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Ecco un esempio del perché le ONG nel Mediterraneo sono importanti

A chi parla di rapporti “acclarati” tra Ong e trafficanti, diciamo solo una cosa: guardate questi video, e rendetevi conto di cosa state difendendo.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Grab via Twitter/Proactiva Open Arms.

Giusto l’altro giorno, al TG1 il presidente del consiglio Giuseppe Conte celebrava un “successo di portata storica” perché circa 150 migranti—dei 450 tenuti in ostaggio dal Ministro dell’Interno la scorsa settimana—sarebbero stati “smistati” in altri paesi europei.

Oggi, a più di un mese dall’inizio della politica dei porti chiusi e dalla fine della “pacchia,” possiamo toccare con mano un altro “successo di portata storica”. Ossia: l’esito tangibile e visibile dell’affidare alla “Guardia Costiera libica” (che in realtà sono almeno tre, e come dice un ammiraglio della Guardia Costiera italiana tutte molto lontane dall’essere credibili) il soccorso e il salvataggio delle persone in mare.

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La Ong spagnola Proactiva Open Arms, tornata operativa nel Mediterraneo Centrale tra le minacce e gli sberleffi di Salvini, ha trovato i resti di un gommone a 80 miglia dalle coste della Libia.

Una donna in ipotermia, che aveva passato due giorni attaccata a una tavola di legno, è stata miracolosamente tratta in salvo dal volontario Javier Filgueira. Non ce l’hanno fatta, invece, un bambino di circa cinque anni e un’altra donna—presumibilmente la madre. “Anche lei,” riporta la giornalista di Internazionale Annalisa Camilli, che si trova a bordo, “è stata trovata morta ricurva su una tavola, la pelle delle braccia bruciata dal gasolio fuoriuscito dalle taniche del gommone su cui viaggiavano.”

Il 16 luglio il mercantile Triades era stato allertato dalla guardia costiera italiana e aveva chiamato la guarda costiera libica per intervenire in soccorso di un gommone partito da Khoms. La conversazione è stata ascoltata dai volontari della Open Arms via radio; in serata, poi, la guardia costiera libica ha fatto ripartire il mercantile perché “sarebbero intervenute le motovedette libiche” e comunicato di aver “intercettato” 158 persone.

Per Riccardo Gatti, portavoce della Ong, l’ipotesi più probabile è che i libici siano effettivamente intervenuti, “ma non riusciamo a spiegarci cosa sia successo perché abbiamo trovato i resti di un gommone affondato, due morti e solo un sopravvissuto. Non sappiamo che pensare: chi ha distrutto i gommoni in questo modo? E perché queste persone sono state lasciate morire di freddo attaccate a una tavola?”

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Oscar Camps, il fondatore di Proactiva Open Arms, non ha invece dubbi: si è trattato di una vera e propria omissione di soccorso, perpetrata da una guardia costiera legittimata, addestrata, foraggiata e messa in prima linea proprio dall’Italia. “Queste morti,” ha detto, “sono la diretta conseguenza di questa politica”.

La realtà nel Mediterraneo, insomma, è questa. Ed è una realtà che senza le Ong sarebbe nascosta e occultata.

Non a caso, uno degli obiettivi della ferocissima campagna contro le organizzazioni umanitarie è sempre stato quello di sbarazzarsi di testimoni scomodi—scriveva Emilio Druidi in un articolo dell’anno scorso—“di quanto si sta verificando in mare e, di riflesso, anche in Libia e in Africa: testimoni che specie negli ultimi mesi hanno documentato gravissimi episodi di violenza di cui si è resa protagonista la Guardia Costiera libica. Quella Guardia Costiera alla quale l’Italia e l’Europa vogliono affidare il compito di ‘gendarme del Mediterraneo’.”

A chi parla di “crocieristi”, a chi pensa che l’Italia si stia riprendendo la sua “sovranità”, e a chi blatera di rapporti “acclarati” tra Ong e trafficanti, dico solo una cosa: guardate questi video, guardate queste immagini, e rendetevi conto di chi e cosa state difendendo.

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