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Tecnologia

​FOIA: luci e ombre del Freedom of Information Act all’italiana

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 20 gennaio la bozza di decreto sull’accesso ai dati e ai documenti delle pubbliche amministrazioni. Un testo molto lontano da quello immaginato dai fautori del Foia4Italy.

Avete mai sentito parlare di FOIA? No? Non è strano, perché non si sente pronunciare molto il termine in giro, nemmeno nei bar o in qualche spezzone del telegiornale. Eppure la questione è di primaria importanza.

L'Italia "vanta" la penultima posizione nella speciale classifica europea che individua i paesi con il peggior livello di corruzione percepita. Questo vuol dire che gli italiani sono convinti, in gran parte, che nella vita socio-politico-economica interna ci sia qualcosa che non va, in quanto a correttezza di procedure e comportamenti della pubblica amministrazione.

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A dirlo è il Transparency International Report che ha rilasciato l'analisi (riferita al 2015) nella quale precediamo solo la Bulgaria, maglia nera della percezione della corruzione nel settore pubblico e politico. E non è tutto: anche il Right to Information ce l'ha con il nostro paese, visto che ci pone al 97esimo posto (su 103) in quanto a facilità di accesso a dati e informazioni di cui i cittadini dovrebbero essere a conoscenza.

Insomma, abbiamo un serio problema di trasparenza e gli esperti, da qualche anno ormai, ci stanno dicendo che forse gli italiani sono un tantino succubi di quella piaga sociale che si chiama burocrazia, spesso unico appiglio a cui la politica si aggrappa per nascondere le proprie malefatte.

Lo sanno bene i fautori di FOIA4Italy, un gruppo composto da esperti di vari settori—soprattutto giuridico—che da tempo chiede al governo italiano l'istituzione di una normativa FOIA, Freedom of Information Act, che regolarizzi e gestisca le procedure di accesso, da parte dei cittadini, a dati e informazioni pubbliche. Il manifesto è chiaro: "La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha riconosciuto l'accesso alle informazioni detenute dai governi come diritto: oggi più di 90 Paesi democratici hanno un FOIA. In Italia, nonostante diverse leggi sulla trasparenza, manca ancora uno strumento comparabile. La legge 241 del 1990 sul procedimento amministrativo è considerata tra le più restrittive d'Europa".

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"Il Decreto Legislativo 33 del 2013 non ha ridotto i limiti entro i quali un cittadino può chiedere informazioni alla pubblica amministrazione e, a poco più di un anno dalla sua adozione, sono ancora più evidenti i limiti di un provvedimento che non prevede sanzioni per le amministrazioni non trasparenti. FOIA4Italy non si accontenta di quanto fatto finora e chiede di più perché la linea di confine tra cittadinanza e sudditanza è ancora molto sottile".

Per capire quanto sia grave la lacuna legislativa nostrana, basti pensare che non lontano da noi, in Svezia e Finlandia, c'è chi adotta una normativa molto vicina alla comprensione odierna del FOIA dal 1766, garantendo a tutti pari accesso alle notizie che riguardano la pubblica amministrazione. Del resto l'opinione pubblica non chiede molto, solo che tutti possano sapere a che punto sono i piani per gli asili nido pubblici; dove sono gli investimenti promessi per contrastare la violenza domestica; qual è la situazione sanitaria delle singole regioni; quanti sono gli esodati e a quanto ammontano i finanziamenti, gli incarichi e i conflitti di interesse di chi ricopre cariche pubbliche.

Un sapere che non dovrebbe nemmeno essere messo in discussione ma che in Italia è oggetto di verifiche e normative che stentano a concretizzarsi. Eppure il governo Renzi ci sta provando. Il 21 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato un testo sulla trasparenza della pubblica amministrazione, annunciando grossi cambiamenti e virate verso un contesto informativo più ampio, che assorba le innovazioni tecnologiche, cioè il digitale, per consentire a chi lo desideri di richiedere l'accesso formale a una dataset di notizie.

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Il decreto crea una tipologia di "accesso civico" che permette a chiunque di ottenere i documenti, ma solo se non ricorrono una serie di numerose eccezioni.

La rivoluzione è racchiusa in 42 articoli, confluiti poi nella Legge delega del Parlamento sulla Riforma della Pubblica Amministrazione. A seguito della presentazione del 21 gennaio, il testo passerà a Camera e Senato per poi tornare al Consiglio per il via libera definitivo che, secondo quanto previsto dalla legge delega, non dovrà andare oltre il 28 febbraio.

Tutti felici e contenti dunque? Per nulla. Il primo inghippo è arrivato già a monte, quando il governo non ha specificato i punti salienti toccati dalla riforma della PA. Per avere una bozza abbiamo dovuto attendere una spifferata del Il Fatto Quotidiano che l'ha resa disponibile qui.

Alla sua lettura gli attivisti del FOIA hanno cominciato ad avere dei mancamenti, e noi con loro. La delusione si concentra principalmente su un punto, quello che dovrebbe consentire l'accesso dei cittadini ai documenti pubblici. Il decreto, di fatto, crea una tipologia di "accesso civico" che permette a chiunque di ottenere dati e documenti ma solo se non ricorrono una serie di numerose eccezioni, che concedono alle pubbliche amministrazioni un potere discrezionale non da poco.

Il cittadino può ottenere le informazioni a patto che non vi sia il pericolo di mettere in discussione la sicurezza pubblica, la sicurezza nazionale, le relazioni internazionali, la difesa, le relazioni internazionali, la politica e la stabilità finanziaria ed economica, la conduzione di indagini, lo svolgimento di attività ispettive, la protezione dei dati personali, la libertà e la segretezza della corrispondenza, gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica.

Sarà lo stesso personale della PA a decidere se questi criteri non vengono violati e a concedere le informazioni, previo pagamento di una non ben identificata cifra (dovuta per le procedure di riproduzione).

Ma se così non fosse, nessun giudice, secondo quanto stabilito dalla bozza di decreto, potrà mai contrastare la decisione del pubblico ufficiale di negare l'accesso ai dati, vista l'assenza dell'obbligo di motivare la posizione. A quel punto si potrà solo ricorrere al tribunale regionale (TAR), mettersi nelle mani di un avvocato e compiere le stesse procedure che valgono ancora oggi per cercare di ottenere qualcosa che agli italiani spetta di diritto.

C'è dunque una soluzione? L'unica, secondo il FOIA4Italy, è quella di chiedere alla politica di rivedere il testo: "Al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, chiediamo di modificare il decreto per far sì che gli italiani possano beneficiare della trasparenza che si meritano e di cui hanno bisogno per partecipare attivamente alla vita della democrazia. Se vogliamo che Governo e Parlamento adottino un vero FOIA abbiamo bisogno che i cittadini rivendichino il diritto ad una pubblica amministrazione davvero trasparente".