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UNICEF

Gli ultimi dati sulla mutilazione genitale femminile nel mondo sono scioccanti

Duecento milioni di donne e bambine in tutto il mondo, residenti in 30 paesi, sono vittime di mutilazioni genitali (MGF): è quanto emerge da uno scioccante rapporto presentato da Unicef.
Foto via Wikimedia

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Duecento milioni di donne e bambine in tutto il mondo, residenti in 30 paesi, sono vittime di mutilazioni genitali (MGF): è quanto emerge da uno scioccante rapporto presentato da Unicef in occasione della Giornata internazionale contro la mutilazione femminile.

I dati sono superiori a quelli dichiarati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che fissa il numero di donne e ragazze mutilate tra i 100 e i 140 milioni: cifre che, per quanto non concordanti, testimoniano in modo uniforme l'assoluta gravità del problema.

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Sempre secondo l'OMS, ogni anno tre milioni di ragazze subiscono questo tipo di barbarie solamente in Africa. Il problema, tuttavia, si estende oltre i confini del continente: il terzo paese con più mutilazioni è l'Indonesia, preceduta da Egitto ed Etiopia.

Anche in Italia il problema esiste: le vittime di MGF nel nostro paese, sempre secondo l'OMS, sarebbero 35mila.

A esserne colpite sono soprattutto bambine e adolescenti minori di 14 anni. Sempre in Indonesia, secondo i dati Unicef, circa la metà delle bambine con meno di 11 anni sono vittime di simili pratiche — ancora peggio va in Gambia, 56 per cento, e Mauritania, 54. I paesi con la più alta prevalenza tra le ragazze e le donne tra i 15 e i 49 anni sono Somalia (98 per cento), Guinea (97) e Gibuti (93%).

Il trend purtroppo è in crescita: nel 2015, infatti, sono state mutilate circa 70 milioni di donne e bambine in più rispetto all'anno precedente. Secondo il rapporto, "questo è dovuto alla crescita della popolazione in molti paesi" ma anche "ai dati rappresentativi a livello nazionale raccolti dal Governo dell'Indonesia."

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Tra i paesi africani più colpiti ci sono Egitto, Sudan, Mali, Kenya, Tanzania.

Emergono tuttavia anche alcuni timidi segnali positivi, citati nel report di Unicef dal titolo Female Genital Mutilation/Cutting: A Global Concern. Dal 2008 sono oltre 15.000 le comunità e i distretti in 20 paesi che hanno dichiarato di voler abbandonare la pratica delle MGF — 2.000 comunità nell'ultimo anno.

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In Kenya, Egitto, Burkina Faso e soprattutto Liberia, i tassi di diffusione della mutilazione genitale femminile tra le persone della fascia d'età 15-19 sono in sensibile diminuzione.

Nel 2012 l'ONU, con una risoluzione unanime, aveva messo al bando le mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo. Da 23 anni, poi, la legislazione internazionale per la difesa dei diritti umani considera la MGF come "una forma di violenza."

Amref Health Africa ha lanciato l'iniziativa "Stop the Cut", facendo un appello alla Sierra Leone che non ha ancora dichiarato illegali le mutilazioni genitali. Nel paese africano, il Ministro del Welfare e delle Pari Opportunità - riporta Amref - ha annunciato che la mutilazione genitale femminile è una pratica culturale supportata dal Governo e che dunque non sarà messa fuori legge.

Stop the Cut vuole promuovere l'introduzione di pratiche alternative alla mutilazione, che è tradizionalmente utilizzata come il segnale del passaggio all'età adulta. "Con le etnie dove la tradizione è più radicata ed identificare insieme a loro riti di passaggio alternativi che permettano il rispetto formale delle tradizioni che necessitano di un atto formale, per sancire il passaggio alla maturità dei giovani, eliminando del tutto la violenza delle mutilazioni," ha spiegato Tommy Simmons, fondatore della sezione italiana di Amref Health Africa.

"Molti Paesi hanno formalmente proibito la pratica delle mutilazioni delle ragazze," prosegue Simmons, "ma quando vanno ad incidere su usi e costumi tradizionali, molto radicati nell'identità stessa delle tribù, le leggi hanno un impatto molto moderato."

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Diverse iniziative sono previste in Italia a livello nazionale, durante la giornata del 6 febbraio — tra le più rilevanti, quella organizzata a Firenze dalla Regione Toscana e da una serie di associazioni attive a difesa dei diritti delle donne in Italia e nel mondo.

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Foto di MONUSCO Photos via Wikipedia in Creative Commons.