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Italia

Casal di Principe è diventata il polo della “resistenza” alla camorra

La cittadina campana è diventata una realtà all'avanguardia in tema di anticamorra: oggi riunisce associazioni, comitati e progetti, e punta sullo sviluppo economico per battere la 'concorrenza' alla criminalità.
La tomba di don Peppe Diana, a Casal di Principe (Silvia Malnati/VICE News)

Casal di Principe è nota per essere immersa nei cosiddetti 'territori della camorra'. Allo stesso tempo, però, negli ultimi vent'anni la città è diventata un centro molto attivo dal punto di vista della battaglia civile per la legalità — o come lo definisce Francesco Diana del "Comitato don Diana," un "centro di resistenza."

Associazioni, comitati, realtà di economia sociale e responsabile sono il risultato di un'azione persistente e tenace, e di un costante esercizio di impegno civile da parte della società. Uno sforzo nato nella seconda metà degli anni Ottanta, e che ha portato – anche - alla confisca di numerosi beni, riconvertiti in centri di eccellenza per la cura dell'autismo e in ristoranti con prodotti etici e a chilometro zero.

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Solo a Casal di Principe, i beni confiscati alla camorra sono diciotto. Alcuni di questi oggi ospitano organizzazioni a favore della legalità, musei e ristoranti.

"Negli anni Ottanta erano già presenti le prime cellule della resistenza, ma agivano sparse e in modo poco efficace: il rischio molto concreto di venire ammazzati e l'assenza di sostegno da parte delle istituzioni era un deterrente alla creazione di qualsiasi organizzazione sistematica," spiega Francesco a VICE News. "Ci sentivamo abbandonati. Ora è diverso."

Lo spartiacque nella storia della resistenza anticamorra è stato, nel marzo del '94, l'omicidio di don Peppe Diana — il prete che reagì attivamente alla presenza della camorra sul territorio.

L'omicidio di don Peppe Diana

Nel 1991, nella chiesa parrocchiale di Casal di Principe, don Diana distribuì la lettera "Per amor del mio popolo non tacerò," in cui accusava la camorra di essere una "forma di terrorismo." Un gesto che diede una nuova consapevolezza alla cittadinanza, dando alla gente il coraggio di parlare.

Il primo a seguirne le orme è stato Augusto Di Meo: fotografo casalese e amico di don Diana, Augusto fu testimone oculare dell'omicidio. Vide l'assassino in volto, Giuseppe Quadrano, e decise di testimoniare contro di lui.

Sebbene la camorra lo infangò e lo costrinse a trasferirsi in Centro Italia per paura delle ritorsioni, alla fine Augusto ritornò a Casal di Principe con la famiglia, dove tutt'ora risiede.

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Oggi Augusto, che accompagna spesso le scolaresche sulla tomba di don Diana nel cimitero di Casal di Principe, ci tiene a definirsi una "sentinella dell'antimafia," sempre attento a ciò che lo circonda e pronto a denunciare ogni illecito, pur consapevole delle responsabilità che ne derivano.

Le scuole e la realtà sociale

Don Diana è stato il primo di decine di altri "morti ammazzati," come li chiamano qui. Nel frattempo, però, il tessuto sociale della zona ha sviluppato una linfa vitale, fatta di associazioni e iniziative di sensibilizzazione alla legalità e sfociate nella creazione del "Comitato don Diana," nel 25 aprile 2006.

"Il Comitato riunisce oltre una trentina di associazioni, promuove la R.E.S. (Rete di Economia Sociale), vanta connessioni con l'Università Federico II di Napoli, e costituisce la delegazione casertana di Libera contro le mafie," prosegue Francesco.

Fuori dal cimitero di Casal di Principe (Silvia Malnati/VICE News)

Dal Comitato sono partiti diversi progetti, come quello del Museo Diffuso della Resistenza e dell'Impegno Civile, che coinvolge gli studenti di quattro scuole del territorio: il Liceo Scientifico Segrè e l'Istituto comprensivo Mattia De Mare di San Cipriano, l'Istituto tecnico commerciale Carli e l'Istituto comprensivo don Diana, entrambi di Casal di Principe.

"I ragazzi stanno mappando i luoghi del territorio legati all'antimafia. In seguito verrà sviluppata un'app che consentirà ai turisti di localizzarli e di ottenere informazioni specifiche per ognuno di questi siti, dai beni confiscati alle attività che promuovono un percorso economico o sociale all'insegna della legalità," continua Francesco.

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Altra iniziativa del Comitato è l'alternanza scuola-lavoro nel campo del turismo responsabile: i ragazzi dell'Istituto professionale turistico Mattei di Aversa hanno lavorato come guide e addetti alla comunicazione all'interno del bene confiscato "Casa don Diana," ex villa del camorrista casalese Egidio Coppola.

I beni confiscati e gli esperimenti sociali

"Casa don Diana" ha ospitato dal 21 giugno al 21 ottobre 2015 la mostra "La luce vince l'ombra," con venti quadri provenienti dagli Uffizi di Firenze - i visitatori sono stati oltre 36mila da tutto il mondo - e che attualmente esibisce sulle pareti dello spazio le fotografie dei volti di alcune delle vittime della camorra.

Al posto dell'ex dimora di Mario Caterino - compagno fidato del boss Francesco "Sandokan" Schiavone - c'è invece la Nuova Cucina Organizzata, nome che, in acronimo, vorrebbe farsi beffe della NCO cutoliana, la Nuova Camorra Organizzata. Si tratta di un ristorante gestito dalla cooperativa sociale Onlus Agropoli, in cui lavorano persone con disabilità, con disturbi psichici, o che devono scontare pene alternative alla detenzione.

Casa don Diana (Silvia Malnati/VICE News)

Da NCO si possono gustare e acquistare prodotti tipici coltivati a km 0 e in modo etico. "Quando ci siamo trasferiti dalla vecchia sede di San Cipriano in questa struttura a Casal di Principe ci siamo scontrati con la diffidenza dei vicini," racconta Peppe Pagano, presidente della Onlus Agropoli. "È costato tempo, fatica e molta conoscenza reciproca prima di venire accettati come realtà del territorio."

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"Il cambiamento fa paura, è normale," aggiunge. "Proprio perché siamo abituati a logiche di corruzione totale viene sempre da chiedersi: 'Quali interessi ci saranno dietro?' anche quando si realizzano progetti come il nostro."

Foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale di NCO.

Altro esempio virtuoso è il centro sociale per ragazzi autistici "La Forza del Silenzio Onlus:" insediatosi nel 2010 all'interno di una bene confiscato alla famiglia Schiavone, rappresenta un polo d'eccellenza sul territorio che accoglie e assiste circa cento bambini e adolescenti affetti da autismo.

Le minacce

I tentativi di riscattare il territorio non sono stati indenni da minacce e ritorsioni. Nonostante si tratti sempre di gesti non eclatanti, sono diversi gli eventi spiacevoli che hanno fatto percepire alle varie associazioni di non essere benaccette.

Francesco Diana (Silvia Malnati/VICE News)

Prima del trasferimento della NCO a Casal di Principe, per esempio, la notte di capodanno del 2013 alcuni "sconosciuti" spararono quattro colpi di pistola contro la porta del locale. A questo si aggiungono gli atti vandalici sulla tomba di don Diana, gli incendi dolosi sui terreni confiscati destinati alle coltivazioni di prodotti etici, i fili elettrici tagliati e le caldaie rubate dai beni confiscati.

Ma niente di più, perché, come precisa Francesco Diana, "tutto sommato, alla camorra non conviene. Sanno che non siamo più soli e che se sgarrano avranno subito alle costole la magistratura e le forze dell'ordine."

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"Il motore del cambiamento è il lavoro"

Come afferma Francesco Diana, "dato che il primo motore della criminalità organizzata è il denaro, bisogna agire sull'economia per intaccare il sistema camorrista: opporre affiancare all'economia criminale quella sociale, promuovendo percorsi di responsabilità sociale e stimolando la cooperazione tra i giovani."

In questo contesto, diventa fondamentale offrire un'alternativa al crimine che promette - e spesso garantisce - soldi facili a fronte di uno sforzo talvolta anche minimo.

"Non dimentichiamoci che quello campano è un territorio economicamente depresso, e che in questo contesto è molto più facile che una persona senza altre fonti di sostentamento sia disposta a lavorare per la camorra," spiega Francesco.

Le scolaresche in visita alla Casa don Diana (Silvia Malnati/VICE News)

"Nello specifico, sono tante le aziende costrette a chiudere perché colluse con la mafia, però questo genera un altro problema: gli operai che restano a casa spesso diventano bocconi succulenti per chi vuole organizzare il malaffare."

"Noi, come società civile, ci stiamo dando da fare per creare un'alternativa, ma con un'azione strutturata dello Stato i risultati potrebbero essere ancora migliori," continua Francesco: è il caso, per esempio, di "Visiterre," un organizzazione di Casal di Principe che organizza itinerari di viaggio "responsabili" nei luoghi dell'anticamorra, attirando ogni anno visitatori da tutta Europa, in particolare le scolaresche tedesche.

"Vengono qui per studiare l'italiano," conclude Francesco. "Ma anche per approfondire il tema della resistenza alla criminalità, che è più sentito di quanto non si creda"

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