A partire dagli anni Quaranta del secolo scorso, in Cina si è verificato un boom demografico che ha portato la popolazione a toccare quasi la quota di un miliardo a fine anni Settanta. Nel tentativo di prevenire un eccesso di 400 milioni di nascite ulteriori, che avrebbe compromesso i piani nazionali per la crescita economica, il governo cinese ha poi introdotto nel 1979 la cosiddetta “politica del figlio unico”, limitando per legge il numero di figli permessi a ogni coppia.
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Benché il sistema contemplasse diverse deroghe e si affidasse spesso a incentivi di natura economica per ottemperare alle norme, milioni di persone hanno subito sanzioni e multe, ma anche aborti forzati e sterilizzazioni. Di conseguenza, ci fu chi si sentì obbligato a rinunciare ai propri figli per evitare le punizioni.Molti di questi bambini finirono negli orfanatrofi e furono anche adottati da persone non provenienti dal paese. Tuttavia, secondo Nanfu Wang, regista del documentario One Child Nation, molti dei bambini presenti nelle liste delle adozioni internazionali furono portati via con la forza alle famiglie, senza il consenso dei genitori.Nel luglio del 1994, tra i futuri genitori provenienti dall’estero c’era anche il signor Lefèvre*, un belga che si incontrò con altre cinque famiglie dello stesso paese presso l’aeroporto di Bruxelles, a Zaventem. Queste nove persone passarono le due settimane successive a Yueyang, una città cinese nella provincia di Hunan, per finalizzare le procedure d’adozione. Dal momento in cui lasciarono Bruxelles, Mr Lefèvre filmò tutto il viaggio verso l’orfanatrofio.
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Le immagini mostrano il percorso tra campi aperti e tratti apparentemente desolati di terra, fino all’arrivo nel cortile dell’istituto. L’edificio era logoro e malandato, con i muri scrostati. Dopo una breve attesa, il personale introdusse le famiglie alle sei bambine a loro assegnate. In quel momento Lefèvre incontrò per la prima volta sua figlia adottiva, Youqine, che allora aveva solo otto mesi. Tutte le bambine furono adottate quello stesso giorno.
Attraverso le immagini girate dal padre, Youqine Lefèvre, oggi 27enne, è riuscita a decenni di distanza a ricostruire una preziosa testimonianza delle sue origini. “Per diversi anni ho avuto un rapporto conflittuale con la Cina, e non avevo alcun desiderio di visitarla,” racconta Lefèvre. “Ma, arrivata a 23 anni, ho sentito il bisogno istintivo di andarci. Penso abbia a che fare con una maturità raggiunta, con il bisogno di capire a che punto si è della propria vita.”Dopo il diploma presso la School of Graphic Research a Bruxelles, Lefèvre ha quindi deciso di compiere il proprio viaggio, visitando l’orfanotrofio di Yueyang. I dintorni erano molto cambiati, tra nuove strade e palazzi, e anche l’edificio era diverso. Oggi, l’istituzione accoglie anche soggetti con disabilità fisiche e mentali, tanto quanto anziani che hanno perso la propria autonomia. Il cortile dove il gruppo dal Belgio aveva parcheggiato nel 1994 non esiste nemmeno più—resta solo l’edificio dove il signor Lefèvre l’ha tenuta in braccio.
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Lefèvre non sa nulla dei propri genitori biologici. Ha vissuto solo un mese con loro prima di essere apparentemente abbandonata insieme a un pezzo di carta con la sua data di nascita. Una persona l’ha trovata nei dintorni di Wulipai e l’ha portata dalla polizia, che poi l’ha trasferita a sua volta in orfanotrofio.Lefèvre ha visitato anche la centrale di polizia dove era stata portata. Vedere con i propri occhi luoghi di cui aveva soltanto letto nei documenti le ha dato una sensazione destabilizzante. “Li ha resi reali,” dichiara. “Preservare le loro tracce attraverso la fotografia è un tentativo di riappropriazione.”
L’ultimo progetto fotografico di Lefèvre, The Land of Promises, ovvero “La terra delle promesse”, raccoglie le immagini scattate in due viaggi a Yueyang, il primo nel 2017 e il secondo nel 2019, ma non si tratta di autobiografia. Nonostante la base del progetto derivi dalla sua infanzia, Lefèvre ha scelto di limitare gli aspetti più personali per affrontare un altro tema molto importante. “In realtà, volevo capire la politica del figlio unico,” sottolinea.Ritirata nel 2015, questa legge ha avuto molte inattese conseguenze e in particolar modo ha creato uno sbilanciamento di genere nella popolazione. “A causa del patriarcato e della preferenza culturale per i maschi, le donne sono state discriminate attraverso aborti, abbandoni, infanticidi,” spiega Lefèvre. Questa carenza di donne ha anche accelerato l’invecchiamento della popolazione, diventato così problematico da richiedere, nel 2021, una politica nazionale inversa, che permettesse alle famiglie di avere fino a tre figli.
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Sgradite e rigettate per diversi decenni, ora le donne sono diventate sempre più rare e ‘ricercate’. “È difficile immaginarlo, ma ci sono moltissimi paesini abitati solo da uomini,” sostiene Lefèvre. “Sono tutti poveri. Le donne, che a questo punto hanno più scelta e possibilità, hanno lasciato queste zone per andare a vivere in città.” In alcuni casi, donne e ragazze da paesi vicini quali Cambodia, Nepal, Indonesia e Corea del Nord vengono ora rapite o vendute dalle proprie famiglie per diventare mogli in Cina.
Lefèvre dice che un giorno potrebbe andare a cercare i propri genitori biologici, armata di quella che ritiene la sua prima foto di sempre: una fotografia per il passaporto, per i bimbi in attesa di adozione. “Ho sempre visto quest’immagine tra i miei documenti, ma non ci avevo mai dato molta peso,” ammette. “Non so nemmeno quanti mesi avessi nella fotografia.”Scorri verso il basso per vedere altre foto, e vai qui per sostenere il progetto di Youqine pre-ordinando il libro.
* Youqine Lefèvre ha preferito non condividere il nome del padre per questioni di privacy.