FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

Su Sarri che chiama "frocio" Mancini e gli italiani che lo difendono

Ieri sera, durante Inter-Napoli di Coppa Italia, Roberto Mancini ha detto di essere stato chiamato "frocio" dal tecnico del Napoli e che "persone come lui non possono stare nel calcio." Ma la cosa su cui riflettere sono le reazioni alla polemica.

In questi giorni, anche per la "favola" dell'Alessandria che ha esaltato i meno interessati al tema, quando si parla di calcio si parla essenzialmente di Coppa Italia. Nelle ultime ore però l'attenzione è passata dal calcio giocato a ciò che è successo nel quarto di finale tra Napoli e Inter, con lo scontro verbale tra i due allenatori Maurizio Sarri e Roberto Mancini.

Intervistato dopo la vittoria, Mancini ha infatti portato l'attenzione sulle parole usate da Sarri nei suoi confronti quando la partita era ancora in corso: "Sarri è un razzista e uomini come lui non possono stare nel calcio. […] Io mi sono alzato per chiedere al quarto uomo come mai cinque minuti di recupero. E lui ha iniziato a inveire contro di me urlando 'frocio' e 'finocchio'—io sono orgoglioso di esserlo se lui è un uomo." L'allenatore del Napoli, da parte sua, ha minimizzato, definendo l'accaduto "una cosa da campo", e dicendo di "essersi scusato subito negli spogliatoi," ma "di aspettarsi a sua volta delle scuse" poiché l'accaduto era stato messo in piazza anziché essere risolto con una stretta di mano da veri uomini.

Pubblicità

Ovviamente, come capita sempre in casi del genere, i commenti si sono divisi in due fazioni: pro-Sarri e pro-Mancini. Se i sostenitori di quest'ultimo hanno attaccato l'allenatore del Napoli per aver usato come insulto, nel 2016, la parola "frocio", la schiera più numerosa, o sicuramente la più rumorosa, è stata la prima.

Sono stati infatti in molti a descrivere le partite come una specie di Fight Club in cui "tutto ciò che succede in campo rimane in campo," mentre altri, portando come esempio le loro partite di calcetto o terza categoria—e paragonandole a una partita che, solo dal vivo, ha coinvolto 35mila spettatori— hanno insistito sulla linea del "se non hai mai giocato a calcio non sai che si dice molto di peggio." Altri ancora hanno poi rilevato la mancanza di reazioni per insulti di altro tipo (come i cori "lavali col fuoco" diretti al Napoli), e una parte consistente ha accusato Mancini di essere uno "spione", portando tutta la discussione a un livello che definire infantile non sarebbe completamente errato.

Vorreste aver un figlio che sbaglia e chiede scusa o uno che fa la spia per ottenere vantaggi dall'errore altrui? — Perdenti (@Perdenti)20 Gennaio 2016

Per carità: dietro la denuncia di Mancini, più che la volontà di sensibilizzare sul tema della lotta contro l'omofobia—che, tra l'altro, l'allenatore chiama per tutto il tempo razzismo—ci sarà anche un pensiero da stratega per creare tensione in tutto l'ambiente del Napoli primo in classifica, tanto che oggi diversi giornali, tra cui La Stampa, hanno parlato di "Favola Sarri finita." Ma fare leva sul "denunciare chi denuncia" trasformandola in una questione di omertà non ha niente di buono, e non è nemmeno la prima volta che accade nel calcio italiano.

Pubblicità

Solo pochi giorni fa, per esempio, hanno fatto discutere alcune dichiarazioni dell'allenatore del Genoa Gianpiero Gasperini, che ha fatto i nomi di alcuni tifosi "potenti"—nomi che tutti sapevano ma che nessuno avrebbe fatto ad alta voce. Ecco: l'aver citato i vari Leopizzi e Cobra ha fatto di Gasperini un eroe contro l'omertà per quella strana tendenza a santificare chi è nel giusto anziché condannare chi non lo è.

Sarri ha sbagliato gravemente. Ma,lo dico da ex bordocampista, se tutti facessero come — enrico varriale (@realvarriale)19 Gennaio 2016

D'altronde, non è nemmeno la prima volta che Maurizio Sarri usa il termine "frocio" e/o "finocchio"—cosa che la dice lunga sulle abilità comunicative di chi rappresenta il calcio italiano e parla di "quattro lesbiche che danno calci ad un pallone" o "banane" in relazione a presunti "Optì Pobà". In generale, il calcio italiano non ha mai affrontato a viso aperto il tema dell'omosessualità, e quando ha provato a farlo è sempre finita in caciara, come la risposta di Cassano quando, durante gli Europei, gli era stato chiesto cosa avrebbe fatto se avesse scoperto di avere un compagno omosessuale in squadra.

Nonostante, appunto, per "consenso popolare" la parola "frocio" smette ogni panno "omofobo" e viene svuotata di ogni significato—e anzi secondo chi critica Mancini la colpa sarebbe anche un po' sua, perché anche lui sarebbe omofobo se ritiene "finocchio" un insulto—Maurizio Sarri potrebbe dover stare lontano dai campi per quattro mesi. Anche per questo c'è chi parla di "fine della favola Sarri."

Pubblicità

La "favola" era iniziata—e in parte aveva coinvolto il sottoscritto—quest'estate, con Maurizio Sarri allenatore sui generis: comunista, ex impiegato di banca, era partito da zero facendo molta gavetta, bestemmiava e sedeva in panchina in tuta anziché in giacca e cravatta. In pratica, era uno di noi. Era uno "vero."

Se però la logica porterebbe a pensare alla necessaria fine di un mito—visto che, senza troppe dietrologie, è chiaro che il maggior responsabile è l'allenatore del Napoli—c'è anche chi mitizza l'uscita di Sarri. E il vero problema, in un certo senso, sta qui.

La radice di questo comportamento è più o meno la stessa di un'altra "favola" che va molto quest'anno: quella del Leicester di Claudio Ranieri e del suo bomber Jamie Vardy, ex operaio in fabbrica ora stella del campionato inglese, che nell'immaginario comune diventa un uomo "vero" e "puro" contrapposto al degenero del mondo calcistico, di cui potrebbe essere il salvatore.

Con il tempo, dunque, si è arrivati a un'omofobia latente che va ben al di là del "frocio" urlato a bordocampo, che parte dall'accomunare i calciatori a bambini viziati, poi a prime donne e infine a "checche" in un climax ascendente. Una cultura che vorrebbe "i vecchi difensori di una volta che non levano mai la gamba" perché il calcio non è danza classica, gli interventi duri, veri uomini che perdono sangue dal naso o che si rompono un braccio ma continuano a giocare. In pratica, si è come perso il senso dell'estetica contrapposto alla vittoria a ogni costo. L'Inter di quest'anno ne è l'esempio perfetto, e da tifoso non riesco a godere di questa spocchia ingiustificata e di questo calcio brutto che comunque (quasi ogni domenica) porta alla mia squadra tre punti.

Le prossime ore saranno sicuramente decisive per capire quanto davvero quel "frocio" potrà influire sulla carriera di un allenatore finora osannato per le sue doti calcistiche. Per il momento l'impressione è la solita: che sarà tutto un grande polverone che si risolverà in un nulla di fatto.

Segui Tommaso su Twitter