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Italia

La situazione di questo campo profughi vicino Milano potrebbe esplodere da un momento all'altro

Doveva essere una sistemazione temporanea, e invece il campo profughi di Bresso si è trasformato in un alloggio semi-permanente.
Foto di 'Bresso a misura di'

Doveva essere una sistemazione temporanea, allestita per far fronte all'emergenza profughi dello scorso febbraio.

E invece il campo profughi di Bresso, situato nell'immediato hinterland di Milano, si è trasformato in un alloggio semi-permanente dove da mesi centinaia di migranti risiedono in attesa del permesso di soggiorno.

Secondo i dati ufficiali della Croce Rossa risalenti allo scorso 15 ottobre, al momento nel Centro polifunzionale di Bresso - una tendopoli gestita dalla Croce Rossa composta da una cinquantina di tende - si trovano stabilmente 350 persone, di 25 diverse nazionalità.

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A queste si aggiungono altre decine di persone effettivamente in transito, che passano una o due notti al Centro in attesa di essere collocate in altre province del nord Italia.

Tutto è cominciato a febbraio scorso quando, per fare fronte ai crescenti flussi migratori causati dall'avanzata del sedicente Stato Islamico (IS) in Libia, venne allestita una tendopoli all'interno della ex Caserma Aldebaran, tra il vicino Parco Nord e l'aeroporto di Bresso.

Qui, in un campo già allestito, vennero piantate circa venti tende—che sarebbero dovute servire a fornire una accoglienza temporanea ai migranti per tamponare la situazione dei centri colmi di Milano, permettendo al contempo un rapido smistamento.

Mentre il Prefetto Francesco Paolo Tronca a maggio visitava la tendopoli "per dimostrare concretamente l'interesse del Governo e il suo personale," il sindaco di Bresso, Ugo Vecchiarelli, ribadiva un mese dopo che la situazione non era emergenziale. Tuttavia, da quel momento il numero dei profughi è andato gradualmente aumentando, così come la durata della permanenza dei migranti in loco.

La situazione è salita alla ribalta della cronaca la mattina del 24 agosto, quando un gruppo consistente dei circa 300 abitanti del campo si è riversato nel vicino viale Fulvio Testi - una strada a più corsie che unisce Milano a San Giovanni - bloccando il traffico per due ore, ed esponendo cartelli e striscioni che chiedevano coralmente il rilascio dei documenti. La protesta è stata fermata dalla polizia in tenuta antisommossa, ed è sfociata in momenti di tensione quando le forze dell'ordine hanno provato a respingere il secondo tentativo dei profughi di recarsi in strada.

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Ovviamente, il clamore mediatico ha suscitato anche diverse reazioni politiche, tra cui quella - immancabile - di Matteo Salvini:

Alle consuete polemiche a caldo della politica era seguito un sopralluogo del prefetto Tronca, ora commissario di Roma, durante il quale aveva assicurato "una soluzione alternativa alle tende"; la situazione del campo profughi, dopo quella fiammata, era però piombata di nuovo nel disinteresse generale. A seguito di quell'episodio, più che l'attesa dei documenti dei migranti, a far discutere era stata la decisione del prefetto di negare categoricamente ai giornalisti l'accesso al centro.

Le condizioni della tendopoli

Le svolte annunciate non sono mai avvenute, e Bresso è tornata agli onori della cronaca a metà ottobre quando la rete People Before Border e il progetto editoriale Bresso A Misura Di hanno diffuso un video realizzato montando alcune clip - ricevute in forma anonima da alcuni ospiti del centro - che mostrano le condizioni abitative al suo interno: bagni allagati e sporchi, frutta avariata, tende sovraffollate.

"La situazione è cambiata rispetto a quel video," spiega a VICE News Gabriella Gerosa, responsabile della Comunicazione della Croce Rossa di Milano, "Anche a casa mia si allaga la doccia ogni tanto, quando passano otto persone c'è un po' d'acqua per terra. Non nego che non sia un campo perfetto, ma con una media di 300 ospiti può succedere che ci sia della manutenzione da fare. Questa doveva essere un'emergenza, emergenza non è più, sono mesi e mesi, era un centro di accoglienza temporaneo. Tutti quanti ci siamo dovuti adeguare a questa situazione che non era prevista," continua.

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Nel frattempo, l'associazione Bresso a Misura Di ha lanciato BAMigranti, un progetto di inchiesta che nasce con l'intento di investigare le condizioni del campo e di "restituire alla cittadinanza uno spaccato di tutto questo attraverso un'analisi dell'indagine on-line e un video documentario che verrà presentato e messo a disposizione dei Bressesi a conclusione del percorso."

Bresso a Misura Di, inoltre, offre agli ospiti del centro vari servizi, mentre la rete People Before Borders dà l'opportunità di accedere a un'assistenza legale di base. Rispetto ad agosto la situazione si è leggermente "sbloccata," visto che la prefettura "ha cominciato a convocare i ragazzi per la commissione," ha spiegato a VICE News Umberto Bettarini, attivo nell'associazione.

La convocazione però, ha proseguito Bettarini, non equivale necessariamente all'ottenimento dei documenti, men che meno in tempi brevi: "Il problema è che i migranti non hanno alcuna idea di come funzioni l'iter legale, alcuni di loro hanno pensato che la convocazione in prefettura risolvesse tutti i loro problemi. Invece è solo il passaggio in cui bisogna raccontare la propria storia con una certa precisione, per poi aspettare di vedere ciò che succede."

Entrare è impossibile

L'ingresso nel campo per un giornalista appare a oggi impossibile, come confermano gli operatori della Croce Rossa dalla segreteria del Centro di Bresso e gli uffici della prefettura di Milano - snocciolando la seguente motivazione: "non abbiamo mai fatto entrare nessuno e basta" - e la situazione del campo profughi sembra tutt'altro che tranquilla. Il problema più che riguardare soltanto le condizioni abitative, sembra risiedere nella durata incerta della permanenza dei migranti.

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I ragazzi fuori dal campo, infatti, al di là delle condizioni della tendopoli, spiegano che a pesare è l'essere bloccati in un limbo burocratico per cui possono soltanto attendere, senza avere alcuna informazione sul loro futuro.

"La situazione è difficile, perché non sappiamo assolutamente niente, stiamo solo aspettando. Non ci dicono assolutamente nulla. È sporco, dormiamo in otto in una tenda, e aspettiamo; sono quattro mesi che non lavoro e non faccio nulla. Sono qua da agosto. Mangio, dormo, e aspetto," mi dice Seth, 20 anni, dal Ghana, all'ingresso del Centro in via Clerici.

"Volevamo venire in Europa, ma questa non è veramente Europa, siamo chiusi dentro il centro. Quando parlo con le persone fuori dico che sono in Europa ma non che sono in una tenda ad aspettare, e che non so ancora quanto durerà," aggiunge Ismael, 24 anni, dal Pakistan, nella tendopoli di Bresso da cinque mesi.

La scintilla del freddo

A chiedere che sulla situazione si agisca in tempi brevi, se non è la prolungata precarietà di una vita in tenda con altre otto persone, è oggi l'avanzare dell'inverno.

"C'è bisogno che si trovi una collocazione più dignitosa e più confortevole, perché sia con l'emergenza caldo che con l'emergenza freddo, le tende sono un alloggio non idoneo. Inoltre si tratta di tende che il ministero degli interni destina alle emergenze, come terremoti, pensate per situazioni temporanee," spiega Gerosa.

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Per far fronte ai primi freddi, in attesa sempre di una svolta, erano stati annunciati a metà ottobre dei cluster, la cui costruzione avrebbe impiegato circa due settimane. Quei cluster, mi conferma la responsabile della croce Rossa, "ancora non si sono visti e adesso il freddo si comincia a sentire."

Nonostante quindi la situazione sembri avvicinarsi al punto in cui sarà necessaria una svolta, la prefettura di Milano per adesso non sembra muoversi in questa direzione, e ai tempi già lenti si è andata ad aggiungere la complicazione del trasferimento di Tronca da prefetto di Milano a commissario di Roma.

Lo scorso settimana Arosio, presidente della Croce Rossa, aveva annunciato un incontro con la Prefettura per la settimana successiva—incontro che a quanto pare non c'è stato, ne è ufficialmente in programma. Se dalla Croce Rosa Gabriella Gerosa declina di rispondere a domande politiche e dell'incontro non ha sentito nulla, la Prefettura si astiene da qualsiasi tipo di commento sull'argomento.

Per adesso quindi la situazione sembra bloccata. Se ne parlerà probabilmente tra qualche settimana, quando come ogni inverno, l'emergenza freddo arriverà, e allora quello del campo profughi diventerà necessariamente un tema da affrontare. Anche se ancora non si sa come, né da chi.


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Le fotografie sono state scattate durante il presidio "Persone prima dei confini" e concesse gentilmente da "Bresso a misura di"