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'Onore a Traini': lo sconvolgente dibattito sull'attentato di Macerata

L'unione tra propaganda, strumentalizzazione e sensazionalismo ha parecchi, e perversi, effetti collaterali.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Striscione di solidarietà a Luca Traini apparso la sera del 5 febbraio 2018 a Roma. Foto via Twitter.

Ieri la nostra collaboratrice Johanne Affricot ha raccontato quello che ha provato di fronte all’attentato di Macerata—inclusa la sensazione di poter finire crivellata dai colpi del Luca Traini di turno per il solo fatto di essere nera, nonostante la sua “italianità” (sempre più “invisibile,” come spiegato da lei).

Nella sua atrocità, e voglio essere chiaro fin dalle prime battute, quanto accaduto è molto lineare: un fascista ha aperto il fuoco contro delle persone inermi, colpevoli solo di essere diversamente bianche. E come ha detto lo stesso Traini, l’intento era quello di uccidere più neri possibile per “lanciare un messaggio, perché bisogna contrastare l’eccessiva presenza di immigrati in Italia.”

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Eppure, fin da subito molti commenti su Facebook a quell’articolo di Johanne hanno obliterato i fatti togliendoli completamente dalla visuale. Per alcuni dei commentatori sotto al post di VICE—e sotto a molti altri post su Facebook, ovviamente—le responsabilità di quanto accaduto sarebbe del “governo che permette che una bestia possa circolare nel nostro paese liberamente e ammazzare una ragazza” (il riferimento è alla morte di Pamela Mastropietro, sui cui tornerò dopo). Oppure, la colpa è “dei politici che permettono a migliaia di clandestini di fare i loro porci comodi e di rimanere impuniti.” O ancora: si sta sfruttando politicamente (a sinistra) il gesto di un folle. Il tutto condito da affermazioni come “poveretti i neri, sempre vittime dei cattivoni bianchi.”

Si tratta di opinioni che in questi giorni abbiamo sentito pressoché ovunque. Sempre ieri, alla Zanzara, un ascoltatore ne ha fatto un agile compendio: “Ci vorrebbe un Traini in ogni provincia, chi di noi non ha mai pensato di voler fare una cosa del genere? Provate a chiedere in giro, tantissimi vorrebbero sparare davanti alle stazioni. Strage? Non ne ha accoppato manco uno…” A questo va aggiunto chi—nei bassifondi dell’Internet—sta glorificando l’attentatore fascista, elevandolo al rango di “patriota” o delirando di “inizio della nostra vendetta.” E fa pensare anche quello che ha detto l’avvocato di Traini, Giancarlo Giulianelli: “Politicamente c'è un problema. Mi ferma la gente per darmi messaggi di solidarietà nei confronti di Luca. È allarmante ma ci dà la misura di quello che sta succedendo.”

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Il fenomeno, ovviamente, è tutt’altro che inedito. Per fare un altro esempio: dopo che un altro fascista, Gianluca Casseri, aveva ucciso Samb Modou e Diop Mor a Firenze avevo raccolto un po’ di commenti apparsi sotto un articolo de Il Giornale ed era venuto fuori un quadro edificante, con tanto di frasi come: “comunque, avanti così, due in meno.”

Ora, non ho intenzione di prendermela con “l’odio sul web” o la “rete cattiva,” né di fare affermazioni come “l’Italia è un paese razzista” e “gli italiani sono tutti razzisti”—non lo è e non lo sono, anche se esistono diverse forme e manifestazioni di razzismo. Il problema è molto più complesso e più esteso di così. I commenti che ho appena citato, infatti, sono soltanto un riflesso della piega che ha preso il dibattito politico, sociale e mediatico sulla tentata strage di Macerata.

Sabato sera ero a cena con alcuni amici, e ovviamente si parlava di quanto successo in mattinata. Qualcuno era convinto che Matteo Salvini, la Lega e i partiti neofascisti ne avrebbero risentito. Dopotutto, Traini si era candidato con la Lega, era stato vicino a Forza Nuova, ed era andato alla commemorazione di Acca Larenzia dello scorso 7 gennaio. Come potevano farla franca, questa volta?

Io ero molto più scettico. Sin da subito, infatti, la tentata strage è stata derubricata, depotenziata, rimossa; e in primo luogo dalle autorità politiche e mediatiche di questo paese. Da coloro, cioè, che dettano l’agenda e influenzano l’opinione pubblica.

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Così com’era successo con Casseri, la reazione iniziale è stata quella di buttarla sul gesto di un “folle”—nonostante la pianificazione certosina dell’attacco, le modalità e la sceneggiata finale di fronte al monumento dei caduti con tanto di “cero votivo a Mussolini.”

Poi si è evocata ossessivamente la correlazione causale tra la terribile morte della 18enne Pamela Mastropietro (di cui ancora non si conoscono le cause), l’arresto di Innocent Oseghale (accusato di occultamento di cadavere e vilipendio di cadavere, mentre il gip ha escluso l'omicidio) e l’attentato. La tesi è stata avanzata non solo dallo stesso Traini—cioè dall’attentatore, e questo al massimo dovrebbe rilevare come motivazione personale—ma praticamente da tutti, venendo rilanciata acriticamente dai media. A un certo punto, addirittura, si è fatta strada l’infame ipotesi—lanciata per prima dalla segretaria provinciale della Lega—che tra Traini e Mastropietro ci fosse una relazione, e che quindi fosse una rappresaglia passionale.

La notizia era ovviamente falsa, destituita di ogni fondamento. Tuttavia, anch’essa è servita allo scopo: mettere un presunto omicidio e un attentato sullo stesso piano, portando così a una confusione da cui emerge una sorta di giustificazione. Ok, Traini sarà andato un po’ troppo in là, però è comprensibile quello che ha fatto; ossia: ha solo cercato di “fare giustizia” e proteggere le “nostre” donne. Un intento nobile, alla fine. (Piccola nota a margine: è una strana forma di “vendetta” contro la violenza sulle donne quella che colpisce indiscriminatamente anche donne come Jennifer Otiotio, che stava aspettando l’autobus alla fermata. Ma andiamo avanti).

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Strettamente collegato a quanto sopra ci sono gli altri tormentoni che hanno accomunato Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e—in misura minore—Luigi Di Maio: l’immigrazione crea insicurezza e fa aumentare il crimine (nonostante non sia statisticamente vero), e dunque porta dritti allo “scontro sociale”; oppure è direttamente una “bomba sociale” da disinnescare espellendo “600mila clandestini.” Di conseguenza, la colpa di quanto successo a Macerata non è di Luca Traini e delle sue idee fasciste e razziste, ma di una generica “sinistra” e dei “buonisti anti-italiani” che “riempiono le città di clandestini.” Per la cronaca, a Macerata gli stranieri residenti sono cresciuti in cinque anni di ben cinque persone—da 3.874 a 3.879. In tutte le Marche, i richiedenti asilo sono 5.699: un migrante ogni 250 persone.

Ovviamente, che la destra si sia fiondata su queste tre argomentazioni non deve stupire. Da un lato—specialmente per Salvini e la Lega—si è aperto un salvacondotto con cui svicolare dalle proprie responsabilità politiche; e dall’altro si è riportato al centro di questa squallida campagna elettorale l’immigrazione, ma in maniera feroce e aggressiva, cavalcando l’attentato con un cinismo raccapricciante e vomitevole.

Quello che lascia esterefatti, tuttavia, è l’assoluto deserto in cui si sta muovendo la destra italiana. A 72 ore di distanza dall’attentato, nessun rappresentante dello stato è andato a portare solidarietà alle vittime. L'unico politico che si è visto all'ospedale di Macerata è Maurizio Acerbo di Potere al Popolo.

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Al contrario, sempre nelle ultime 72 ore, Matteo Salvini è stato ospitato in tv circa 512.124mila volte ed è rimasto pressoché incontrastato. A parte qualche singola figura o esponente politico, la maggior parte dei media non l’ha inchiodato sul fatto che l’attentatore si era candidato con il suo partito; e non ha rilevato che, stando alla parole del titolare della palestra frequentata da Traini, quest’ultimo “negli ultimi tempi era sempre più ossessionato dall'invasione degli immigrati” e che “ripeteva a pappagallo quello che sentiva dire a Matteo Salvini.”

Nulla di tutto ciò, anzi: al segretario leghista è stata pure concessa una bella passerella in prima serata da Massimo Giletti, in cui ha potuto tranquillamente dire cose del genere.

Ma c’è anche chi è andato ben più in là. Forza Nuova ha addirittura promesso supporto legale all’attentatore, un atteggiamento di una gravità inaudita su cui le istituzioni non hanno avuto alcunché da ridire. Voglio ripeterlo e sottolinearlo, perché forse non è chiara la portata: un partito neofascista, che si presenterà alla prossime elezioni, ha detto esplicitamente che “noi ci schieriamo con Luca Traini”—cioè con una persona che ha preso di mira degli innocenti per strada, gettando nel terrore un’intera città. Provate solo a cambiare il nome dell’organizzazione politica, e a tirare in ballo altre matrici ideologiche, per vedere l’effetto che fa.

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Per finire, un’altra cosa incomprensibile— davvero incomprensibile—è l’atteggiamento del Partito Democratico. Solo qualche mese fa, dopo l’irruzione dei bonehead a Como, il PD aveva posto in cima alla propria agenda la recrudescenza fascista, indicendo anche una manifestazione antifascista. Era del tutto strumentale, ok, ma era comunque qualcosa.

Dopo Macerata—un fatto infinitamente più grave, e in cui una sede stessa del PD è stata colpita dalla pallottole—ci sono stati solo tentennamenti. Non si è mai parlato di fascismo, o di terrorismo. Si è invitato ad “abbassare i toni” quando la destra li alzava al massimo e sovrastava chiunque. Matteo Renzi ha fatto una serie di dichiarazioni incredibilmente deboli, parlando di “atto razzista” e aggiungendo il fatidico ma: “ma non sono i pistoleri che possono portare giustizia.”

Ma di quale giustizia parla, Renzi? Quale torto stava riparando Traini? Nessuno. Il segretario del PD ha anche aggiunto, in perfetto stile salvianino, che "prima di tutto c'è l'Italia, la difesa dell'Italia e gli italiani e quelli che li difendono sono le forze dell'ordine, non i pistoleri che sparano all'impazzata." Insomma: troppo tardi, troppo poco. Il risultato di questa brillante strategia è ben fotografato nei sondaggi di EMG Acqua: il PD ha perso un punto percentuale in una settimana, e la Lega ha guadagnato lo 0,5 percento.

Al di là del dato sondaggistico-elettorale, quello che manca drammaticamente è una contronarrazione alla narrazione ormai dominante. Ed è del tutto evidente che il centrosinistra non riesca più a contrastare certi discorsi; o persino non voglia, applicando politiche speculari a quelle della destra nella convinzione di rosicchiare voti. Di solito, però, l’unico effetto che si ottiene è quello di disorientare la propria base e portare i propri avversari su posizioni ancora più estreme.

Le responsabilità sono comunque molte, e diffuse. Nessuno ne è esente: della politica ho già detto; e lo stesso vale per i media. Roberto Weber, presidente di Ixé, ha ricordato che “l’ostilità verso lo straniero è un sentimento facilmente ‘attivabile’, condizionabile dalle campagne di comunicazione;” e che la paura dei migranti è spesso e volontieri collegata alla fruizione dei media e meno alla realtà quotidiana.

Del resto, l’unione tra propaganda, strumentalizzazione e sensazionalismo ha parecchi, e perversi, effetti collaterali. Crea una forte distorsione nella percezione (secondo l’ultimo rapporto Eurispes più della metà degli italiani pensa che i migranti siano il 30 percento della popolazione, mentre sono l’8); suscita una mentalità d’assedio che porta ad abbracciare le teorie dell’“invasione” o della “sostituzione etnica”; mina la tenuta sociale del paese; rende caotica e ingovernabile la gestione delle migrazioni; sabota ogni tentativo di integrazione; mette all’angolo la solidarietà dal basso; e radicalizza le posizioni fino al punto di non ritorno, cioè la violenza.

Nel caso di Macerata tutti questi elementi si sono uniti e hanno rilasciato la loro tossicità, scatenando un coacervo di pulsioni razziste e antidemocratiche che è assolutamente vitale contrastare prima di altri Luca Traini.

A questo punto, però, non so quanto tempo sia rimasto.

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