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Nel 2015 sono aumentate le accuse di abuso sessuale contro i dipendenti ONU

Un rapporto delle Nazioni Unite ha riscontrato un aumento del 25 per cento delle accuse di sfruttamento o abusi sessuali, e chiede che ci siano cambiamenti nel modo in cui i colpevoli vengono identificati e processati.
Un peacekeeper dell'ONU in piedi davanti alla folla a Bangui, Repubblica Centrafricana, il 28 Novembre 2015. (Photo di Daniel Dal Zennaro/EPA)

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Lo scorso anno le accuse di sfruttamento o abuso sessuale contro i dipendenti delle Nazioni Unite (ONU) sono aumentate del 25 per cento. Nel 2015, sono stati denunciati 99 episodi, rispetto agli 80 del 2015.

Stando a un nuovo rapporto dell'ONU, gran parte di queste accuse - 69 in tutto - hanno coinvolto personale di 10 missioni di peacekeeping. Il personale militare e di polizia accusato di reati sessuali e in servizio per le Nazioni Unite lavorava in 21 paesi diversi, soprattutto in Africa.

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Il rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon non specifica le nazionalità dei 30 dipendenti ONU accusati di abusi sessuali o sfruttamento che invece non lavoravano in missioni di peacekeeping.

Il rapporto, visionato da Reuters prima della pubblicazione, è stato scritto in risposta a una nuova politica per i peacekeeper dell'ONU, approvata dopo una serie di denunce di stupri e abusi sessuale che sarebbero stati compiuti da truppe stanziate nella Repubblica Centrafricana.

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Gran parte delle accuse hanno coinvolto sette peacekeeper originari della Repubblica Democratica del Congo, in servizio nella Repubblica Centrafricana. Varie accuse sono state mosse anche contro diversi paesi europei e il Canada.

Sono finiti sotto accusa militari e forze di polizia di Burundi, Germania, Ghana, Senegal, Madagascar, Rwanda, Repubblica del Congo, Burkina Faso, Cameroon, Tanzania, Slovacchia, Niger, Moldova, Togo, Sud Africa, Marocco, Benin, Nigeria e Gabon.

Oltre alla Repubblica Centrafricana, le accuse coinvolgono personale di stanza in missioni di peacekeeping ad Haiti, in Mali, Repubblica Democratica del Congo e Costa d'Avorio.

Il nuovo rapporto include delle raccomandazioni per gli stati membri, per aiutarli a rendere più semplice l'identificazione dei sospetti e a processarli.

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Il documento chiede all'Assemblea Generale dell'ONU e ai paesi che forniscono militari di permettere i processi nei paesi dove sono stati compiuti i reati, oltre alla creazione di un registro del DNA di tutti i peacekeeper.

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I gruppi a sostegno dei diritti umani affermano che uno dei problemi è che attualmente sta ai paesi che forniscono i militari processare i soldati che commettono abusi. Secondo gli attivisti, quando avvengono questi processi, spesso sono svolti in silenzio ed è difficile rimanere al corrente degli esiti e delle punizioni.

A dicembre, un gruppo di revisione indipendente ha accusato le Nazioni Unite e le sue agenzie di aver gestito male molte accuse di abusi sessuali su minori da parte di truppe straniere nella Repubblica Centrafricana tra il 2013 e il 2014. Il mese seguente, l'ONU ha dichiarato che stava indagando su alcune accuse di abuso sessuale su altre quattro ragazze minorenni nel paese.

Secondo ufficiali e diplomatici ONU, l'idea di condurre dei processi pubblici risulterebbe con molta probabilità impopolare tra i paesi ONU che forniscono militari, anche se suggeriscono che è un'idea che vale la pena approfondire come deterrente.


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