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Sport

Affinità-divergenze fra la trattativa sul closing del Milan e noi

È un momento strano per essere tifosi del Milan.
milan

Perché seguiamo il calcio noi che lo facciamo? Ci sono molte risposte. La prima e più ovvia è che si tratta di uno spettacolo avvincente in cui 22 persone rincorrono un pallone di cuoio incitati da un telecronista russo—o da un egomaniaco in fase "guru", ma solo se sei ricco.

La seconda è perché siamo abituati: lo faceva papà, lo fanno quasi tutti nostri amici, e forse non riusciremmo a immaginare una vita senza l'assillo dei tabellini o le ore passate a cercare video con le skill dei calciatori accostati da Di Marzio alla propria squadra.

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Terza, è un argomento di conversazione sempre buono nei tempi morti o con le persone in compagnia delle quali non sapresti di cosa parlare—a meno che nei paraggi non ci sia qualcuno che lo detesta: cosa che lo rende un frutto ancora più proibito, e liberatorio il momento in cui puoi finalmente parlare del rigore su Dybala contro il Napoli senza che la cosa sollevi un unanime "Che pallee calcioo."

Le persone che seguono il calcio lo fanno per ragioni diverse, ma sono tutte accomunate dal fatto che potrebbero parlare del nulla per ore pur partendo da un sostrato socialmente accettato: quel nulla di cui si sta parlando è composto da cose effettivamente successe.

Perisic ha davvero alzato il pallone per darla a Handanovic di testa. Pirlo una volta l'ha davvero servita a Baggio prima di un suo gol, anche se ci sembrano giocatori di due ere completamente diverse. I confronti "Chi vincerebbe una partita tra 11 Di Biagio e 11 Bergkamp?" hanno senso, anche se sembrano privi di ogni logica: si parte da dati che esistono realmente, e che sono oggetto del contendere nei vari gruppi WhatsApp sul calcio del pianeta.*

Si parla del nulla, insomma, ma partendo da un fenomeno empirico. Sempre, anche quando non sembra possibile, anche quando si arriva a toccare i massimi sistemi. Tranne che per il closing del Milan.

Negli ultimi mesi la definizione "Closing del Milan" è diventata una specie di etichetta universale, un hashtag dell'anima, all'interno della quale si può racchiudere tutto quello che si vuole: l'insofferenza per Berlusconi o la sua celebrazione, la fiducia nei media o nella Repubblica Popolare Cinese, la fantomatica spesa di fantomatiche centinaia di milioni per risollevare una squadra in depressione da un lustro.

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Ma soprattutto, è il tema del dibattito che da mesi sta avvelenando le conversazioni calcistiche d'Italia—specie se lo affronti da milanista—imperlato da alcuni punti fermi sotto forma di domande ineludibili: "Ma chi sono questi cinesi?", "Ma tu ci credi davvero?", "E allora perché hanno firmato un preliminare e pagato un anticipo?", "Scusa ma cos'è una due diligence?", "Ma di cosa stiamo parlando?"

Di cosa stiamo parlando? Di questo: il Milan è una delle più importanti squadre d'Europa, ed è proprietà di Silvio Berlusconi da 31 anni. Da un paio, però, si favoleggia della sua cessione, prima a un imprenditore thailandese che posa sui divani nelle foto e ha un nome piuttosto gradevole (Bee Taechaebol), poi a un gruppo di ignoti investitori cinesi che pareva facessero capo—in qualche modo—al governo di Pechino. Il problema è che nessuna delle due cose è mai veramente avvenuta, almeno fino ad ora, malgrado la stampa mondiale abbia già usato almeno 36 volte il titolo "L'ultima partita di Silvio Berlusconi da presidente del Milan - GUARDA LA GALLERY."

Sul tema, la cordata che dovrebbe comprare il 99,93 percento del Milan per diverse centinaia milioni è Il Vero argomento di discussione: non si sa bene da chi sia composto, non si sa bene perché debbano comprare una squadra italiana con un rosso da decine di milioni, si è detto fossero emissari del governo ma che dal governo stesso non avrebbero ricevuto l'autorizzazione per esportate il capitale necessario, e che avrebbero già pagato due caparre—e probabilmente si apprestano a farlo di nuovo—da 100 milioni l'una.

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Insomma: questi non avrebbero un volto, ma hanno già programmato almeno tre o quattro "giornate X" per fissare l'acquisto definitivo della società. Tutte ovviamente slittate altrettante volte, di un mese o due o tre. Estenuantemente, ripetutamente, sempre, ogni volta che "ci siamo quasi." E sta succedendo di nuovo in queste ore.

Arrivati ad oggi, che è il giorno dopo l'ultimo slittamento e tre prima della data indicata per la chiusura della trattativa, è molto difficile capire cosa stia succedendo davvero, tanto che uno dei giornalisti che ha seguito più da vicino la faccenda in modo anche piuttosto possibilista—Pasquale Campopiano, ex redattore del Corriere dello Sport—ha pubblicato un paio di video di sfogo per dire che ormai non ci capisce nulla neppure lui e che non ne può praticamente più.

In questo contesto, il complottismo sull'affare sta cominciando a decollare altissimo, alimentato dall'aurea di proverbiale creatività che avvolge la figura di Silvio Berlusconi. La tesi che circola di più, fra tifosi e hater, è che il Presidente stia facendo in qualche modo 'rientrare' dei capitali attraverso una 'finta' trattativa a rate—cosa che avrebbe del geniale, genuinamente—ma che non so, ecco, sarebbe troppo strano coinvolgere mezzo pianeta per una presunta operazione riciclaggio in piena sovraesposizione mediatica, mentre l'altra sua creatura (Mediaset) è sotto attacco di capitali stranieri.

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Personalmente non so cosa pensare. Quello che so da più di 24 ore però—cioè da quando la prima indiscrezione sull'ultimo probabile slittamento è stata pubblicata da Dagospia—è questo: che compulso continuamente la mia lista Twitter sul calcio (piena di milanisti ormai in pieno esaurimento nervoso) alla ricerca di novità; che mantengo sempre un paio di tab aperte sui siti specializzati (e per specializzati intendo testate che vanno da Calcio&Finanza a PianetaMilan.it); e che questa vicenda sembra assomigliare in modo sempre più preoccupante alla mia vita, e forse anche alla vostra.

Per cinque motivi.

Si arriva sempre vicini alle cose ma poi slitta sempre tutto di N settimane

Per molto tempo sono stato convinto del fatto che esistessero vari tipi di sensazioni che irritavano soltanto me, con sfumature che andavano dal fastidio generico al non poter più sopportare quest'esistenza misera e senza senso. Poi a un certo punto è arrivato internet nelle nostre vite: ho capito che cose come queste facevano uscire di testa anche altre persone oltre me, e che quindi in fin dei conti sono normale—sebbene non abbia ancora trovato nessuno che condivida con me l'odio per quella sensazione di bagnato e freddo che ti prende dopo la doccia, specie se non trovi l'accappatoio o è già bagnato.

L'espressione massima di questo tipo di percezioni (livello: "perché il mondo non finisce e basta") è però il non arrivare alla fine di qualcosa che sembrava essere già quasi raggiunto, o peggio ancora procrastinarne la riuscita. Se ho aperto la porta e ho salutato tutti, non torno indietro—neanche se ho lasciato il portafogli in casa, neanche se ho dimenticato di cancellare la cronologia di Chrome.

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Non so dire se sia successo tante volte nella mia vita, o se quelle poche sembrino più di quelle che sono a causa dell'odio profondo che provo nel veder slittare le cose. Ma so che questa perenne attesa, da milanista, mi sta addestrando per la vita e rendendo una persona migliore :)

Alla fine i soldi non ci sono

Da qualche parte nel mio inconscio è stato sicuramente eretto un simulacro in ricordo delle cose che ho sempre desiderato e che erano potenzialmente raggiungibili, ma che non sono mai state mie per vari motivi—non quelle irraggiungibili: quelle quasi a portata di mano.

In ordine cronologico: gelati che sicuramente non ho provato, La fabbrica dei mostri, mini-moto Peg Perego, scarpe BullBoys, maglia del centenario del Milan, Sega Mega Drive, Nokia 3310, Moto RAZR, PS2, MBK Booster, giacca Woolrich, monovolume per la città, iPhone4, una stanza singola, la libertà :)

Certe cose non muoiono mai

Come le prime cotte, come i pregiudizi, come quello che provi per la tua terra e per le tue radici, come Silvio Berlusconi.

È sempre tutto nelle mani di chi in realtà non hai mai visto

Qualche anno fa, dopo la laurea, ho fatto un colloquio per una società berlinese che poi sono diventati due fino a essere chiamato una terza volta—per la prova finale, ove capire se mi sarei potuto spostare a breve in città (risposta, ovviamente sì). Da quel momento la mia unica occupazione giornaliera è stata darmi da fare per trovare delle stanze economiche, facendomi una cultura abbastanza precisa sui pregi e i difetti dei vari quartieri e sui posti non frequentati da italiani.

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Ovviamente il terzo colloquio è andato male. Almeno stando a quello che mi era stato risposto per mail: qualcuno aveva deciso—legittimamente—che non facevo al caso loro, e che—altrettanto legittimamente—mi sarei fatto ancora qualche mese di disoccupazione e di invio di application letter.

Sono ancora convinto che quella persona abbia dato vita a una serie di eventi fortunati e non, per via dei quali adesso mi trovo a scrivere questo articolo, siamo a marzo e ho un po' di caldo. Senza averla mai vista in volto ha condizionato giorni di discussioni, decisioni sostanziali, svolte impreviste nella vita del me fresco di laurea. E lo ha fatto copiando e incollando una cordiale mail di diniego da un ufficio di Prenzlauer Berg.

Ci affidiamo quotidianamente a persone che neanche conosciamo, che ci facciano il pane o ci passino davanti a un incrocio. Ma nessuna rischia di far fallire la tua squadra, o i tuoi sogni. Yonghong Li o chiunque tu sia, sei come un capo del dipartimento risorse umane di una ditta tedesca. Danke schön.

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Una conversazione tra l'autore e un amico.

Continuerai a illuderti del fatto che il futuro non possa che portare cose buone anche quando tutti gli indizi indicano palesemente il contrario

La vicenda del closing del Milan è stata affrontata dai media con sfumature che vanno dalla rigorosa analisi finanziaria agli articoli livello Byoblu.com.

In questi mesi l'atteggiamento dei tifosi del Milan è stato quanto meno variegato, muovendosi su più direttrici: fidarsi ciecamente, analizzare i vari livelli di lettura, fare un uso maniacale di Google Translate per capire cose scriveva il China Daily sulla faccenda, ridere di chi credeva a 'queste fesserie', usare un certo scetticismo mantenendo comunque aperto un piccolissimo varco per la speranza.

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A suo modo questa non-notizia (o 'non-ancora-notizia') è stata poi corroborata dai maggiori quotidiani italiani: non solo da articoli rivelatisi poi quanto meno incompleti, ma anche a causa delle prime ipotesi di rilancio della rosa che hanno cominciato a far circolare, con l'impiego—in realtà mai confermato—di fondi faraonici per rilanciare la squadra in Europa.

Così nel corso di questi mesi si è passati all'infastidire squadre di seconda fascia per strappare talenti discutibili a parametro zero europei, al citare pezzi da novanta come Fabregas, Aubameyang e Alexis Sanchez: io stesso ho chat piene di formazioni potenziali in cui saprei esattamente come spendere tutti quei soldi—anche per il calciomercato del Milan.

In questi mesi, che fossimo stati scettici o meno, abbiamo fatto crescere in noi un'impalcatura leggera e colorata, che di slittamento in slittamento perdeva pezzi, poi risaliva, poi crollava di nuovo, poi vedeva tornare uno dei collaboratori dell'imprenditore thailandese per twittare dal nulla cose contro questi cinesi proprio ieri che la trattativa rischiava di morire, facendoti pensare che dio solo sa cosa c'è davvero dietro questa faccenda ma la segui, non sa dove ti porterà, non puoi ignorarla, fino alla prossima giornata nera, o "giornata x".

Mi ricorda così tante cose che mi limiterò a immalinconirmi.

*Comunque vincerebbero gli 11 Di Biagio.

Thumbnail via Flickr.