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Capodanno nella "Giungla": gli ultimi giorni del 2015 nel campo profughi di Calais

Abbiamo visitato il campo profughi alla periferia di Calais, noto come la Giungla, dove quasi 7.000 tra uomini, donne e bambini vivono in condizioni terribili.
Photo de Sally Hayden/VICE News

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È una serata buia e fredda nel campo profughi di Calais, noto come la "Giungla." Un giovane afghano ha appena preso in mano un fucile. Lo carica, alza il grilletto, e sbircia nella canna verso la folla riunita, le ginocchia piegate mentre oscilla da un lato all'altro. Indossa dei jeans e una giacca con cappuccio, ha una sciarpa rossa legata intorno alla testa. La sua pistola è immaginaria, ma la folla si ammutolisce comunque.

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Tra le 5.000 e le 7.000 persone vivono in questo campo profughi, il più grande dell'Europa occidentale, l'epicentro fangoso di una crisi globale. Migliaia di uomini, donne e bambini di varie nazionalità sono finiti tutti in questo pezzo di terra alla periferia della città portuale del nord della Francia. Molti hanno viaggiato da soli per mesi. Ora a decine siedono a terra vicini, osservando il mimo Yasin recitare su un palco di legno.

Questo è il Good Chance Theater, una delle più recenti novità della Giungla. È un grande tendone bianco e impermeabile, con piccolo palco collocato da un lato. Il vento apre ripetutamente "l'uscita di sicurezza" - un taglio nella copertura.

Misba, un uomo sordo proveniente dall'Afghanistan, ha ideato lo spettacolo di mimo di questa sera. È emozionante: racconta la storia di un soldato del suo paese che viene costantemente pedinato prima di essere catturato e imprigionato. Alla fine, il protagonista studia un modo per fuggire. Lo spettacolo è una dichiarazione di speranza in circostanze impossibili, un ritrovo di vecchi amici, un messaggio di perdono.

C'è un motivo per cui questa produzione è accattivante. "L'arte del mimo è davvero in voga in questo momento," spiega a VICE NEWS Joe Robertson, il 25enne che ha allestito il teatro.

I rifugiati e i migranti attratti dal teatro stanno "sviluppando un processo di narrazione fisica; in un luogo in cui si parlano tantissime lingue, questa forma d'arte è una grande opportunità per raccontare storie in modo nuovo," racconta.

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Il Good Chance Theater nel campo profughi di Calais. (Foto di Sally Hayden/VICE News)

Il Good Chance Theater è aperto da tre mesi ed è gestito da un gruppo di volontari. Robertson proviene da Hull, in Inghilterra; un'altra volontaria, Amy Reade, viene da Londra e ha 18 anni. Questo è il suo 'anno sabbatico'.

Il teatro può accogliere circa 200 persone, ci vive un gatto che "tiene lontani i topi," e offre un ricco programma di attività, tra cui corsi di yoga, laboratori di circo, e letture di poesie.

"È uno spazio sicuro per esprimersi: raccontare storie, condividere esperienze," racconta Robertson. "Proponiamo attività per tutta la giornata, poi offriamo un evento serale come uno spettacolo teatrale, o una serata di musica acustica. Ogni settimana partecipano tra le 1.000 e le 2.000 persone."

"Penso che i migranti abbiano bisogno di uno spazio dove si sentono accettati, in cui sono in grado di parlare e pensare e riflettere sulla loro situazione. Credo che esprimersi sia importante come il cibo, l'assistenza sanitaria e un tetto sopra la testa."

Persone di ogni nazionalità vengono qui per scrivere, leggere, suonare strumenti e recitare poesie, spiega Robertson. In una giornata-tipo, mentre in un angolo si svolgono le lezioni di inglese, il palco viene utilizzato per le prove.

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Per allestire il teatro sono state raccolte circa 30mila sterline, grazie al crowdfunding e al sostegno di diversi teatri del Regno Unito, circa 40mila euro. I fondi servono a pagare manutenzione e riparazioni del tendone, l'alimentazione dei generatori per l'illuminazione, l'acquisto di materiali per i progetti artistici. "Abbiamo ricevuto tante donazioni, ma cercare di gestire un teatro in un campo profughi è costoso," spiega Robertson.

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Hanno dovuto rimuovere dalle pareti dei dipinti a olio donati dall'artista Chav, quando l'umidità ha iniziato a rovinarli. Oltre a fornire uno spazio per la recitazione e per un laboratorio, il teatro svolge anche altre funzioni.

Nella notte degli attentati del 13 novembre a Parigi, un incendio apparentemente fortuito è scoppiato nella zona sudanese del campo. Si è diffuso rapidamente, radendo al suolo un'area di tende dove vivevano 300 persone. Molti di quelli rimasti senza tetto si sono rivolti al teatro, usandolo come un posto letto d'emergenza e dormendo ammucchiati sul pavimento.

Due giorni dopo, la domenica dopo gli attentati di Parigi, il teatro ha ospitato una veglia cui hanno partecipato leader religiosi, anziani della comunità e volontari. "Si è tenuto un minuto di silenzio, seguito da alcuni discorsi," ricorda Robertson. "Molte persone qui sono in fuga dalle stesse ideologie che hanno portato agli attacchi di Parigi, quindi penso che l'impatto fosse palpabile."

Alcuni volontari preparano il cibo e smistano i vestiti nel magazzino di Care 4 Calais. (Foto di Sally Hayden/VICE News)

L'onda d'urto dopo gli attacchi è arrivata fino al campo. Per i profughi in fuga da conflitti e violenze, gli eventi del 13 novembre sono stati un messaggio chiaro: non sei al sicuro neanche qui in Europa.

"Tutti dicono di non andare in Francia, di andare nel Regno Unito. La Francia è pericolosa," spiega a VICE News un ragazzo afghano di 12 anni di nome Ahmed.

La famiglia di Ahmed vuole andare nel Regno Unito per raggiungere la sorella e lo zio; non vogliono rimanere in Francia, perché hanno paura che lo Stato Islamico (IS) attacchi di nuovo.

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"A Parigi c'è stata una bomba. Lo so io, lo sai tu, non c'è sicurezza qui" dice, spiegando di aver visto i servizi dei telegiornali sugli attacchi. "Abbiamo guardato persone morire a causa di Daesh (IS)."

Ahmed afferma di essere certo che la Giungla sarà uno dei prossimi obiettivi. "So che ci sarà un attacco anche qui."

La sua famiglia ha lasciato l'Afghanistan tre mesi fa a causa delle minacce da parte dei talebani, racconta. "I talebani non ci lasceranno in pace. Ora ci uccideranno. In Afghanistan in un mese muoiono [migliaia di] persone."

La "hall of fame" nei magazzini di Care 4 Calais. (Foto di Sally Hayden/VICE News)

Gli attacchi di Parigi hanno avuto un forte impatto anche sulla politica francese e più precisamente a Calais stessa, dove Marine Le Pen, del partito di estrema destra Front National, ha quasi vinto le elezioni regionali—salvo poi uscire sconfitta dal voto del 13 dicembre grazie a una serie di alleanze strategiche strette all'ultimo minuto tra la sinistra e la destra più moderata.

Le Pen ha tentato di sfruttare la rabbia e la paura scatenate dagli eventi di Parigi: ha chiesto di vietare l'ingresso ai rifugiati siriani nel paese e ha criticato l'accordo di Schengen - che permette di viaggiare senza passaporto attraverso le frontiere comuni di 26 paesi europei - definendolo una "follia."

Chi vive all'interno del campo di Calais costituisce solo il 2 per cento del numero totale dei rifugiati e dei migranti che stanno entrando in Europa. Quest'anno, un milione di profughi sono arrivati nel continente via terra e via mare. Secondo i dati dell'agenzia ONU per i rifugiati, il 51 per cento di questi è scappato dalla Siria. Più di 3.700 persone sono morte durante il viaggio.

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Il numero di nuovi arrivi nella Giungla di Calais è diminuito con l'arrivo dell'inverno, e non tutti vogliono andare in Gran Bretagna. Alcuni hanno già presentato domanda di asilo e sono in attesa che gli venga assegnato un alloggio. Altri tentano ogni sera la fortuna nel tunnel sotto la Manica, scarpinando attraverso i campi e scavalcando le recinzioni nella speranza di salire a bordo di un treno per l'Inghilterra.

A dicembre, il famoso artista di graffiti Banksy ha lasciato il suo segno nella Giungla. "È venuto di notte. Non sapevo chi fosse," ha detto a VICE News un uomo che vive accampato vicino al ponte di cemento su cui è stata dipinta l'opera.

Il dipinto raffigura Steve Jobs, il fondatore della Apple. In una dichiarazione, Banksy ha spiegato: "Siamo spesso portati a credere che l'immigrazione sia un salasso per le risorse del paese, ma Steve Jobs era il figlio di un immigrato siriano."

"Apple è la società più redditizia del mondo, paga oltre 7 miliardi di dollari l'anno in tasse—ed esiste solo perché hanno fatto entrare negli Stati Uniti un giovane di Homs."

Le autorità di Calais hanno detto che proteggeranno l' opera d'arte.

In piedi di fronte all'opera, abbiamo suggerito scherzosamente ai residenti di diventare imprenditori e iniziare a far pagare i visitatori per vedere il murale—una cosa che, stando ad alcuni recenti studi, qualcuno sembra abbia già iniziato a fare.

L'opera di Banksy che raffigura Steve Jobs. (Foto di Michel Spingler/AP)

Un numero crescente di volontari si è assunto la responsabilità di fornire cibo e vestiario ai residenti della Giungla che ne hanno disperatamente bisogno.

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VICE News ha visitato una nuova iniziativa gestita da Care 4 Calais, che comprende due grandi magazzini, pieni di scatole di donazioni. Il "magazzino di smistamento" è dove i vestiti sono smistati in scatole di cartone in base alle taglie e al tipo di indumento - tutte le giacche impermeabili di medie dimensioni in una, tutte le piccole giacche di pile in un'altra - poi vengono accatastate nel secondo magazzino per essere distribuite.

"È una grande operazione, molto grande. La gente è tanto generosa," spiega John Sloan, un co-fondatore di Care 4 Calais che è in Francia da tre mesi. Ha aggiunto che il gruppo cerca di far arrivare gli oggetti donati al campo entro sette giorni.

A VICE News è stato chiesto di non rivelare la posizione dei magazzini, per paura di reazioni da parte della comunità locale.

"Lavorare a Calais ha i suoi giorni buoni e i suoi giorni cattivi", continua Sloan. "Ci sono persone che ci sostengono, altre che invece non ci supportano, e altre ancora a cui non piace quello che stiamo facendo, punto e basta."

Claire Mosley, l'altra cofondatrice di Care 4 Calais, ha detto che a volte l'opposizione era stata piuttosto aggressiva—ai volontari è stato negato l'alloggio e che alcuni ristoranti si sono rifiutati di servirli, stando alla sua testimonianza.

Sloan, tuttavia, promette di rimanere "fino a quando la situazione non sarà risolta."

"Il problema è enorme e le persone hanno bisogno di alloggi adeguati nel più breve tempo possibile, che siano nel Regno Unito, in Francia, ovunque. Non possono continuare a vivere in questo modo."

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La chiesa di San Michele nella "Giungla." La messa si tiene qui ogni giorno. (Foto di Sally Hayden/VICE News)

Durante un recente fine settimana, una folla di migranti - principalmente afghani - si è riunita nel Good Chance Theater per assistere a una serie di discorsi tenuti da un gruppo di politici e attivisti provenienti da Londra. Sul palco è stata firmata una petizione che dichiara le intenzioni dei visitatori di lottare per far entrare in Gran Bretagna tutti coloro che vivono accampati a Calais.

In seguito, un consigliere del partito laburista di Londra ha gridato: "Benvenuti nel Regno Unito." La folla ha applaudito con apprezzamento, mentre un uomo afghano in piedi in fondo alla stanza ha mostrato un sorriso scettico. "Lei può provare, ma David Cameron non ci accetterà."

Khan, un afghano di 24 anni, è a Calais da due mesi. "È difficile, molto difficile," spiega, mentre parla dei suoi tentativi di attraversare la Manica.

Leggi anche: I migranti afghani si preparano ad affrontare l'inverno sulle strade di Parigi

Khan era un negoziante in Afghanistan - "in un grande negozio" - ma è stato derubato, e ha poi lasciato il paese.

A VICE News racconta della più recente minaccia che devono affrontare i residenti della Giungla: la loro rimozione e il trasferimento nei centri di detenzione per migranti. Secondo l'osservatorio francese sulle carceri, 779 migranti sono stati presi dalla Giungla e trasferiti nei centri di detenzione tra il 21 ottobre e il 10 novembre.

Secondo quanto riferito da Khan, la polizia avrebbe prelevato le persone solo fuori dalla Giungla, e non avrebbe permesso a nessuno di dire dove stava andando. "Ti gettano in prigione, non puoi dire a nessuno dove ti trovi. La tua famiglia, se è qui, piangerebbe [mentre ti cerca]. Potrebbero pensare che tu sia morto."

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Abdul, 20 anni, in piedi accanto a lui, dice di vivere nella Giungla da quattro mesi.

"La polizia francese [ci] prende a pugni, [ci] spruzza il gas negli occhi," ha detto. "È terribile. Quando ti nascondi in un camion ti prendono e ti mandano in galera."

Abdul nomina un amico che era morto la settimana prima, una tragedia che è passata inosservata. "Questa non è la vita di un essere umano, è [la vita di] un animale."

Quelli intrappolati in questo limbo riescono a trovare il modo per passare il tempo. Khan dice che di notte gioca a biliardo, o va in una discoteca nella zona eritrea del campo, dove si beve una birra. "Ieri sera abbiamo ballato una danza afghana tutti insieme, l'Attan afghano. Puoi cercarlo su YouTube."

Un paio di scarpe abbandonate nel fango della Giungla. (Foto di Sally Hayden/VICE News)

"Direi che la Giungla è la migliore delle intenzioni e la peggiore delle circostanze," spiega a VICE News il paramedico Martin McFigue, seduto dentro il nuovo centro di vaccinazione del campo.

"Le condizioni sono assolutamente intollerabili. Le condizioni igieniche sono basilari, ci sono sei pompe d'acqua per 7.000 persone. Le condizioni climatiche sono atroci. Gli alloggi sono inadeguati. Ma la caratteristica generale del posto è che le persone qui sono cordiali. Non hanno nulla, ma danno tutto: ci invitano a casa loro per la cena. Il senso di comunità qui è incredibile."

McFigue lavora per l'organizzazione benefica Hands International, con sede a Londra. Operano nella Giungla dal 28 ottobre, in collaborazione con le autorità francesi; sono una delle tre associazioni di beneficenza insieme a Medici Senza Frontiere (MSF) e Médecins du Monde ad aver ottenuto tale autorizzazione. In questo periodo. Il centro ha vaccinato 1.600 residenti della Giungla contro il virus dell'influenza, circa il 20 per cento dei residenti del campo.

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"L'enorme preoccupazione è che con le condizioni antigieniche e la malnutrizione comportino un grosso rischio epidemia."

Nel mese di gennaio, McFigue prevede di iniziare a vaccinare contro l'epatite A e il tetano. Teme possano crearsi focolai di tubercolosi se le condizioni meteorologiche dovessero peggiorare, aggiungendo che non si può escludere nemmeno l'arrivo del colera—nonostante sia generalmente più diffuso in un clima più caldo: c'è un sacco di acqua stagnante intorno al campo.

"Un altro problema è l'ipotermia. Stiamo già vedendo persone colpite da ipotermia, e senza un trattamento adeguato, vestiario, alloggi, cibo, calore, la situazione peggiorerà." Se a gennaio la temperatura dovesse scendere, "nel peggiore dei casi potremmo iniziare a vedere i primi morti."

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Tuttavia, la maggior parte dei decessi non sono causati da malattie o condizioni sgradevoli, ma sono il risultato di tentativi disperati di attraversare la Manica per cercare di arrivare in Inghilterra.

Non si sa esattamente quante persone siano morte in questo modo dall'inizio del 2015, ma le stime variano tra le 23 e le 26 persone. Tra queste, un 23enne siriano che è stato folgorato sul tetto di un treno, una 30enne siriana investita da una macchina in autostrada, un afghano di 16 anni travolto da treno sui binari, e un neonato eritreo morto un'ora dopo un parto prematuro, causato dalla caduta della madre 20enne da un veicolo in movimento.

VICE News ha sentito altre storie non verificate: siriani che sarebbero morti congelati in un camion frigo, e due persone che avrebbero cercato di attraversare la Manica in una barca, rendendosi poi conto che non ci sarebbero riuscite, e morte annegate a causa del capovolgimento dell'imbarcazione  sulla strada per il ritorno.

Eppure le migliaia di profughi continuano a pregare perché arrivi il loro momento, e la maggior parte di questi giura che - anche se è molto difficile - non si arrenderà.

Salomone, un predicatore laico che ha costruito San Michele - la chiesa della Giungla - spiega a VICE News che, come membro della chiesa ortodossa etiope, celebrerà il Natale ai primi di gennaio, ma che lui probabilmente avrebbe fatto qualcosa anche il 25 dicembre.

Il 35enne di Addis Abeba fa poi un appello. "La chiesa della Giungla… ha bisogno di aiuto. Diglielo," aggiungendo che il problema attuale è la necessità di utilizzare il gas in chiesa per tenere le persone al caldo mentre pregano.

L'edificio è imponente. Costruito con materiali molto semplici, ora ha un cancello, un ripostiglio, e una parete di cinta, oltre alla struttura originaria eretta durante l'estate. Dentro vi si svolgono sermoni ogni giorno, ed è frequentata da decine di persone.

Se i desideri di Natale di Salomone dovessero avverarsi, gli piacerebbe passare il resto delle feste lontano dalla Giungla. Sono mesi che cerca di andare in Inghilterra, e dice di provarci tutti i giorni: "Sul treno, sul camion, nel fiume, in ogni luogo, io continuo a provare."


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