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analisi

Davvero dobbiamo abituarci a convivere col terrore e coi militari nelle strade?

Ossia: cosa succede se l'eccezione diventa la norma, la polizia si militarizza sempre più e gli stati europei diventano delle 'democrazie militari'?
Foto di YOAN VALAT/EPA

L'eccezione che diventa la norma. L'esercito che abbandona le caserme ed entra nei commissariati. La polizia che—ancora una volta—assume le prerogative di un'organizzazione militare. I militari che nelle strade non sono più una rarità, da qualche mese.

Durante il discorso tenuto all'alba degli attacchi di Parigi davanti al Parlamento, l'ex presidente francese François Hollande ha esortato il primo ministro a "non perdere nemmeno un minuto" per ampliare lo stato di emergenza e i poteri delle forze dell'ordine. Un regime straordinario che implica la mobilitazione dei militari per la salvaguardia della sicurezza interna.

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"In caso di una guerra, molte competenze vengono trasferite dalle forze civili a quelle militari," aveva dichiarato Hollande, annunciando modifiche alla costituzione con l'obiettivo di ritirare la cittadinanza alle persone condannate per terrorismo. "La Francia è in guerra."

Non è la prima volta che Parigi si appella all'esercito per affrontare problemi interni. Nel 2005 l'allora primo ministro Dominique Villepin mobilitò 1.500 riservisti e proclamò il coprifuoco nei confronti di tutte le persone maggiori di 15 anni, dopo l'esplosione di violenza nelle banlieue francesi.

La legge che permette l'implementazione di misure straordinarie in stato di emergenza risale al 1955 e fu già parzialmente modificata a marzo del 2015, dopo l'attentato nella redazione di Charlie Hebdo.

Due anni prima delle violente proteste delle banlieue, nel 2003, la NATO pubblicò un report intitolato Urban Operations in the Year 2020, in cui ipotizzava lo svolgimento di operazioni militari anti-terrorismo in città come Raqqa o Gaza, ma anche in località francesi comeLe Havre, Rouen, Evreux o Diepp.

"A un certo punto il livello della violenza potrebbe alzarsi: non più solamente persone armate di kalashnikov o esplosivi, ma anche fazioni o gruppi che si contendono il territori senza governi negli stati europei, un po' come accade in Nord Africa o in Medio Oriente," ha spiegato a VICE News Félix Arteaga, ricercatore spagnolo di politiche di sicurezza e difesa, conflitti armati e affari strategici presso il think-tank Real Instituto Elcano.

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"È uno scenario ipotetico, però gli studi sulla guerra stanno già ispezionando questa possibilità—ovvero la possibilità che le forze armate, in appoggio a quelle di sicurezza interna, in cui abbiano a che fare con uno scenario di emergenza tale che debbano usare strategie e tecniche tipiche dei militari," aggiunge Arteaga.

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"O ci dotiamo di forze dell'ordine con un maggior livello di intensità, come i carabinieri o la gendarmeria, o dotiamo le forze di polizia di mezzi di maggior potenza per affrontare queste cose. Oppure chiediamo all'esercito di intervenire. È una questione che ogni paese decide come gestire ed è collegata alla sua cultura strategica", puntualizza l'investigatore.

Oggi le politiche securitarie prendono il nome di "homeland security", prevedono l'intervento in questioni globali che pongono una minaccia interna. Quanto successo a Parigi ne è un esempio chiaro, e da ciò deriva l'importanza della NATO, i cui membri intensificano ogni anno la cooperazione. La collaborazione in materia di cybersicurezza è una delle facce di questa tendenza.

"La polizia sta assumendo, sempre più, dotazioni proprie dei militari. Si stanno militarizzando i metodi della polizia, anche per ciò che riguarda le uniformi e le armi che utilizzano, e con un modus operandi sempre più simile a quello dell'esercito," ha spiegato a VICE News Jordi Calvo, del Centro Delàs di Studio per la Pace, sulla creazione di un corpo di polizia dell'esercito e la crescente militarizzazione della polizia.

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"Ciò interferisce con la percezione del cittadino come una persona soggetta al diritto; si parla di 'nemici', qualcosa che è già presente per quanto riguarda la polizia in assetto antisommossa."

L'investigatore del Real Istituto Elcano ricorda che la Spagna fece ricorso a risorse militari alle isole Canarie nel 2006, per aiutare la polizia a contenere la crisi migratoria dei cosiddetti "Cayucos." Anche la crescita costante del numero di morti nel mediterraneo della scorsa primavera ha portato all'utilizzo di forze militari.

"La questione migratoria è passata dall'essere una questione degli Interni a una del ministero della Difesa," spiegava il direttore dell'Istituto di Diritti Umani dell'Università di Valencia Javier de Lucas, dal tavolo del Consiglio di Sicurezza che stava discutendo di un intervento militare in Libia per fermare l'afflusso di migranti.

"Oggi una parte degli eserciti, con minacce e armamenti molto diversi, non ha più senso—e genera costi crescenti," spiega a VICE News Jordi Calvo de Delas, analizzando i motivi che secondo lui potrebbero portare le democrazie europee ad ampliare la loro presenza nella vita pubblica.

"Molto probabilmente le leggi di sicurezza sono pensate per dare una risposta al trasferimento di queste strutture, perché assumano funzioni di sicurezza interna. Ma oggi è molto difficile scontrarsi con minacce che coinvolgano risposte prettamente militari, nel senso tradizionale. Monitoraggio, trattamento dei dati… Sono questioni che da sempre sono pertinenza della polizia,"

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"È incoerente non riconoscere che le minacce militari richiedono una risposta militare tradizionale, significa accettare che per rispondere non è necessario un esercito. Questa sarà la tendenza. L'esercito è una lobby in sé, ed esercita una certa influenza sulle scelte del presidente," ha concluso Calvo.

"Ora si metteranno attorno a un tavolo il ministro della Difesa, degli Esteri, degli Interni e probabilmente le principali cariche dell'esercito spagnolo. Queste analisi li obbligano a legittimare la sua funzione, il suo ruolo e il suo potere."

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