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Attualità

Tutti stanno facendo soldi con Instagram tranne te

Questa settimana Instagram ha compiuto 5 anni, e per festeggiare ha superato la quota di 400 milioni di utenti. Ma come ha fatto un sito a cui solo fino a pochi anni fa lavoravano sette persone a trasformarsi in una macchina da soldi?

Quando nel 2012 ho letto che Mark Zuckerberg aveva staccato un assegno da un miliardo per comprare un'azienda composta da sette persone chiamata Instagram, ho pensato subito al fatto che Jeff Bezos di Amazon poco tempo prima si era assicurato la totalità del Washington Post per un quarto di quella cifra. E il Washington Post è quel giornale, una specie di monumento alla storia del giornalismo.

Quello stesso monumento, negli ultimi tempo, ha deciso di mollare un po' la presa su sito e edizione cartacea, e dare la precedenza alla pubblicazione dei propri articoli su Facebook—che è la stessa media company che ha poi comprato Instagram. Che è quella piattaforma che nel 2012 aveva 7 dipendenti, e a fine 2015 valeva già 35 volte tanto.

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Proprio questa settimana Instagram ha compiuto 5 anni, festeggiandosi con il superamento di quota 400 milioni di utenti. Con tassi di crescita come quelli attuali—quasi 100 milioni di utenti all'anno dal lancio—e le rosee previsioni sui bilanci da qui al 2017, sembra chiaro come non possa più essere considerato solo come quel social sul quale solitamente guardo cosa pubblicano i miei ex compagni del liceo, Sulley Muntari e Paola Perego. Ad oggi, infatti, è più simile a una macchina da soldi sulla quale circolano ogni giorno migliaia di dollari nelle forme più disparate.

Secondo Moffett Nathanson, una società esperta in ricerche su nuovi media e telecomunicazioni, le entrate commerciali di Instagram dovrebbero superare agevolmente i 600 milioni entro i prossimi 12 mesi, e una cifra tra i due miliardi e i 3,7 entro i prossimi 2 o 3 anni. D'altro canto basta aprire l'app per accorgersi di quanto le cose di recente siano leggermente cambiate.

Qualsiasi utente si sarà infatti accorto dell'ingombrante arrivo delle inserzioni pubblicitarie all'interno del feed: nient'altro che foto come quelle degli altri iscritti, che sono però segnalate come inserzioni sponsorizzate e promuovono prodotti o servizi. In pratica è come seguire l'account Instagram di un marchio di camicie che non avresti mai seguito, ma del quale adesso conosci l'esistenza. Benché per un iscritto non cambi effettivamente nulla, l'evoluzione a livello commerciale è abbastanza seria e rilevante.

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Sempre secondo Moffett Nathanson, infatti, ad oggi ogni pubblicità su Instagram potrebbe generare un'entrata di pari a una cifra compresa tra i 3 e i 6 dollari per ogni utente che clicca sull'inserzione: una prospettiva che lancia la società nella competizione sul terreno pubblicitario online, per assaltare a quel cielo di big company finora dominato da aziende come Google e Twitter.

Stando a eMarketer, Instagram potrebbe infatti sorpassare le due aziende in termini di entrate da pubblicità su mobile per il 2017, tanto da cominciare a insidiare—stando a un report di Olapic e L2—persino le posizioni conquistate da Facebook, per il quale da qui al 2017 dovrebbe rappresentare da solo il 10 percento delle entrate globali da pubblicità online.

Già alcuni inserzionisti, infatti, starebbero addirittura cominciando a preferire Instagram a Facebook per i loro investimenti, cosa che non farebbe altro che rafforzare l'egemonia commerciale della società di Palo Alto—che di Instagram è proprietaria. Ma che, comunque, resta significativa.

Ma com'è possibile? Perché un social network talmente semplice—foto, video, gente che beve dalle cannucce—dovrebbe riuscire dove gli altri si sono fermati rovinosamente?

Profilo di un concessionario di auto di lusso. Immagine via Instagram

Secondo molti analisti ed esperti di comunicazione, ad avvantaggiare Instagram rispetto alla concorrenza nel settore commerciale sarebbero alcune sue caratteristiche quasi esclusive, che lo connotano come applicazione ideale per gli inserzionisti pubblicitari: innanzitutto, Instagram esiste praticamente solo su mobile, che è indubitabilmente—secondo ormai numerose ricerche—il futuro della navigazione, della lettura, e dello shopping in rete.

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In secondo luogo, peculiarità di Instagram sarebbe il modo in cui i contenuti vengono pubblicati su di esso e spiccano all'interno del telefono del potenziale utente: video e foto sono sempre i soli protagonisti dei post, si inscrivono in una cornice estetica coerente, e soprattutto compaiono sempre a schermo intero - proprio come piace ai pubblicitari.

Eppure, secondo Stephanie Trunzo dell'agenzia di digital marketing PointSource, l'elemento esclusivo di Instagram rispetto alla concorrenza sarebbe un altro: il concetto di "intimità" garantito dal social network, dal suo formato, dal come le cose su di esso vengono consultate e commentate, e dal fatto che sembrano autentiche, effettivamente riproducibili. Che è una cosa che ai brand piace ancora di più.

Non a caso, insieme alle inserzioni pubblicitarie, Instagram ha di recente introdotto anche un bottone "call to action", che permette di comprare direttamente il prodotto pubblicizzato semplicemente cliccandolo. Secondo Kimberly Morrison su AdWeek, l'introduzione del pulsante avrebbe ufficialmente lanciato Instagram come vero e proprio canale di e-commerce, perfetto per chi vende—che riesce a tener traccia di chi compra online—e per gli utenti—che riducono i tempi di acquisto in un paio di click. Di questo passo, spiega Morrison "Instagram è in pole position per diventare il futuro del mobile e social commerce."

Ma laddove le aziende non sono—ancora—arrivate con decisione, gli utenti privati hanno già imparato a regolare autonomamente il mercato, facendo di Instagram una piattaforma per comprare e vendere oggetti, comprare e vendere spazi, offrire la propria immagine o acquistare feedback fasulli.

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In qualche modo, è come se da semplice spazio pensato per la pubblicazione di foto, Instagram abbia aperto un intero mercato che da una parte funziona coi meccanismi del marketing digitale advertising classico appena analizzati, e dall'altro vive di compravendite tra privati che dal mezzo cercano di ricavare il meglio possibile.

Cercare di fare soldi su Instagram in rete è una specie di ossessione, che agita sulle tastiere le mani di centinaia di dispensatori di tutorial che spiegano come si possa guadagnare qualcosa postando foto, o semplicemente creando un account—sappiate però che probabilmente non riuscirete mai ad arrivare al livello di chi si stia facendo pagare un dollaro a like per il solo fatto di essersi registrato col nome "@NewYorkCity" prima della stessa città di New York.

Per esempio, si può fare del proprio profilo una vetrina virtuale mettendo in offerta i propri prodotti, ben esposti nelle foto—BuzzFeed ha redatto una guida su come ottimizzare il processo di compravendita. Grazie ad hashtag come #sale o #forsale, o siti come Hashbag o Penny—che aiutano nella ricerca dei prodotti, nella promozione e nella gestione dei pagamenti—si può guadagnare qualche euro attraverso la vendita di qualsiasi tipo di prodotto, che si una felpa con cappuccio o uno stock di armi da fuoco provenienti dal Texas.

Immagine via Instagram

Se alla fine vendere la vostra maschera fatta di topi non apparirà così facile come immaginavate, si può pensare di utilizzare il social per ciò che è stato concepito: pubblicare belle foto. A quel punto sarà possibile utilizzare servizi come Instaprint e Twenty20, per esempio, per vendere i propri scatti in varie forme: stampandole, incorniciandole e inviandole agli acquirenti privati, o mettendole a disposizione di brand commerciali.

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È a questo punto, però, dovrete fare una scelta cosciente, e ponderare bene il potenziale passaggio al lato oscuro del fare soldi su Instagram: ossia il vendere—in qualche modo—il proprio profilo. La pratica è appannaggio da anni di fashion blogger e modelle, che hanno imparato a dosare i propri scatti e i relativi outfit—con marchi ben in vista—fino a portare alcuni utenti come Gabrielle Epstein a guadagnare "più con un selfie che lavorando 4 giorni."

"Affittare" parte dei propri post a delle aziende, ospitando i loro prodotti o i loro loghi, può in qualche modo essere alla portata di tutti, a cifre comprensibilmente più basse: il termine tecnico è "brand ambassador," e per diventarlo su siti come questi o come SnapFluence—vi verranno offerti prodotti in cambio di post informalmente sponsorizzati da voi. A meno che non vi vogliano pagare in like e follower, come accade su Popular Pays. Alimentando un moto vorticoso di cani che continuano a mordersi la coda.

Quello dei "mi piace" e dei follower finti è un altro dei mercati che vive carsico all'interno del grande mercato di Instagram, e si alimenta di alcune delle peculiarità tipiche dei social che Instagra, in particolare, riesce a solleticare—in quanto piattaforma fatta di foto e contatori: l'ossessione per le apparenze e per i numeri.

Non è difficile imbattersi in servizi e agenzie che offrono follower chiavi in mano, "mi piace" in offerta lampo e cluster di commenti e "cuori". La pratica ormai è diventata talmente comune e invasiva che nel dicembre del 2014 Instagram decise di dare una ripulita generale ai propri iscritti, con una purga di 18 milioni falsi account che fece anche vittime importanti.

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Nell'agosto di quest'anno, Motherboard ha intervistato chi si occupa proprio di questo come lavoro, e n'è venuto fuori che potrebbe essere contemporaneamente la persona più bella e più brutta del mondo. Secondo una stima del New York Times, "i follower falsi su Twitter offrivano un potenziale per un business tra i 40 milioni e i 360 milioni di dollari," con l'aggiunta verosimile di altri 200 milioni di dollari da Facebook nel 2014.

E Instagram non fa eccezione: sempre secondo il Times, comprare un milione di follower potrebbe costare la modica cifra di 3.700 dollari. Il mercato, comunque, resta fluttuante, e fra concorrenza e innovazioni tecnologiche probabilmente questa quotazione—così come fosse una specie di borsino azionario—sarà destinata a mutare, adeguandosi alle leggi di domanda e offerta.

La morale della storia, alla fine, è che esiste uno degli stradoni social delle nostre città dell'Internet che tra pubblicità, spacci di vario tipo e mercati del feedback, si sta letteralmente gentrificando. E che, come per ogni nuova bolla edilizia che nasce dal nulla in un quartiere a caso, porta con sé un indotto di attività commerciali più o meno lecite dal quale tutti cercano di guadagnare qualcosa—fino a che il mercato non si saturerà, e la gente si sposterà in un nuovo quartiere. A quel punto andremo tutti a pubblicare i nostri Powerpoint su Slideshare.

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Questo post fa parte di Macro, la nostra serie su economia, lavoro e finanza personale in collaborazione con Hello bank!