FYI.

This story is over 5 years old.

Italia

Il caso delle due agenti carcerarie di Brescia che avrebbero fatto sesso con i detenuti

La procura ha aperto un'inchiesta su due guardie carcerarie che avrebbero avuto rapporti sessuali con alcuni detenuti della struttura nella quale prestavano servizio.
[Foto di Danielle Pereira/flickr]

La procura di Brescia ha aperto un'inchiesta su due guardie carcerarie donne che avrebbero avuto rapporti sessuali con alcuni detenuti della struttura nella quale prestavano servizio — a Verziano, alle porte della città lombarda.

Il Giornale di Brescia, che per primo ha riportato la notizia, parla di "casi emersi nella primavera scorsa." Non sono disponibili al momento molti dettagli sulla vicenda, dato che gli investigatori stanno mantenendo il massimo riserbo.

Pubblicità

Si sa solamente che le due donne avrebbero avuto incontri sessuali con i detenuti nei momenti di semilibertà all'interno della struttura, violando così le regole che regolano i rapporti tra guardie carcerarie e reclusi. Al momento, una delle due agenti è in malattia; l'altra, invece, ha chiesto e ottenuto il trasferimento alla casa circondariale di Bollate.

È piuttosto raro che casi simili vengano accertati o escano dalle mura delle carceri. Quattro anni fa, a Vincenza, un detenuto 30enne aveva accusato una psicologa 52enne di averlo molestato e costretto a fare sesso con lei. Una relazione intima tra i due ci sarebbe in effetti stata, come è stato dimostrato durante le indagini.

Nel gennaio del 2015 tuttavia il Tribunale di Vicenza ha archiviato il caso, dichiarando insufficienti le prove a carico dell'educatrice. Le indagini, infatti, non sono riuscite a dimostrare con certezza l'avvenuta violenza sessuale.

Nel 2013 invece una detenuta aveva iniziato una gravidanza nel carcere di Pontedecimo, a Genova, senza essere uscita dalla struttura e senza essere mai rimasta sola con il marito durante un colloquio — facendo ricadere i sospetti sulle guardie carcerarie, o su altri impiegati nella struttura.

Altra vicenda è quella di Don Alberto Barin, il prete arrestato il 20 novembre 2012 per violenze sessuali su 12 detenuti, condannato in appello a 5 anni e 4 mesi di carcere, per essere poi quasi assolto nel maggio di quest'anno.

Pubblicità

Marin, che al momento del fermo prestava servizio da 15 anni come cappellano presso il carcere di San Vittore a Milano, era stato accusato di offrire piccoli favori ai reclusi (sigarette, spazzolini da denti) in cambio di "prestazioni sessuali" e "atti sessuali repentini," come si legge nelle carte del processo.

Leggi anche: I detenuti transgender continuano a subire violenze nelle carceri di tutto il mondo

Nel maggio del 2016 la Corte di Cassazione ha tuttavia annullato la condanna sostenendo che "il fatto non sussiste," e cancellando in un'unica sentenza 8 casi di violenze sessuali. Sulla fedina del prete restano quindi solamente "due baci e due toccamenti," che valgono al prete la scarcerazione, avendo già scontato una reclusione di durata sicuramente maggiore.

Il tema delle vite affettive e sessuali dei detenuti, e di come i contatti fisici siano regolati all'interno delle prigioni, è stato trattato di recente anche da una proposta di legge ora in discussione al Senato.

La proposta prevede l'istituzione di 'love rooms' nelle carceri: spazi appartati, isolati, e non sorvegliati, volti a permettere il contatto fisico e la privacy tra carcerati e familiari. Se la nuova legge entrasse in vigore ai detenuti sarebbe permesso ricevere una visita al mese, della durata minima di sei ore e massima di 24.

"La proposta riguarda l'affettività familiare, non c'entra solo il sesso in carcere," aveva precisato ai tempi a VICE News Alessandro Zan, primo firmatario della proposta. "Vogliamo creare delle zone riservate dove i figli possono stare più tranquilli con il genitore detenuto, per vivere un'atmosfera famigliare normale come avviene in una normale famiglia. Se un detenuto ha una colpa, questa non deve ricadere sui figli, sulle mogli o i mariti che non c'entrano niente."

Leggi anche: Le "sezioni gay" nelle carceri italiane esistono davvero — e per una ragione precisa


Segui VICE News Italia_ su Twitter, su Telegram e _su Facebook

Foto in apertura di Danielle Pereira via Flickr in Creative Commons