riporta Il Lametino, le indagini dell'operazione "Andromeda" sono state chiuse dalla procura di Catanzaro nei confronti di 49 indagati—compreso Torcasio, che si professa innocente e vittima del "chiacchiericcio infondato e il sentito dire dei collaboratori di giustizia."

Chiaramente quella delle pagine "equivoche" su Facebook non è una novità assoluta, anche se ora appare decisamente più stabile e numericamente rilevante. Diversi anni fa avevano fatto scalpore le pagine che inneggiavano a Totò Riina; e nel 2010 L'Espresso aveva dedicato un articolo a pagine e gruppi che inneggiavano alla camorra e a boss mafiosi, riconoscendovi un fenomeno sfuggente ma comunque in grado di evidenziare i riferimenti socio-culturali di svariate migliaia di persone.

Con questo, ovviamente, non sto dicendo che dietro alle pagine analizzate nell'articolo ci sia chissà quale strategia, o che siano state appositamente create dalle organizzazioni criminali per fare propaganda o comunicare tra loro sui social network—cosa che comunque i mafiosi, inclusi boss del calibro di Matteo Messina Denaro, fanno da tempo.

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Qui ci troviamo su un piano diverso, che non tira necessariamente in ballo la dimensione giudiziaria. Come mi dice il sociologo Marco Santoro—autore e curatore di saggi come La voce del padrino e Riconoscere le mafie—dai messaggi che traspaiono da queste pagine "si può evincere quanto la mafia sia molto più di un potere economico, di un business o di una industria, ma sia una 'forma di vita', un sistema sociale e culturale con cui ci si identifica e da cui si traggono risorse emotive e morali per la vita, tanto più quando questa è messa a dura prova in un carcere."

In più—continua il sociologo—"anche per chi non è in carcere per reati di mafia questa 'forma di vita' fa presa, per la sua organicità e la sua forza appunto morale. In fondo, anche l'agiografia televisiva sui grandi capimafia come sorta di superuomini—di eroi, magari in negativo, ma sempre eroi—contribuisce ad alimentare questo riconoscimento della mafia come 'forma di vita'. Si radica qui, a mio parere, anche la dimensione politica della mafia, il suo rappresentare per molti un ideale di vita buona e una fonte di sicurezza e garanzia per il futuro, che è ciò che è la politica nella sua radice ultima—al di là delle schermaglie partitiche, che sono solo la superficie della vita politica."

E in effetti, questo ecosistema "gangsteristico" opera un continuo mescolamento di riferimenti e subculture, attinge a piene mani dalla produzione culturale della e sulla delinquenza—che siano le canzoni di vecchi neomelodici o le nuove serie tv —e la reinterpreta a proprio uso e consumo, modellandola anche sul vissuto personale.

Così facendo è davvero difficile distinguere i confini tra l'apologia, l'adesione a precisi modelli e stili di vita e la condivisione senza doppi fini. Ma è esattamente da questo contraddittorio coacervo di significati che nascono sia la repulsione che l'attrazione verso queste pagine, e soprattutto nei confronti dell'immaginario che veicolano.

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