FYI.

This story is over 5 years old.

parigi

Cosa abbiamo imparato raccontando gli attacchi di Parigi del 2015

La redazione francese di VICE News racconta cosa ha imparato sul campo nel corso del tragico 2015 parigino.
Foto di Etienne Rouillon/VICE News

Segui VICE News Italia su Facebook per restare aggiornato

A novembre del 2014, VICE News ha lanciato il suo canale francese e ha aperto un ufficio a Parigi. Poche settimane dopo, tre uomini hanno fatto irruzione e aperto il fuoco nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo.

Da quell'attacco, agli attentati di novembre, questo è ciò che abbiamo imparato raccontando i tragici eventi che hanno caratterizzato lo scorso anno.

Pubblicità

I "testimoni uditivi" sono più affidabili di quelli oculari

Un uomo parla al telefono fuori dal Belle Équipe, a Parigi. Poco prima, degli uomini armati avevano aperto il fuoco sulla folla, uccidendo 19 persone (Foto di Etienne Rouillon/VICE News)

Mentre raccontavamo l'attacco a Charlie Hebdo, abbiamo imparato che chiedere ai testimoni di descrivere cosa hanno sentito è una risorsa più affidabile della testimonianza visiva.

Un testimone potrà anche confondersi fra la sagoma di un AK-47 e quella di un fucile da caccia. Ma è difficile che non distingua la differenza fra un'arma automatica e una pistola. "Ra-ta-ta" è molto diverso da "boom, boom."

Durante gli attacchi del 13 novembre, domandare ai passanti di ricordare ciò che avevano sentito ci ha aiutati a capire cosa stava succedendo. "Faceva tipo ra-ta-ta-ta-ta," ci ha detto una donna che era seduta a un bar proprio mentre un uomo apriva il fuoco sul ristorante di fianco, La Belle Équipe.

L'anno scorso, è stato quasi impossibile per noi stimare con precisione la durata di un attacco. "Sarà durato un po', forse 10 minuti" ci ha detto una testimone che stava parcheggiando il suo scooter a pochi metri dagli uffici di Charlie Hebdo, mentre i fratelli Kouachi si erano appena dati alla fuga.

Al contrario, non ha avuto alcun problema a descrivere ciò che aveva sentito, materiale che alla fine ci ha aiutato a mettere insieme una sommaria cronologia degli eventi.

Sui social media il panico circola velocemente

Cecchini si mettono in posizione su un tetto durante una manifestazione anti-terrorismo dell'11 gennaio scorso, a Parigi (Foto di Etienne Rouillon/VICE News)

Il 15 novembre una folla imponente si è riunita davanti la cattedrale di Notre Dame per rendere omaggio ai 130 morti degli attacchi. Mentre le campane suonavano nel buio tetro della sera, hanno cominciato a circolare notizie infondate che hanno contribuito a far salire il livello di psicosi. Alcuni dei partecipanti hanno cominciato a lasciare la piazza, occhi incollati ai loro smartphone.

Pubblicità

Il panico è deflagrato totalmente dopo che dei report hanno parlato di presunti rumori d'arma da fuoco nel distretto di Marais—il quartiere ebraico. Molto presto la notizia ha cominciato a circolare su Twitter, "contagiando" anche le strade fuori dal Le Carillon, uno dei luoghi colpiti dagli attacchi.

Secondo quanto si è appreso poco dopo, il panico sarebbe stato risvegliato dal rumore di petardi lanciati da alcuni ragazzini: un falso allarme simile aveva avuto luogo il giorno prima, durante un matrimonio nel quale erano stati usati dei fuochi d'artificio, e che ha portato molti a credere che fosse in corso una sparatoria tra polizia e sospetti.

La polizia pattuglia l'area fuori dal Bataclan, dove degli uomini armati hanno ucciso 90 persone. (Foto di Etienne Rouillon/VICE News)

Nei giorni dopo gli attacchi di gennaio e novembre, farsi largo fra le notizie non verificate è stata la chiave per un racconto in aggiornamento il più credibile, verificato e curato possibile.

A novembre, il giornale francese Le Monde ha pubblicato una guida su come accertare la credibilità di una fonte ed evitare di far circolare notizie false. Il quotidiano consigliava di tenersi alla larga da informazioni che non fossero state diramate da fonti giornalistiche affidabili e verificate, e di prendere con le molle persino le foto, che rischiano sempre di essere messe fuori contesto, photoshoppate o sottotitolate in modo capzioso.

Ovviamente, anche media affidabili possono prendere delle cantonate, specie durante la copertura delle breaking news.

Pubblicità

L'influenza degli attacchi di gennaio sul racconto di quelli di novembre

I primi soccorsi davanti alla redazione di Chalie Hebdo, il 7 gennaio 2015. (Foto di Etienne Rouillon/VICE News)

Uno dei modi per certificare l'accuratezza di una notizia è chiedersi se ti è mai successa qualcosa del genere prima d'ora. Le notizie false spesso ricordano quelle vecchie: molte delle cose circolate il 13 novembre non erano infatti che l'eco di ciò che era stato già visto e sentito a gennaio.

La polizia pattuglia l'area di Porte de la Villette, nel nord della città, l'8 gennaio 2015. (Foto di Etienne Ruoillon/VICE News)

Il 14 novembre, a poche ore dagli attacchi, è uscita la notizia secondo cui un sospetto a bordo di un'auto avrebbe sfondato un posto di blocco della polizia nella periferia occidentale di Parigi. Una notizia simile si è sentita anche a gennaio, con protagonisti i fratelli Kouachi, diretti in macchina verso il centro cittadino. Per precauzione, la polizia ha pattugliato la zona di Porte de la Villette e Porte de Pantin, due delle "porte" dalle quali si accede alla città. Entrambe le notizie si sono poi dimostrate false.

I giornalisti sono tutti nello stesso posto, a raccontare la stessa cosa

Giornalisti vicini alla scena della sparatoria he ha coinvolto i fratelli Kouachi a Dammartin-en-Goël. (Foto di Etienne Rouillon/VICE News)

Che senso ha avere decine di giornalisti in un solo posto, a raccontare la stessa cosa? A parte l'esigenza per ogni testata di mettere la firma su una breaking story, ovviamente.

A novembre, una folla di giornalisti si era riunita dietro il cordone di polizia a Saint-Denis, mentre le forze dell'ordine avevano lanciato l'operazione contro Abdelhamid Abaaoud—il presunto architetto degli attacchi. Sebbene fossero passate ore dall'ultimo colpo di pistola udito, giornalisti, reporter, soldati, forze speciali erano tutti lì, ad aspettare.

Pubblicità

Giornalisti e polizia durante il raid di Saint-Denis. (Foto di Etienne Rouillon/VICE News)

Improvvisamente, una cinquantina di giornalisti armati di camera si sono messi a inseguire un poliziotto che a sua volta stava inseguendo un individuo per strada. Sono tornati poco dopo, scornati e incazzati per il fatto di aver perso il posto che si erano conquistati in mezzo alla folla senza un valido motivo.

Pochi minuti dopo si è sentito un forte rumore, che ha agitato di nuovo tutti quanti. Molti hanno sospettato si trattasse di un nuovo raid della polizia, ma - parlando con altri giornalisti - abbiamo capito che il rumore, che sembrava essere un'esplosione, era in realtà provocato da alcuni operai che stavano lavorando in una strada poco lontano da lì. Fare cross-checking delle nostre intuizioni - e delle nostre informazioni - è stato fondamentale per garantire una copertura precisa e rigorosa.

La tendenza a credere che tutti gli episodi di violenza siano collegati al terrorismo

Cordone di polizia il 13 luglio scorso, durante una presa d'ostaggi in un centro commerciale. (Foto di Etienne Rouillon/VICE News)

Nelle settimane, nei mesi a seguire a un attacco terroristico, c'è una forte tendenza a credere che ogni situazione in cui siano coinvolti ostaggi o incidenti che richiedano un ingente sforzo da parte della polizia siano legati ad atti terroristici.

Nel 2015, una settimana dopo gli eventi che hanno portato Amedy Coulibaly a sequestrare delle persone in un supermarket kosher di Parigi, un uomo armato ha preso degli ostaggi in un ufficio postale a nord ovest della capitale. In molti hanno creduto fosse qualcosa di correlato al terrorismo, ma la polizia ha poco dopo annunciato si trattasse di un uomo con "precedenti psichiatrici." Sempre quest'anno, la psicosi è tornata alle stelle dopo che degli uomini hanno rapinato un negozio d'abbigliamento in un centro commerciale parigino.

Una delle sfide nei post-attacco è evitare di guardare a tutto con le "lenti del terrorismo" sugli occhi, per assicurare un racconto oggettivo e accurato. È solo una delle tante lezioni che abbiamo imparato nel 2015, e che continueremo a tener presente anche in questo nuovo anno.

Leggi anche: "Siamo pronti a ripartire": abbiamo visitato il primo bar di Parigi a riaprire dopo gli attacchi


Segui VICE News Italia su Twitter e su Facebook Segui Étienne Rouillon su Twitter: @rouillonetienne