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Asia

Abbiamo parlato con lo chef sfuggito alla mattanza nel ristorante di Dacca

Diego Rossini, chef locale attaccato dai jihadisti in Bangladesh, si è salvato per miracolo. Ad alcuni giorni di distanza, ha accettato di parlare con VICE News e raccontare quanto successo.
Diego Rossini all'Holey Artisan Bakery O-Kitchen di Dacca.

Per lo chef argentino Diego Rossini, che lavora nel ristorante di Dacca in cui lo scorso 2 luglio un attentato terroristico ha causato la morte di anche nove italiani, aprire un'attività nella capitale bengalese è stata "un'avventura" senza precedenti. Un'avventura che però, come racconta oggi a VICE News, gli è "costata molto più del previsto."

Pochi giorni fa l'Holey Artisan Bakery O-Kitchen, in cui Rossini prepara piatti ispirati alla cucina mediterranea, si è infatti trasformato nello scenario di una mattanza: almeno 22 persone sono state assassinate in un attentato rivendicato dallo Stato Islamico (IS) ed eseguito materialmente da Jamaat-ul-Muyahideen Bangladesh, un'organizzazione che avrebbe giurato fedeltà all'autoproclamato califfato.

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Rossini è sfuggito alla morte per un pelo: dopo essersi trovato faccia a faccia con uno dei terroristi, che stava puntando un fucile contro di lui, racconta di essere scappato sul tetto dell'edificio. Il cuoco spiega di avere seguito un "protocollo di sicurezza," ideato in seguito all'assassinio di un cooperante italiano nel settembre dello scorso anno.

Il ristorante si trova nel quartiere diplomatico di Dacca, dove i consolati esteri garantiscono una presenza supplementare di polizia. Questo, però, non si succedeva nel ristorante in cui Rossini lavorava—nonostante fosse frequentato da responsabili di industrie tessili, diplomatici e manager.

Rossini ci risponde al telefono esausto, la voce rotta dalla levataccia mattutina, per raccontarci come ha vissuto l'episodio. "Tieni conto che dall'incidente a oggi ho dormito solo quattro ore, ieri notte. Sono praticamente morto sul letto," spiega a VICE News.

VICE NEWS: Come stai, Diego?
Diego Rossini: Ho dolori ovunque, sono preoccupato, stressato… che posso dirti. Stanco! Ho voglia di tornare a casa e vedere la mia famiglia.

Hai raccontato che, durante la fuga, hai preso un forte colpo alla spalla. Hai già visto un medico? Ti sei ferito gravemente?
Devo andare in ospedale affinché mi visitino e mi diano un calmante. Fino a questo momento, non ho ancora avuto assistenza medica. Ho preso alcune medicine: sento dolore e sto andando fuori di testa. Si tratta soltanto di una botta, ma devo fare un controllo medico. Non mi sento al cento per cento.

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Hai mai pensato che l'attacco sarebbe potuto avvenire? Già nel 2013, gli USA e la Spagna sconsigliavano di vivere in Bangladesh.
Si tratta di un paese dove non ci sono mai stati attacchi gravi. Quest'ultimo è il più sanguinoso da anni. I musulmani che vivono qui sono molto moderati, e la polizia lotta con durezza contro il terrorismo. È solo una percentuale ridicola di musulmani, sui 160 milioni totali, ad avere voglia di uccidere. Noi occidentali ci sentivamo al sicuro perché viviamo nel quartiere diplomatico, dove c'è polizia in ogni angolo. Il problema è che i poliziotti proteggono le ambasciate, ma non il ristorante, in cui non ci sono controlli.

Qualcosa è andato storto, secondo te?
Credo ci sia stata una cattiva gestione nella sicurezza dell'area: non se lo aspettavano. Al punto da indurre qualcuno a ritenerla un'ottima occasione per attaccare.

Il capo della polizia bengalese ha detto ai media che alcuni dei terroristi erano di ceto sociale alto.
Sì, è allucinante. Gente diplomata, laureata. Un mio conoscente italiano mi ha raccontato che uno di loro parlava inglese con accento impeccabile, e che sembrava avesse studiato all'estero. È difficile capire per noi come mai queste persone sacrifichino la propria vita pur di uccidere uomini innocenti, la cui unica colpa è quella di essere usciti a bere una birra.

Credi che l'obiettivo dell'attentato fossero gli stranieri?
Alla maggior parte dei bengalesi hanno risparmiato la vita: erano musulmani, così li hanno chiusi in una stanza e hanno negoziato con loro. Agli altri invece non hanno lasciato scampo. Un giovane musulmano bengalese è stato ucciso all'ingresso del ristorante, dove si fanno le pizze. Era lì, ha supplicato per la sua vita, ma non si è salvato. È tutto strano. È chiaro che puntavano a uccidere noi, gli stranieri. Per raggiungere lo scopo, tuttavia, hanno ammazzato anche musulmani bengalesi moderati o persone che si trovavano nel locale per caso.

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I terroristi hanno agito in modo professionale?
Non ho notato dettagli particolari. Un italiano che è riuscito a vedere qualcosa mi ha detto che sono arrivati con un borsone pieno di armi e lo hanno posizionato in una zona centrale del ristorante. Così è cominciato l'attacco. Io mi sono nascosto e ho sentito il rumore di molte detonazioni diverse, dalle esplosioni alle armi automatiche. Poi, quando la polizia ha tentato di entrare per la prima volta, hanno risposto con una potenza di fuoco incredibile, dimostrando una certa organizzazione.

Leggi anche: Cosa sappiamo finora sull'attentato di Dacca

Hai raccontato ad altri media che avevi ideato una specie di piano d'azione contro eventualità di questo tipo…
Sì, ho creato questo protocollo dopo quello che è successo l'anno scorso [l'assassinio di un cooperante italiano]. Eravamo spaventati. Il locale è molto esposto e frequentato da gente importante: tutti i consoli delle ambasciate vengono a mangiare qui. Il ristorante doveva avere sistemi di sicurezza come quelli delle ambasciate, è questa la verità. Era il tallone d'achille dell'area: un luogo che richiama gente importante e che non ha il livello di protezione necessario.

E non ce ne siamo accorti, non l'abbiamo capito, perché ci troviamo nel quartiere diplomatico e girare armati non è facile. Ci sono controlli di sicurezza, puoi incrociare poliziotti. Tuttavia, con il ramadan, le vacanze, sono potuti passare senza problemi. Il quartiere è semi-chiuso: hanno superato i primi controlli da cui le persone entrano ed escono e poi, una volta dentro, non li hanno più fermati.

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Credi che il modo in cui erano vestiti abbia contribuito a non destare sospetti?
Evidentemente un uomo vestito d'alta classe può girare con un borsone pieno di armi per il quartiere senza che a nessuno venga in mente di importunarlo.

Tra i clienti c'erano anche ambasciatori. Ciò ha reso il ristorante un obiettivo dei terroristi?
Sì, lo ha reso più appetibile [come obiettivo], però ci venivano anche imprenditori, gente del settore tessile, costruttori… molti italiani. Conoscevo una signora molto simpatica, che ci portava degli omaggi ogni volta che veniva. È stata 22 anni in Bangladesh senza mai avere problemi. E niente, l'hanno uccisa. Hanno ucciso tutti…

Dev'essere stata un'esperienza durissima… Non tornerai in Bangladesh?
No, no. Ora mi trovo in Spagna, però sto andando in Argentina. Ma rientrerò in Spagna. Ho qualche offerta a Barcellona, dovrei iniziare a lavorare a dicembre. Il Bangladesh è stato un'avventura, per fare un po' di soldi, ci sono andato con le spese pagate e un ottimo stipendio. Però mi è costato più del previsto. Non credo che ripeterò un'esperienza di questo tipo.


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