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Da dove provengono le armi dello Stato Islamico?

Da 25 paesi diversi — Italia inclusa.
Foto di Maurizio Gambarini/EPA

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Lo Stato Islamico (IS) ha utilizzato armi provenienti da oltre 25 paesi diversi - tra cui gli Stati Uniti - per compiere i crimini atroci in Iraq e in Siria. A rivelarlo è un nuovo studio, pubblicato da Amnesty International.

Amnesty International ha fatto appello al governo di Baghdad, oltre che agli stati esportatori di armi, affinché "istituiscano dei controlli più rigidi" per quanto riguarda il trasferimento e il dispiegamento di equipaggiamento militare.

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Una delle più imponenti confische di armi si è verificata nel giugno 2014, quando IS prese il controllo di Mosul, la seconda città più grande dell'Iraq. Quando i soldati iracheni fuggirono dalla città, infatti, si lasciarono alle spalle "un tesoro di armi internazionali," ivi compresi armamenti e veicoli militari fabbricati negli Stati Uniti.

Amnesty ha calcolato che gran parte delle armi convenzionali - pistole, armi piccole, mitragliatrici, pezzi di artiglieria, mortai e missili anticarro - impiegate da IS sono vecchie di almeno vent'anni. Alcune addirittura risalgono agli anni '70 e '80, ai tempi della disastrosa guerra tra Iraq e Iran.

"Quello fu un momento fondamentale nello sviluppo del mercato delle armi," ha scritto Amnesty. "Non meno di 34 paesi diversi fornirono armi all'Iraq - 28 di loro, allo stesso tempo, consegnavano armi anche all'Iran."

Tra questi paesi c'era, secondo il rapporto, anche l'Italia. La corruzione sistemica e l'anarchia che regnavano all'indomani dell'invasione del paese da parte degli Stati Uniti, nel 2003, spinsero poi le armi nelle mani dei numerosi gruppi comparsi per combattere le forze americane.

Tra le nazioni che rifornivano sia l'Iraq che, in modo meno trasparente, l'Iran, c'era secondo il rapporto anche l'Italia.

"Dal 2003, l'Italia ha partecipato alla cosiddetta 'guerra al terrore' nel cui contesto al dipartimento della Difesa Usa fu concessa ulteriore libertà di trasferire armi all'Iraq," si legge nella sintesi del report. "Ciò esentava il Pentagono dal doversi conformare a qualsiasi disposizione di legge, incluse quelle relative ai diritti umani. In quegli anni, mentre finivano in circolazione le scorte eccedenti delle forze armate irachene sconfitte e poi congedate, la coalizione guidata dagli Usa firmò contratti per almeno un milione di dollari in ulteriori armi leggere e milioni di munizioni, provenienti anche dall'Italia."

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Sebbene l'ONU avesse imposto un embargo in seguito all'invasione irachena del Kuwait nel 1990, il governo di Baghdad iniziò a importare armi dopo la sconfitta di Saddam Hussein. Buona parte di quel materiale non venne messo in sicurezza, e alcuni pezzi sparirono nel nulla.

Nel decennio successivo, le armi hanno continuato a circolare, spesso sotto forma di spedizioni americane destinate al debole governo di Baghdad. Gli Stati Uniti hanno venduto miliardi di dollari di carri armati, mezzi aerei e unità missilistiche all'Iraq. Dall'anno dell'invasione al 2014, il paese ha ricevuto dagli Stati Uniti armi piccole e munizioni per un valore superiore a 500 milioni di dollari.

I ricercatori di Amnesty hanno scritto che, tra il 2003 e il 2007, gli Stati Uniti e gli altri membri della coalizione inviarono più di un milione di "armi di fanteria e pistole con milioni di proiettili all'esercito iracheno." "Centinaia di migliaia di quelle armi andarono perse e non sono più state rintracciate."

"Tutto questo ha portato l'Iraq e le zone circostanti a essere inondate di armi," ha detto Sunjeev Bery, advocacy director di Amnesty per il Medio Oriente e il Nord Africa. "Possiamo affermare con sicurezza che una parte consistente delle armi [controllate da IS] vengono da prima dell'invasione americana, ma un'altra significativa parte deriva dalla vendita di armi dagli Stati Uniti all'Iraq."

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In aggiunta alla sola quantità di armi arrivate in Iraq dopo l'invasione americana, Amnesty ha anche condannato la decisione della coalizione di sciogliere l'esercito iracheno, composto l tempo da 400.000 soldati, con la conseguenza che "decine di migliaia di persone tornarono a casa o si nascosero con le proprie armi."

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In collaborazione con il gruppo di monitoraggio delle armi Conflict Armament Research, i ricercatori di Amnesty hanno condotto interviste e analizzato migliaia di video e immagini che mostravano le armi di IS, oltre ad aver utilizzato altre risorse open source.

Secondo quanto riportato dalla relazione, i combattenti di IS sono equipaggiati con diversi tipi di fucili, principalmente Kalashnikovs, ma anche pistole cinesi, tedesche, e belghe, oltre agli M16 in uso all'esercito americano. Possiedono fucili da cecchino austriaci e russi, in aggiunta a mitragliatrici russe, cinesi e belghe. Gli armamenti più avanzati del gruppo includono missili anticarro di fabbricazione russa, cinese ed europea, oltre a missili terra-aria cinesi.

"La quantità e la gamma delle scorte di armi e munizioni a disposizione di IS rispecchiano decenni di commerci scellerati di armi verso l'Iraq, oltre alle numerose falle amministrative dell'occupazione guidata dagli Stati Uniti e alla corruzione endemica del paese," si legge nel report.

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Bery ha detto che nella situazione attuale, in cui membri della coalizione anti-IS stanno modificano le proprie leggi nazionali per combattere il gruppo, c'è il timore che il ciclo di esportazione di armi verso l'Iraq possa aumentare negli anni a venire, e per di più con una scarsa supervisione. Già quest'anno, in Siria, miliziani vicini ad al Qaeda hanno sequestrato le scorte delle forze addestrate dagli americani che dovrebbero combattere IS.

"Ci sarà un rischio che si ripeta lo stesso scenario che ha permesso allo Stato Islamico di mettere le mani su tutte le armi che detiene," ha detto Bery. "C'è il rischio che questo circolo vizioso non venga mai interrotto."

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