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L’instabilità di Gaza è terreno fertile per il reclutamento dello Stato Islamico

VICE News è stata nella Striscia di Gaza, dove gruppi ombra di supporto allo Stato Islamico stanno guadagnando supporto, facendo esplodere automobili e lanciando razzi contro Israele.
Foto di Hassan Mahmoud/AP

Le esplosioni, sei in rapida successione, arrivarono poco dopo le sei del mattino.

Nel quartiere Sheikh Radwan della Città di Gaza i vetri delle finestre si infransero, i libri ruzzolarono giù dagli scaffali e i quadri sobbalzarono violentemente. In tutta la città gli abitanti di affacciarono alle finestre. Nel cielo rischiarato dall'alba si alzarono alte sei colonne di fumo nero e tetro.

Islail Mohamed, 26, stava dormicchiando dopo aver visitato la moschea per le preghiere del mattino quando il fragore degli scoppi interruppe il suo sonno. "Pensavo che la guerra con Israele fosse ricominciata," ha raccontato a VICE News.

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"Sono corso di fuori insieme ai vicini e c'erano camionette dei pompieri lungo la strada. Un'automobile era esplosa. Poi ho visto dei graffiti e ho capito."

Di fronte ai rottami, la vernice ancora fresca, ecco l'insegna dell'autoproclamato Stato Islamico (IS). L'attacco aveva colpito sei automobili appartenenti a ufficiali dell'ala militare di Hamas - i governanti della striscia di Gaza - e i loro alleati, il Movimento per il Jihad Islamico.

La bandiera bianconera dell'IS fu vista per la prima volta a Gaza nel corso della manifestazione contro il magazine satirico francese Charlie Hebdo, in seguito agli attacchi terroristici di Parigi che portarono alla morte di 17 persone lo scorso gennaio. Mentre il tricolore francese bruciava, la folla esultava e scandiva slogan contro il mondo Occidentale.

"Guardando indietro fu quello il punto di svolta, l'inizio di quello che vediamo ora," Mokhaimer Abu Sada, un professore di scienze politiche all'Università Al Azhar di Gaza, ha spiegato a VICE News. "Fu la più grande protesta salafita in molti anni. Centinaia di persona scesero in piazza."

La situazione si inasprì rapidamente. Nei mesi successivi alla manifestazione una serie di bombardamenti e tentativi di uccisioni scosse Gaza. Tra gli obiettivi c'erano il centro culturale francese e gli edifici del governo.

Un gruppo che si autodefinisce come "Supporter dello Stato Islamico a Gerusalemme" rivendicò il bombardamento di un campo di addestramento di Hamas e l'esplosione di un'auto che uccise un alto ufficiale di Hamas.

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All'inizio di giugno un gruppo attivo con il nome di "Brigata di Sheik Omar Hadid", un riconoscimento a un altolocato comandante dei ribelli iracheni, si vantò di aver portato a termine il primo lancio di missili contro Israele da parte di un gruppo pro-IS.

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In un video pubblicato poco dopo l'attacco, la Brigata di Sheikh Omar Hadid lanciò un appello agli "apostati" del governo di Hamas affinché rilasciasse i prigionieri salafiti detenuti e annunciò ulteriori attacchi contro Israele.

Questa non è stata la prima volta in cui si è verificato uno scontro tra Hamas e la frangia radicale dei salafiti, la quale giudica i leader islamici della striscia troppo moderati e la loro posizione su Israele troppo morbida.

Nel quartiere Sheikh Radwan, il 19 luglio, ignoti hanno dato fuoco a sei autovetture appartenenti a combattenti di Hamas e al Jihad Islamico. Foto di Wesam Nasar/EPA 

Nel 2009 un gruppo radicale legato ad al Qaeda chiamato "I Guerrieri di Dio" dichiarò il proprio "Emirato Islamico" a Rafah, una città nella parte meridionale di Gaza affacciata sul confine con l'Egitto. In seguito a un prolungato conflitto a fuoco, i combattenti di Hamas riuscirono a scacciare i miliziani dalla moschea in cui si erano rifugiati, uccidendo almeno una dozzina di jihadisti. Un chiaro messaggio per chiunque covasse idee simili.

La nuova tattica degli estremisti si è però rivelata più difficile da bloccare. "In un confronto militare diretto con Hamas i Salafiti sanno che sarebbero facilmente polverizzati," il Professor Sada ha detto a VICE News. "Quindi questa volta stanno evitando l'errore del 2009 e giocando al gatto e al topo, evitando scontri diretti con Hamas."

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"Israele e Hamas non diventeranno amici, ma ora stanno affrontando un nemico comune."

"Un lancio di razzi conto Israele raggiunge il loro obbiettivo, destabilizzando la situazione di sicurezza in due modi," ha continuato. "Innanzitutto, provocano Israele invitandolo a rispondere. In secondo luogo, vogliono imbarazzare Hamas… per mostrare che non sono in controllo della situazione."

"È una situazione strana," ha aggiunto Sada. "Non credo che si possa dire che Israele e Hamas diventeranno amici - questo non succederà mai - ma ora stanno affrontando un nemico comune."

Lungo i 223 metri quadrati della Striscia la autorità hanno posizionato blocchi stradali temporanei in un tentativo di scovare i miliziani. Di notte gli ufficiali di sicurezza di Hamas illuminano con torce elettriche l'interno dei veicoli, mentre agli autisti che sembrano sospetti vengono controllati i documenti e ispezionate le auto.

La crescente presenza di polizia sulle strade è stata accompagnata da un giro di vite nei confronti degli estremisti. Una moschea improvvisata utilizzata come pulpito da un imam integralista è stata rasa al suolo il mese scorso, mentre nelle ultime settimane dozzine di Salafiti sono stati arrestati nel corso di blitz effettuati su tutto il territorio di Gaza.

Eppure, nonostante l'evidente incremento della sicurezza, le autorità vogliono minimizzare l'influenza dei simpatizzanti dell'IS sulla Striscia agli occhi degli stranieri e in particolare dei giornalisti.

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"Gaza è sicura… Puoi camminare ovunque, anche alle 3 del mattino, senza alcun problema," ha rassicurato a VICE News Iyad al-Buzum, un portavoce del Ministero dell'Interno di Hamas, colpendo con un dito la scrivania viola sgargiante—un lascito dell'associazione per i diritti delle donne che prima occupava l'ufficio.

"La gente dice che esiste lo Stato Islamico a Gaza, ma non c'è," Buzum ha aggiunto. "Esiste solo sui social media, sono solo dei singoli… gente che cerca di destabilizzare la situazione, vantandosi su Facebook e Twitter."

Ma solo poche ore dopo che Buzum ha dichiarato Gaza "sicura al 100 per cento" un altro razzo è stato sparato verso Israele, portando il totale a cinque lanci nelle ultime settimane.

La posta in gioco è alta. Nonostante la loro ostilità di vecchia data, Israele e Hamas sono reduci da tre faticose guerre negli ultimi sette anni - la più recente e fatale solo la scorsa estate - e si dice che abbiano intrapreso discussioni riservate per poter assicurare una tregua a lungo termine, anche se i lanci di razzi dei Salafiti rischiano di scatenare una nuova guerra.

Combattenti armati del Jihad Islamico sorvegliano i dintorni di una macchina dopo gli attacchi. Foto di Wesam Nasar/EPA

I discussi negoziati portati avanti tramite canali europei e del Golfo difficilmente porteranno a una risoluzione permanente del conflitto. Si dice che Israele stia mettendo sul tavolo un'ulteriore allentamento delle restrizioni sulle importazioni, oltre a un tanto ambito porto galleggiante di fronte alla costa di Gaza in cambio della garanzia di tranquillità dalla Striscia.

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Per Hamas un accordo potrebbe essere molto utile per alleviare la disperata situazione finanziaria in cui versa. Stabile al 43 per cento, la disoccupazione sulla Striscia è la più alta al mondo. Nessuna delle 18,000 case distrutte nel corso dell'ultima guerra, inoltre, è stata finora ricostruita.

Tuttavia i già deboli negoziati hanno ancor meno possibilità di conquistare credibilità, se Israele dovesse constatare che i governanti della Striscia non sono in grado di sostenere quello che sarebbe la loro parte dell'accordo—ovvero, un'interruzione del lancio di missili.

I negoziati rappresentano inoltre una situazione paradossale per Hamas. Anche se un accordo potrebbe alleviare parte delle difficoltà economiche degli abitanti di Gaza, farsi vedere impegnati in trattative con Israele, un nemico giurato, rischia di stimolare il sostegno agli avversari all'interno della Striscia.

Abu Hafs al Maqdisi, il leader dell'"esercito dei credenti" di Jaish al-Ummah, un gruppo di miliziani Salafiti che ha combattuto fianco a fianco con Hamas durante la guerra della scorsa estate, è stato arrestato dalle autorità cinque volte negli ultimi due anni, e uno dei suoi vice è al momento ricercato per essere interrogato. Come molti dei gruppi armati operativi sulla striscia, la lealtà dei suoi combattenti è legata al fatto di avere interessi comuni.

In un incontro con VICE News in un appartamento privato, lontano dagli occhi indiscreti degli ufficiali di sicurezza di Hamas, al Maqdisi distoglie lo sguardo, parla a voce bassa e sceglie le parole con attenzione: "Questo non è il momento giusto per una guerra con Israele, ma il momento sta arrivando e noi saremo pronti. Dal nostro punto di vista noi, al contrario di Hamas, non abbiamo firmato alcun accordo con Israele, quindi non c'è e non ci sarà alcun cessate il fuoco."

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"Noi ci stiamo addestrando e preparando per un'altra guerra… per ora siamo d'accordo con Hamas… ma non rispondiamo ai loro ordini e quando sarà arrivato il momento giusto combatteremo," ha detto a VICE News.

Sebbene Magdisi rigetti l'ideologia dello Stato Islamico, facendo notare che il gruppo ha fatto degli errori in Siria e in Iraq, il suo Esercito di Credenti ha un'ideologia comune con al Qaeda e ha criticato Hamas per non aver applicato la legge della sharia sulla Striscia. In passato il gruppo ha anche espresso la volontà di collaborare con altri Sunniti integralisti della regione.

Non sono solo i gruppi Salafiti che potrebbero voltare le spalle ad Hamas. Tra i membri dei gruppi che supportano l'IS ci sono anche disertori disillusi da Hamas.

Tra loro c'era Younis al Hunnor. Ucciso in un raid di polizia a giugno, il 27enne - un veterano dell'ala militare di Hamas, al Qassam, diventato un Salafita integralista circa due anni fa - è stato ammazzato nel corso di "un intenso scambio a fuoco" dopo che le forze di sicurezza sostenevano che avesse tentato di far saltare una cintura esplosiva mentre cercavano di trarlo in arresto.

A Sheikh Radwan alcuni cartelli con la scritta "Wanted" affissi sui muri del quartieri mostrano le foto segnaletiche dei sei sospettati per l'auto-bomba. Alcuni residenti locali affermano di riconoscere molti di loro come ex esponenti di al Qassam.

Anche Israele si trova di fronte a un dilemma. Sebbene il governo abbia negoziato i termini della tregua direttamente con Hamas, l'esercito segue una linea politica di lungo corso secondo cui i governanti della Striscia sono ritenuti responsabili di ogni lancio di missili fatto partire da Gaza.

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Poliziotti di Hamas controllano la strada dopo avere istituito un posto di blocco notturno a Gaza, a maggio. Foto di Khalil Hamra/AP

"[Anche se] il lancio di razzi nei confronti di Israele fosse compiuto da gruppi isolati… con lo scopo di sfidare il regime di Hamas, noi riteniamo Hamas responsabile di tutto ciò che succede a Gaza," ha risposto in modo piccato il Ministro della Difesa Moshe Yaalon dopo un recente attacco. "Se fosse necessario reagiremo con maggior durezza."

Eppure, nonostante le parole di fuoco, la risposta dell'esercito è stata finora pacata. In un approccio che potremmo definire "a salve", attacchi di rappresaglia contro le basi di Hamas sono arrivati molte ore dopo dando ai governanti della striscia tutto il tempo necessario per evacuare il personale.

Nel corso di un briefing tenuto sul confine con Gaza a giugno il Generale Maggiore Shlomo Turgeman ha avvertito che l'allontanamento di Hamas risulterebbe in un "caos" e che Israele non scenderebbe sul piede di guerra per "alcuni missili che esplodono in aree aperte".

"Al momento non ci sono alternative ad Hamas. Non c'è nessun altro che può tenere insieme le cose," il Generale Maggiore ha detto a ufficiali e giornalisti. "La mia opinione è che noi abbiamo bisogno del maggior numero possibile di periodi di pace."

Finora non ci sono state vittime né da un versante né dall'altro, ma lo scambio armato potrebbe facilmente sfuggire di mano se un missile Salafita dovesse colpire il suo bersaglio. Nonostante la resistenza dell'esercito israeliano a un'escalation, la pressione dell'opinione pubblica sui politici, molti dei quali più interventisti dei loro omologhi militari, cresce con ogni missile sparato. Una morte sul versante israeliano potrebbe modificare i calcoli in modo drastico.

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"Chiunque sia contento di accettare una pioggia sottile alla fine si ritroverà in un nubifragio," ha inveito Avigdor Liberman, il leader di Israel Beitenu, un partito di estrema destra e il terzo più grande blocco nell'opposizione, dopo il quarto attacco in altrettante settimane. "Non dobbiamo accettare questa situazione. Un governo che voglia farlonon ha diritto di esistere."

Se le acque non fossero già abbastanza agitate, la pressione su Hamas sta crescendo su un altro fronte — il confine sempre più instabile di Gaza con la penisola egiziana del Sinai, dove regna l'anarchia.

La colpa per un attacco sferrato durante il Ramadan da Wilayat Sinai - un ramo locale dell'IS - che ha ucciso una dozzina di membri dell'esercito è stata fata ricadere da Il Cairo e Gerusalemme sui governanti della striscia. I due paesi accusano Hamas di fornire aiuto medico, rifugio e armi ai jihadisti della penisola in cambio di accesso ai tunnel di contrabbando che terminano nei deserti orientali dell'Egitto.

"C'è una cooperazione tra loro [Hamas e Wilayat Sinai] per quanto riguarda il contrabbando di armi e gli attacchi terroristici. Gli egiziani sono al corrente di questa situazione e anche i Sauditi," il ministro dell'Intelligence israeliana Israel Katz ha detto ai reporter in seguito agli attacchi. "Al contempo all'interno di Gaza, ISIS [un altro acronimo di IS] ha sbeffeggiato Hamas. Ma entrambi hanno una causa comune contro gli ebrei, a Israele o all'estero," Katz ha aggiunto.

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Che sia vero o no, un ulteriore peggioramento delle relazioni tra Hamas e il governo egiziano di Abdel Fattah el-Sisi sostenuto dai militari non potrà far altro che danneggiare l'economia di Gaza.

Al momento l'Egitto sta liberando una zona cuscinetto di 1.9 chilometri lungo il suo confine orientale con la striscia. Finora quest'anno il confine di Gaza con la penisola del Sinai nei pressi di Rafah - una vera e propria ancora di salvezza verso il mondo esterno - è stato aperto solo per una manciata di giorni; una situazione che ora difficilmente migliorerà.

"La situazione a Gaza è così sconfortante al momento che è diventato un terreno molto fertile per i gruppi di estremisti," ha detto a VICE News Charlie Winters, un ricercatore dei movimenti jihadisti islamici presso la Quilliam Foundation.

"I reclutatori hanno bisogno di malcontento sul quale fare leva, e a Gaza ce n'è parecchio… lo Stato Islamico si è anche rivelato di grande successo nell'attirare verso la propria causa combattenti che sono già legati ad altri gruppi, come al Qaeda o Hamas."

"Gaza dà queste opportunità perché i gruppi armati sono già ben radicati lì. È una situazione già pronta," Winters ha aggiunto.

Mentre i leader dell'IS nel Levante non hanno proclamato la Palestina una provincia ufficiale del califfato come avevano invece fatto con il Sinai - un'indicazione che al momento non c'è alcuna affiliazione formale con il suo ramo di Gaza - ci sono crescenti indizi secondo cui il gruppo di estremisti sta cercando di rafforzare il proprio legame con la Striscia.

A luglio il gruppo ha pubblicato un video messaggio dalla Siria e indirizzato ai "tiranni di Hamas." Nella clip un jihadista palestinese sembra affiancato da due uomini armati e prega gli abitanti di Gaza di unirsi al cosiddetto califfato, minacciando di trasformare la Striscia in un "fiume di sangue."

Dal suo ufficio al 15esimo piano con la vista sulla Città di Gaza, Ahmed Yousef, ufficiale di Hamas e consigliere del primo ministro della Striscia, ammette che la situazione a Gaza sta diventando sempre più "complessa" e "tossica."

"Un anno dopo l'ultima guerra gli abitanti stanno ancora soffrendo duramente. La gente è molto povera, frustrata e delusa," ha detto a VICE News. "Né Israele né Hamas vogliono un'altra guerra, ma la guerra non sempre aspetta il permesso dei politici."

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