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Cos'è successo quando un esponente dell'estrema destra ungherese ha scoperto di essere ebreo

Prima di scoprire che sua nonna era ebrea, Csanád Szegedi era uno degli esponenti più in vista dell'estrema destra ungherese. Adesso è un ebreo ortodosso e un documentario racconta la sua transizione.

Csanad Szegedi e il rabbino Boruch Oberlander. Tutte le foto per gentile concessione di UKIJFF

Prima di scoprire che sua nonna era ebrea, Csanád Szegedi era uno degli esponenti più in vista dell'estrema destra ungherese. Nel 2006, a soli 24 anni, era diventato vicepresidente del Jobbik, il terzo partito del paese, nazionalista e fortemente antisemita. Un anno dopo aveva contribuito alla formazione della Magyar Gárda (Guardia Ungherese), un gruppo paramilitare successivamente dichiarato fuorilegge e noto per i cortei contro i rom e le proteste contro il Congresso ebraico mondiale.

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È stato solo quando un ex galeotto con qualche motivo di risentimento nei suoi confronti si è imbattuto per caso nel certificato di nascita di sua nonna che la carriera politica di Szegedi è giunta al termine. Sua nonna, ha scoperto, era sopravvissuta ad Auschwitz, e suo nonno era stato internato in diversi campi di concentramento nazisti. Quando la notizia è diventata di dominio pubblico, a giugno del 2012, Szegedi è stato costretto alle dimissioni.

Nel nuovo documentario Keep Quiet, i registi Sam Blair e Joseph Martin raccontano quello che è successo dopo, quando Szeged ha cominciato a costruirsi una nuova identità come ebreo ortodosso. Il documentario è un ritratto affascinante di un uomo in crisi, ma è anche una storia che parla di identità, fiducia e perdono. Un fascista di lungo corso può diventare davvero un ebreo? E le comunità ebraiche dovrebbero accettarlo come uno di loro? Ne ho parlato con Sam Blair prima della proiezione del suo documentario al Jewish Film Festival di Londra.

VICE: Ciao Sam. Come avete scoperto la storia di Csanád e come siete arrivati a fare questo documentario?
Sam Blair: Alex, il nostro producer, era in Ungheria per lavorare a un documentario sull'ascesa dell'antisemitismo. Mentre stava facendo ricerca è scoppiato il caso di Csanád. È una storia potente che consentiva di guardare al problema dell'antisemitismo e l'ascesa dell'estrema destra in Ungheria dal punto di vista di un uomo tormentato, protagonista di un grosso e inatteso cambio di rotta.

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**Hai iniziato a lavorare al film poco dopo che la vicenda è diventata di domino pubblico. Perché credi che *Csanád* abbia voluto partecipare in un momento così difficile della sua vita?**
Quando è scoppiato lo scandalo, Csanád è stato messo così in ridicolo che per certi versi non aveva più niente da nascondere. E poi è una persona a cui piace essere al centro dell'attenzione. Stare di fronte a una telecamera lo rende felice, vuole che gli altri lo stiano ad ascoltare e gli piace sentire le loro opinioni, anche se sono negative. Penso anche che volesse avere la possibilità di raccontare la sua versione dei fatti.

Com'è stato accolto dalla comunità ebraica ortodossa, quando ha deciso di entrare a farne parte?
Ci sono state reazioni molto diverse. Come si vede nel documentario, alcuni l'hanno accettato. Ma molte persone, la maggioranza, si sono sentite offese dalla sua decisione; non volevano avere niente a che fare con lui. Una delle scene più belle è quella in cui Csanád va a visitare Auschwitz in compagnia di un sopravvissuto all'Olocausto.

Nel documentario è chiaro che Csanád fa fatica a venire a patti con il suo vecchio credo di estrema destra e—in quanto negazionista—la sua precedente opinione sull'Olocausto. Si può dire che il film parla di un uomo che attraversa una fase di transizione e di conflitto interiore?
Penso che il film mostri Csanád mentre attraversa una sorta di zona grigia in cui conserva ancora i resti del sistema di credenze a cui ha aderito per tutta la vita. Non è una transizione facile, e fa strano in certi momenti vederlo dire cose che sembrano uscire dalla bocca del vecchio Csanád. Ti viene da chiederti se le sue intenzioni siano sincere e se ci creda sul serio. Ma penso che mostri anche che un cambiamento del genere non può avvenire da un giorno all'altro.

Una delle cose che rendono così incredibile il cambiamento di Csanád è che sembra più preoccupato di appropriarsi rapidamente della sua nuova identità di ebreo ortodosso che non di affrontare seriamente il suo passato.
Penso che la personalità e l'ego di Csanád siano così sviluppati che lui ha bisogno di un'identità forte. Certo, la storia in cui credeva e su cui basava la sua identità si è rivelata falsa, ma penso sia il tipo di persona che ha bisogno degli estremi. Avrebbe potuto dare un'impostazione molto più moderata alla sua identità di ebreo, ma ha scelto di non farlo. E tende a portarla come una medaglia. È questo che lo rende un personaggio interessante e problematico. Ma dal mio punto di vista di regista lo rende anche affascinante, perché crea conflitto.

Verso la fine del documentario gli viene chiesto se continuerà a essere un ebreo ortodosso e lui fa spallucce e dice, "Non lo so." È un finale strano e ambivalente che non sembra troppo in linea con il resto del film. Me lo spieghi?
Penso che fare l'opposto, ossia un documentario che alla fine desse una risposta definitiva alle domande sollevate dall'esperienza di Csanád, sarebbe stato sbagliato. Sta attraversando una fase di cambiamento. È importante accettare che una persona può essere insieme una cosa e il suo opposto. Csanád come personaggio è un po' un rompicapo. Per questo il finale è ambivalente, e penso che dovesse essere necessariamente così.

Pensi che Csanád sia cambiato nel corso del documentario?
Quando abbiamo finito il film ho visto Csanád comportarsi in modo molto umile, e credo che questo sia un segno di cambiamento. Prima era un uomo incredibilmente sicuro di sé, era un animale da palcoscenico e aveva una grande fiducia in quello che era e in ciò in cui credeva. Poi ha preso tutte queste cose e le ha messe in discussione.

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