FYI.

This story is over 5 years old.

News

Perché la legge sul negazionismo potrebbe creare più problemi di quelli che risolve

Lo scorso 8 giugno, dopo quasi un decennio dal primo tentativo, è stata approvata in Italia la legge contro il negazionismo. Ecco perché, stando a quanto sostenuto da molti storici, questa potrebbe non essere una buona notizia.
negaziosnimo

La Camera approva il testo sul contrasto ai crimini contro l'umanità e genocidio — Camera dei deputati (@Montecitorio)8 giugno 2016

Lo scorso 8 giugno, mentre tutti erano distratti nel commentare i risultati delle amministrative, è passata alla camera la legge contro il negazionismo. Nella pratica, si tratta dell'introduzione di un'aggravante alla legge Mancino rispetto ai reati di discriminazione razziale e di stampo xenofobo, che rende penalmente perseguibile chi nega l'accadimento di alcuni eventi storici: nei casi di istigazione e incitamento che si fondano sulla "negazione della Shoah, dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini contro la guerra," si rischiano, con l'introduzione del ddl, dai due ai sei anni di carcere.

Pubblicità

La legge, proposta dal PD, è stata approvata alla Camera alla sua terza presentazione e ha scaturito polemiche rimaste perlopiù in ambito politico. Mentre da una parte infatti Forza Italia l'ha definita "una norma tecnicamente orribile," il PD ha plaudito l'emendamento come "una legge che guarda al futuro," e il presidente delle comunità ebraiche in Italia, Renzo Gattegna, vi si è riferito come a "una pagina storica della sua recente vicenda parlamentare."

Se al di fuori degli ambienti politici e dei talk di approfondimento non se ne è parlato più di tanto, è probabilmente perché questa norma viene approvata a nove anni dal primo tentativo di legiferare in materia. In questo contesto, il vero elemento di rottura con il passato sembra riguardare più il fatto che non sia stata contornata dagli accesissimi dibattiti tra storici e politici che in passato ne avevano impedito l'approvazione.

anna-foa-legge-negazionismo-dibattito-body-image-1465914090

La Repubblica, 23 gennaio 2007, grab via

Nel caso serva ripeterlo, il negazionismo è quella corrente che consiste nel negare o manipolare l'avvenimento di alcuni fatti storici per fini politici. Nel caso dell'Olocausto, Caldiron—uno dei massimi studiosi italiani dell'estrema destra,—indica nei suoi primi esponenti i nazisti stessi, che cercarono di eliminare le prove dell'olocausto al fine di ripulire l'ideologia dal marchio di orrori che la caratterizzava.

La prima volta che un emendamento in materia veniva presentato in Italia era il 2007 e avveniva per mano dell'allora guardasigilli Clemente Mastella. Alla proposta seguì la forte contrapposizione degli storici e degli intellettuali: in un appello firmato da più di 200 studiosi, questi si dicevano "sinceramente preoccupati che si cerchi di affrontare e risolvere un problema culturale e sociale certamente rilevante (il negazionismo e il suo possibile diffondersi soprattutto tra i giovani) attraverso la pratica giudiziaria e la minaccia di reclusione e condanna," e argomentavano che la legge avrebbe rappresentato il rischio di suscitare effetti contrari rispetto a quelli sperati.

Pubblicità

Negli anni successivi, le voci critiche che hanno seguito quella proposta e che ne hanno impedito la presentazione in parlamento non si sono mai del tutto placate e sono tornate ancora più decise nel 2013, quando il PD ha provato nuovamente a introdurre l'aggravante di negazionismo—in un momento di forte emotività sul tema, caratterizzato dalla morte di Priebke e dal settantesimo anniversario del rastrellamento del Ghetto di Roma. Questa volta alle numerose critiche di intellettuali, storici ed esponenti della comunità ebraica che avevano invaso il dibattito pubblico, si era unita l'Unione delle Camere Penali—che aveva espresso le sue riserve rispetto alla legge in una lettera dal titolo "Al negazionismo si risponde con le armi della cultura, non con quelle del diritto penale."

Il fatto che oggi questa legge sia stata approvata sostanzialmente senza che sul tema ci fosse un confronto, non vuol dire che non susciti tra gli storici le stesse identiche perplessità, di contenuto e di forma, che suscitava allora.

negare la Shoah in Italia è reato. Grazie ai senatori Silvana Amati (PD) e Lucio Malan ((FI) promotori al senato e ad Avv Di Porto e De Vita

— Riccardo Pacifici (@riccardpacifici)8 giugno 2016

"Gli storici hanno espresso ancora una volta la loro contrarietà," mi spiega la storica Anna Foa. "Ciò che è cambiato, semmai, è che le loro critiche non sono state recepite dalla politica. In più, a differenza di quanto successo negli scorsi anni, quest'anno ha contato il fatto che diversi esponenti della comunità ebraica si siano espressi a favore dell'aggravante."

Pubblicità

"Il primo problema di questa legge riguarda la sua efficacia, che pare nulla negli altri paesi europei in cui già è in voga da molti anni," dice Foa, facendo riferimento al fatto che Il ddl arrivi in Italia a decenni dall'approvazione di leggi simili in altri ordinamenti europei, e dopo che l'Unione Europea nel 2008 è intervenuta in materia con la Posizione Quadro. "Ci sono stati molto problemi in tutta Europa: in Francia la questione degli armeni, e poi il problema dell'accusa rivolta a Bernard Lewis, per citare un esempio. Punire il negazionismo non si è dimostrato efficace, né ha contribuito in nessuna parte d'Europa a fermare antisemitismo e negazionismo."

Infatti, mi conferma la professoressa, nonostante sia molto difficile tenere il conto dei negazionisti, in Italia l'assenza di una legge in materia non si è tradotta in una maggiore diffusione del fenomeno rispetto ad altri paesi europei, né su questo sembra abbiano influito l'ondata di populismo e di antisemitismo online degli ultimi anni.

Ma al di là degli altri esempi europei, entrando nel merito della legge, sono la sua natura e i suoi contenuti a motivare le critiche di chi vi si oppone. Se il dibattito politico di questi anni è ruotato principalmente intorno a tre punti — l'imposizione della verità di Stato, il rischio di trasformare i negazionisti in difensori della libertà d'espressione, e l'unicità della Shoah— Foa punta soprattutto sulle prime due questioni: quella relativa alla ricerca storica e alla libertà di pensiero, e quella che invece riguarda gli effetti di questa legge, ovvero la pericolosità di manifestarsi dell'effetto contrario.

Pubblicità
anna-foa-legge-negazionismo-dibattito-body-image-1465967854

A sinistra il controverso libro di Faurisson, uno dei più influenti teorici del negazionismo. A destra il libro in cui alcuni revisionisti rispondono a Pressac.

Il primo tema è stato evidenziato con chiarezza dall'Unione delle Camere Penali, e consiste nel fatto che il reato di negazionismo porti, di fatto, il tribunale a sancire una verità storica e a imporla ai cittadini—un rischio che, se può sembrare percorribile nel caso del negazionismo, chiarisce Foa, potrebbe risultare molto più preoccupante se applicato ad altri campi.

"Non riesco a immaginarmi come un tribunale possa determinare la verità storica in un caso di negazionismo, come non riuscirei a vedere come potrebbe sancire la verità scientifica nel caso di un professore che vada nelle scuole a sostenere che due più due fa tre: non tocca a un tribunale ristabilire il vero. I tribunali non hanno questa funzione e diffido della verità di uno Stato imposta dall'alto," commenta Foa.

Un discorso molto simile, continua, vale anche per la ricerca storica: "Si pone il principio che in tribunale una verità di stato possa intervenire sulla verità storica, su quello che gli storici dicono. Un principio del genere può essere impiegato in tutte le situazioni e imporre casi di censura. Io non riconosco ai negazionisti la ricerca, ma dobbiamo stare attenti a considerare le altre occasioni," mi dice.

Con questi presupposti, il rischio evidenziato dagli storici sin dall'inizio e che probabilmente più ci dovrebbe far riflettere, è che il reato trasformi i negazionisti in paladini della libertà di espressione, senza che ci sia interesse nel dibattere o confrontare le loro tesi. Del resto, nella storia recente casi del genere non sono di certo mancati. Tra i più famosi quello di David Irving, lo storico e il saggista britannico detenuto in Austria per negazionismo, la cui vicenda lo ha trasformato, secondo molti, in "un'icona della libertà di parola."

Pubblicità

Per quanto riguarda quest'ultimo punto, per Foa quest'effetto indesiderato pare quasi inevitabile. "C'è un clima complottista, per cui non è impensabile prevedere cosa si dirà: 'se fanno una legge la fanno per nascondere la verità.' Io non penso mai sia una buona idea dare la qualifica di martiri a persone che arrabattano per cercare di emergere e di avere visibilità," mi dice. "Mi sembra che con questa legge stiamo dando visibilità a persone che di loro non ne avrebbero, dignità a persone che non ne hanno."

Se da una parte è molto difficile prevedere quanto questa legge sarà applicata e quali saranno gli effetti, gli storici sembrano convinti che la lotta al negazionismo possa essere portata avanti soltanto attraverso l'educazione e la ricerca.

"La soluzione è studiare, trasmettere, fare ricerca, trasformare la ritualità in studio e trasmissione, la ricerca approfondita di quello che è un secolo che abbiamo dietro. L'unico modo per evitare questa deriva complottista, negazionista e antisemita è quello di trasmettere conoscenza, valori e capacità di guardare il passato," conclude Foia.

Segui Flavia su Twitter . Thumbnail via Flickr.

Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: