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Venticinque anni fa le bombe 'intelligenti' davano il via alla Guerra del Golfo

Il via libera all'operazione Desert Storm arrivò quando a New York mancavano pochi minuti alle 19, la fascia di punta dei network giornalistici, e la prima Guerra del Golfo cominciò in prima serata.
L'operazione Desert Storm [Foto via Wikipedia]

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Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio del 1991, circa 700 aerei affollarono i radar iracheni. Il via libera all'operazione Desert Storm arrivò quando a New York mancavano pochi minuti alle 19, la fascia di punta dei network giornalistici, e la prima Guerra del Golfo cominciò in prima serata.

La guerra durò sei settimane, la schiacciante superiorità della coalizione di 34 paesi - a guida statunitense - costrinse l'Iraq al "cessate il fuoco" già il 28 febbraio, firmato da Saddam Hussein il 3 marzo del 1991. Furono però settimane intense, l'incessante copertura giornalistica garantita da carta stampata e network televisivi - 900 ore di diretta televisiva per la sola CNN - finì per rendere la Guerra del Golfo un evento mediatico.

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Potenti aerei che si alzano in cielo nella notte, carri armati a tutta velocità nel deserto, le immagini trasmesse dall'Iraq raccontavano di una guerra tecnologica, vinta sganciando bombe "intelligenti". "Guidiamo il mondo nella tecnologia avanzata", disse allora il Segretario della Difesa americano Dick Cheney.

E il banco di prova per testare questo progresso fu certamente quello della guerra, che divenne un'autocelebrazione patriottica, tradotta metaforicamente nel titolo di un articolo pubblicato da Reed Irvine: Be a Patriot, not a Scud, gioco di parole che marcava la contrapposizione Usa-Iraq tra due tipologie di missili che si fronteggiarono durante la Guerra del Golfo.

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Il primo missile della coalizione a raggiungere Baghdad fu un Tomahawk Land Attack Missile, lanciato dalla corazzata statunitense San Jacinto nel Mar Rosso.

Sperimentato per la prima volta durante l'operazione Desert Storm, il Tomahawk è un missile teleguidato ad alta velocità – circa 885 km/h – che permette di raggiungere obiettivi sensibili mantenendosi a distanza di sicurezza e il cui costo di produzione per unità si aggira intorno ad 1 milione e 300.000 dollari.

Durante l'operazione Desert Storm ne vennero lanciati 297, di cui 282 andarono a segno, 9 rimasero in canna e 6 finirono in acqua subito dopo essere stati lanciati. Durante il primo raid dell'operazione, nella notte tra il 16 e il 17 gennaio, 52 furono i Tomahawk che bombardarono Baghdad.

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I missili Tomahawk scaraventati su Baghdad durante la prima notte di bombardamenti furono solo una delle una delle tecnologie militari messe in campo dagli Stati Uniti. I bombardamenti aerei potevano contare su una gamma di cinque differenti tipologie di missili: gli SLAM – acronimo che sta per Standoff Land Attack Missile – erano dei missili da lanciare a 50 miglia nautiche dall'obiettivo, un percorso durante il quale la rotta veniva tracciata via satellite restituendo al pilota un'immagine che gli permettesse di indirizzare il missile all'obiettivo con precisione.

(Foto via Wikipedia)

Altra tipologia erano le bombe Cluster, sganciate da aerei A-10 Thunderbolt contro carri armati e basi di lancio per missili Scud e formate al loro interno da 202 piccole sfere – grandi quanto palline da tennis - contenenti materiale esplosivo e incendiario. Poi c'erano le bombe Dumb a caduta libera – come le Cluster – dal peso di 340 chili ciascuna e sganciate dai bombardieri B-52 ad un miglio dall'obiettivo. Il quarto tipo di arma utilizzata in Iraq fu il missile air-to ground da sganciare a circa 20 chilometri dall'obiettivo, che permetteva all'equipaggio di mantenersi a sufficiente distanza di sicurezza.

Il 'pezzo forte' della Guerra del Golfo furono però le cosiddette smart bombs, le bombe intelligenti sganciate dai caccia-bombardieri F-117. Bombe - come racconta un libro della CNN - "con una videocamera piazzata sul naso dell'arma". E queste immagini vennero spesso riprese dal Pentagono nel corso dei briefings con la stampa, celebrando la accuratezza con cui queste bombe intelligenti contribuirono al successo dell'operazione Desert Storm.

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La stampa celebrò questo "prodigio tecnologico" con toni epici. In un articolo pubblicato il 26 febbraio del 1991 sulle pagine del New York Times, si legge come "per la prima volta nella storia, missili e bombe teleguidate hanno giocato un ruolo decisivo nella guerra. (…) Con il loro aiuto Stati Uniti e alleati hanno fortemente indebolito la quarta potenza militare del mondo. (…) Anche piccoli obiettivi, in precedenza impossibili da distruggere, sono adesso vittime della nuova accuratezza delle bombe."

A fare eco al New York Times ci pensarono gli analisti militari di CNN, con il maggiore McCoy Smith - ex Generale Maggiore dell'Aeronautica - che nel suo libro racconta come nella "storia dei bombardamenti aerei non c'è mai stato un grado di accuratezza migliore."

"Al posto di un'inchiesta seria e sincera su ciò che le armi stavano veramente facendo all'Iraq, la televisione offriva un altro eroe: per quanto sordo, muto e cieco possa essere stato il medium durante la Guerra del Golfo, le armi erano intelligenti", si legge in un libro dello storico americano Bruce Cumings, datato 1992. Eppure "quei lettori attenti anche ai trafiletti in scrittura minuta dei nostri giornali, hanno appreso in seguito che, dopo tutto, le armi non erano poi così intelligenti," osserva l'autore in un altro passaggio.

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Osservazioni quanto mai opportune per una rivisitazione critica dei concetti di accuratezza e di "intelligenza" delle bombe utilizzate contro l'Iraq, a 25 anni esatti dai primi raid su Baghdad. I missili Patriot, ad esempio, erano l'orgoglio del presidente George H. Bush e del generale Norman Schwarzkopf, comandante delle operazioni militari in Iraq. "Il successo dei Patriot è noto a tutti, è del 100%. Su 33 missili scud intercettati, 33 sono stati distrutti", disse.

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Ma andò veramente così? No. "Il Patriot non è efficace", disse nel 1992 l'ex segretario della Difesa William Perry, nel corso di una audizione ad una commissione del Congresso, rincarando: "non è un sistema anti-missilistico efficace". Durante la Guerra del Golfo, le percentuali si rincorrevano e fu un gioco perennemente al ribasso. Si partì inizialmente dal Pentagono che parlò di un 80% di accuratezza dei Patriot nel centrare gli Scud iracheni diretti in Arabia Saudita e di un 50% di quelli diretti in Israele. Numeri che vennero poi ritoccati rispettivamente in 70% e 40%.

Nel 1992 però, al termine di dieci lunghi mesi di indagini, la House Government Operations Subcommittee on Legislation and National Security concluse che c'erano poche prove per attestare che i Patriot avessero colpito più di un paio di Scud.

Un'altra inchiesta, del 1992, venne portata avanti dal General Accounting Office – il nucleo investigativo del Congresso degli Stati Uniti – e attestò come solo nel 9% dei casi i Patriot abbiano effettivamente neutralizzato missili Scud iracheni. Negli altri casi – si legge in un report - "i Patriot sono andati vicini agli Scud, ma non li hanno distrutti".

Dati che provano – come riferisce una ricostruzione del Public Broadcasting Service – come la televisione abbia preso un abbaglio nel fidarsi ciecamente delle parole di Bush e di Schwarzkopf.

Ma c'è un altro dato che fa riflettere. Tra le 88.500 tonnellate di bombe piovute su Iraq e Kuwait, solo per 6.250 tonnellate si trattava di smart bombs. In termini percentuali questo voleva dire che le tanto decantate bombe intelligenti che ampio spazio ebbero nel dibattito pubblico rappresentavano soltanto il 7% dell'intero arsenale dispiegato dagli Stati Uniti per piegare Saddam Hussein.

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Inoltre i primi dati diffusi dopo la guerra parlavano di un 80% di queste bombe "intelligenti" che centrarono l'obiettivo. Nel 1997 venne reso noto un altro rapporto del General Accounting Office in cui le stime sull'accuratezza delle bombe intelligenti nel centrare il bersaglio si abbassarono ancora, attestandosi tra il 41 e il 60%, così come è possibile leggere direttamente nel rapporto.

Un'altra certezza che crolla leggendo il report è quella della celebre formula del Pentagono "one target, one bomb": ci vollero tra le 4 e le 10 bombe per colpire un obiettivo fisso. Altro mito sfatato è quello della superiorità delle nuove armi tecnologiche che giustificava gli altissimi costi di produzione. Nel report si legge espressamente come non ci fosse una correlazione tra alti costi e obiettivi raggiunti nel corso di Desert Storm.

Il problema fu – ancora una volta – di percezione. La Guerra del Golfo venne celebrata superficialmente dai media e non si indagò abbastanza per cercare di capire se vi fosse una reale corrispondenza tra affermazioni e numeri. Tom Wicker nella sua rubrica sul New York Times il 20 marzo del 1991 scrisse come "il punto non è che gli ufficiali militari abbiano mentito. Dissero che avrebbero vinto la guerra, e l'hanno fatto.

E non si tratta nemmeno di una inammissibile distorsione dei fatti. (…) Il punto pericoloso è che l'amministrazione Bush e l'esercito abbiano avuto il pieno controllo delle informazioni sulla guerra tanto da raccontare al pubblico solo quello che loro volevano che si sapesse". E come racconta Bruce Cumings nel suo libro, "più di 60.000 tonnellate di bombe americane avevano fallito: dove siano andate a cadere, nessuno lo sa, men che meno il giornalismo televisivo".

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