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Prepariamoci a pagare bollette più care a causa del cambiamento climatico

Un nuovo studio quantifica l'impatto della siccità e del riscaldamento globale possa - e debba - cambiare le strategie energetiche del pianeta, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Foto di Patrick Pleul/EPA

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Da qui al 2050, il cambiamento climatico potrebbe mettere a rischio migliaia di centrali elettriche, causando interruzioni di corrente e costringendo i paesi coinvolti a trovare fonti alternative di energia. Questo, almeno, è quanto prevede uno studio pubblicato lunedì sulla rivista Nature Climate Change.

I ricercatori hanno analizzato il possibile impatto del surriscaldamento globale su 24.515 centrali idroelettriche e 1.427 centrali termoelettriche in tutto il mondo, scoprendo che l'86 per cento delle strutture idroelettriche e il 74 per cento di quelle termoelettriche potrebbero essere costrette, nel giro di pochi anni, a ridurre considerevolmente la produzione di energia elettrica.

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"Quello che abbiamo scoperto è allarmante," spiega Keywan Riahi, co-autore dello studio e direttore del dipartimento di energia dell'International Institute for Applied Systems Analysis, un'organizzazione non governativa di ricerca con sede in Austria.

"Finora, tutti hanno considerato le centrali elettriche some una delle maggiori cause del cambiamento climatico," dice Riahi. "Ma con il cambiamento climatico, le stesse centrali elettriche saranno colpite sempre di più."

Riahi e il suo team hanno scoperto che intorno alla metà del secolo la capacità di produzione delle centrali idroelettriche potrebbe ridursi fino al 17 per cento su base annua, e fino al 30 per cento nei mesi in cui la mancanza d'acqua sarà più intensa. L'Australia sarebbe il paese più colpito dall'emergenza, seguito dai paesi del Sud America e da quelli europei.

Anche la capacità di produzione delle centrali termoelettriche potrebbe ridursi fino al 12 per cento entro la metà del secolo, ma più dei due terzi degli impianti potrebbero assistere a un calo di oltre il 30 per cento — in parte causato dalla carenza di acqua, ma anche a causa del riscaldamento delle acque che rende più difficile e costoso raffreddare le centrali.

In questo caso le centrali termoelettriche africane sarebbero le più colpite, seguite da quelle in Europa, Nord America e Australia.

"Stiamo parlando dei due terzi della capacità di produzione mondiale ridotta fino al 30 per cento in alcuni mesi. Non è una buona notizia per le società che producono energia," ha detto Riahi.

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Il risultato è che probabilmente dovremo pagare bollette più care e abituarci a blackout più frequenti.

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Queste scoperte sono le ultime di una serie di pubblicazioni che pongono l'attenzione sugli effetti del cambiamento climatico sulle centrali elettriche, e sul fatto che molti governi e società di produzione di energia hanno fatto poco per permettere a queste strutture di funzionare su un pianeta più caldo.

Secondo uno studio simile, pubblicato lo scorso anno su Nature Climate Change, la siccità e il calore estremo negli Stati Uniti occidentali potrebbero ridurre la produzione media di energia fino all'8,8 per cento entro la metà del secolo, in uno scenario che prevedere dieci anni di siccità. Una ricerca del 2012 di Nature Climate Change previde invece che la capacità di produzione delle centrali elettriche durante i mesi estivi si potrebbe ridurre fino al 19 per cento in Europa e fino al 16 per cento negli Stati Uniti, tra il 2031 e il 2060.

Molti paesi in via di sviluppo, che già devono far fronte alla scarsità d'acqua e ai blackout causati da siccità e ondate di calore, stanno iniziando a ripensare le loro fonti di energia di riferimento. La Tanzania, per esempio, sta riconsiderando l'alimentare energetica della sua economia in crescita a causa di una siccità che ha prosciugato i fiumi da cui dipendeva per le sue centrali idroelettriche.

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Secondo l'agenzia Reuters, il paese sta pianificando di passare dall'energia idroelettrica, che oggi fornisce il 35 per cento dell'energia totale, a fonti di energia più tradizionali come i combustibili fossili.

L'ultimo report offre soluzioni in grado di evitare una crisi energetica nei decenni a venire. Molte di queste riduzioni potrebbero essere evitate, secondo i ricercatori, se le autorità iniziassero a rendere le proprie centrali 'a prova di clima'.

Le strutture dovrebbero essere rese più efficienti, l'acqua dolce utilizzata per rinfrescare gli impianti dovrebbe essere sostituita con quella di mare, mentre si potrebbero utilizzare combustibili che richiedono un inferiore utilizzo di acqua, come il gas naturale.

"C'è un rischio. Ma il rischio può essere mitigato con il progresso tecnologico," ha detto Riahi, aggiungendo che anche un aumento dell'uso delle energie rinnovabili, come quella solare o eolica, può essere d'aiuto.

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Lo studio ha scoperto che aumentare l'efficienza delle centrali idroelettriche - soprattutto delle turbine - anche solo del 10 per cento potrebbe compensare completamente le perdite potenzialmente causate dal cambiamento climatico.

I benefici apportati da una maggiore efficienza non sono però altrettanto significativi per gli impianti termoelettrici, dove un aumento del 20 per cento dell'efficienza sarebbe "ancora insufficiente a mitigare il potenziale uso ridotto di acqua per il raffreddamento causato dal cambiamento climatico."

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Secondo gli autori un passaggio agli impianti a gas, più efficienti, potrebbe aiutare ulteriormente le centrali più vulnerabili, insieme alla sostituzione dell'acqua dolce con l'aria o con l'acqua salata per il raffreddamento degli impianti.

"Gran parte degli investimenti saranno effettuati nei paesi in via di sviluppo," ha detto Riahi. "Quegli investimenti devono essere fatti in modo da prevedere adattamenti già dal principio."


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