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Attualità

Abbiamo incontrato gli attivisti digitali che si sono mobilitati per il terremoto in Italia

C'è chi si è recato sul posto a ripristinare la connettività internet, e chi ha fondato una community di notizie verificate sul sisma.
Un intervento su un'antenna in uno dei campi di emergenza. [Foto via augiero.it]

Antenne paraboliche leggere, router wi-fi e 3g, pannelli solari portatili per ricariche, telefoni satellitari, sistemi di tracciamento GPS.

A pochi giorni dal devastante sisma che ha colpito il centro Italia lo scorso 24 agosto - con un bilancio di 296 vittime e migliaia di sfollati - cibo, coperte, medicinali non sono gli unici 'beni' di prima necessità utili per affrontare l'emergenza.

La connettività è fondamentale in momenti dopo i disastri ambientali, e l'accesso alla rete può significare per qualcuno la possibilità di chiedere aiuto, farsi localizzare, far sapere a tutti di essere vivo.

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Lo sa bene Giuseppe Augiero, esperto di network design e sicurezza informatica, che si è recato nell'epicentro del sisma come volontario con un compito particolare: ripristinare l'accesso alla rete per la popolazione terremotata.

Dal 28 agosto Augiero è ad Amatrice, la cittadina più colpita dal terremoto, insieme all'amico sviluppatore Luca Deri. A Deri l'idea di prepararsi e partire è arrivata quando Disaster Tech Lab, organizzazione non governativa irlandese specializzata in gestione di disastri, gli ha proposto di recarsi come volontario per ripristinare la connettività nei luoghi del sisma.

Leggi anche: Perché è importante togliere la password del WiFi di casa dopo un terremoto

Una foto da una tappa del viaggio che ha portato Augiero ad Amatrice. [Foto via augiero.it]

I danni che può provocare un terremoto alle infrastrutture sono essenzialmente di due tipi: i vani contenenti le antenne cellulari possono spostarsi, danneggiarsi o rompersi definitivamente; oppure, i cavi che portano la linea adsl o la fibra vengano tranciati dal crollo di una casa.

Gran parte del materiale trasportato ad Amatrice, come le quattro antenne satellitari già installate in loco, sono state fornite dalla società. Ma molti altri device sono invece stati forniti direttamente da Giuseppe e Luca. "Alcuni apparati non funzionavano o non sono arrivati: noi siamo partiti già con del nostro materiale che avevamo comprato e che abbiamo lasciato lì perché ce n'era la necessità," spiega Augiero a VICE News.

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Altri materiali infine sono stati ordinati sul posto, affrontando disagi logistici non comuni. "Al corriere di trasporto dovevamo spiegare al telefono 'guarda che Amatrice non esiste più, quindi mettiti al km 129 della via che porta al paese: ci troviamo lì'."

Quando i due sono arrivati, Tim e Wind avevano già provveduto a riportare ad Amatrice il segnale dei cellulari, sia voce sia dati. In molti però avevano segnalato ai due informatici che c'erano alcuni campi di accoglienza - anche tra quelli più grossi - che non disponevano di connessione; e se ce l'avevano, si trattava di una rete utilizzabile soltanto dagli addetti ai lavori, e non dagli sfollati.

Se l'installazione di parabole in condizioni normali è un'attività piuttosto semplice, in un luogo terremotato tutto cambia. Non avendo idea di che cosa avrebbero trovato, la scelta degli apparati che si sono portati con loro era stata improvvisata e, ovviamente, non copriva tutto il fabbisogno dei campi sfollati.

Dopo un sopralluogo i due hanno comunque deciso di collocare tre parabole satellitari ad Amatrice e una a Cittareale, una delle cittadine limitrofe all'epicentro, le cui infrastrutture sono rimaste danneggiate.

Una parabola montata da Richard, tecnico inglese giunto ad Amatrice. [Foto via augiero.it]

Augiero racconta che durante la sua esperienza ad Amatrice si è reso conto di quanto sia importante poter comunicare in situazioni di emergenza: i cittadini colpiti possono rassicurare i propri parenti, così come può farlo chi si è recato sul posto per dare una mano.

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La rete è servita anche a lui e Luca anche per organizzare il lavoro: "Avendo internet potevamo consultare informazioni importanti e approfondire alcune configurazioni tecniche, oltre a condividere con l'Irlanda le posizioni gps delle varie antenne," racconta.

In Foto: Tra le macerie di Amatrice dopo il terremoto, tra soccorsi e sopravvissuti

Augiero e Deri possono considerarsi 'attivisti digitali', comuni cittadini desiderosi di mettere in campo le proprie conoscenze tecniche - e di sfruttare le potenzialità del web - per dare una mano all'indomani di un disastro naturale o di una situazione di crisi.

Alcune delle apparecchiature utilizzata da Augiero e Deri. [Foto via augiero.it]

L'esperienza di terremotocentroitalia.info

Un'esperienza diversa, ma mossa dallo stesso spirito e alimentata dalla stessa spinta tecnologica, è quella di Matteo Tempestini e Matteo Fortini.

Tempestini è un attivista digitale, o come si definisce lui stesso un civic hacker. La mattina del 24 agosto, dopo aver sentito del terremoto, assieme a Fortini ha pensato di fondare un gruppo Facebook per mettere assieme le informazioni che sarebbero girate nei social nei giorni a seguire: un progetto a metà tra giornalismo e attivismo con una forte componente di debunking.

A metà giornata il gruppo aveva 500 iscritti, il giorno dopo un migliaio: i due si sono resi conto che avevano bisogno di un portale che facesse da curatore e aggregatore 'verificato' di tutti i contenuti utili prodotti sul terremoto.

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Così è nato terremotocentroitalia.info: attualmente vi collaborano 50-60 persone, suddivise per ruoli. Ci sono gli sviluppatori, chi monitora i canali social per registrare eventuali segnalazioni e ci sono persone sul campo—tra cui l'associazione Action Aid, che fornisce un contributo fondamentale nel registrare informazioni utili.

Una schermata del sito web di Terremotocentroitalia.

Ma la parte più importante è stata svolta all'inizio da un gruppo di civic hacker, un network riunito da Matteo, che ha sviluppato il sito in 48 ore.

L'esigenza di un portale che riunisca notizie la cui veridicità è stata precedentemente controllata nasce dal caos che si genera sempre quando succedono eventi di questa portata, spiega Tempestini a VICE News.

Le verifiche "avvengono tutte in modo molto smart, esattamente come si fa su Facebook o Twitter quando si commenta una notizia o si fa un commento a un post," racconta Tempestini. In molti casi questo avviene tramite i social network: quando arriva una segnalazione si cerca di capire chi è la persona che la sta inviando, eventualmente la si contatta direttamente.

Non si sa fino a quando il sito sarà attivo; dipende anche da quante persone continueranno a contribuirvi nel corso del tempo. Ma i suoi fondatori già pensano a una funzione per il futuro: quella di archivio storico, uno strumento utile nella ricostruzione dei fatti quando l'emergenza sarà lontana.

La rete dei civic hacker italiani è attiva ma non gode di attenzioni sufficienti. "Tutto questo non sarebbe stato possibile se io personalmente non avessi avuto una rete di persone che come me sperimentano strumenti della tecnologia anche per gestire questo tipo di situazioni" spiega Matteo. All'estero è molto diverso, mentre in Italia ci sono le persone ma manca ancora un po' la possibilità di dare risalto a quello che si fa.


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