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Forse anche tu soffri di disturbo bipolare—almeno secondo il Manuale dei Disturbi Mentali

Abbiamo cercato di capire cosa c'è dietro il boom di diagnosi negli ultimi anni, e qual è lo scenario italiano.
Foto di Kristy Johnson/Flickr

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Joseph Biederman è uno dei più grandi sostenitori della diagnosi di disturbo bipolare nei bambini.

Professore di psichiatria alla Harvard University, è sin dagli anni novanta il punto di riferimento tra i detrattori della tesi che vede il bipolarismo come un fenomeno esclusivamente post-adolescenziale.

Secondo Biederman, la cura della patologia nei bambini deve avvenire nello stesso modo con cui viene seguita negli adulti. Sono numerosi infatti gli studi nei quali il professore sottolinea l'impatto positivo che l'utilizzo di psicofarmaci avrebbe sui bambini affetti da iperattività, ansia e deficit di attenzione—un mix di sintomi per lui identificabili come disturbo bipolare, a prescindere dall'età del paziente.

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In molti, però, hanno un approccio al tema discordante da quello di Biederman. Tanto i governi nazionali, quanto l'Organizzazione Mondiale della Sanità e la quasi totalità della letteratura scientifica, considerano il disturbo bipolare come una patologia che si presenta a partire dall'adolescenza.

"Il primo episodio del disturbo si sviluppa nella tarda adolescenza o nella prima età adulta (19-29 anni), per poi presentarsi più o meno frequentemente nel corso dell'intero arco di vita," si legge infatti sul sito del Ministero italiano della Salute.

Nel 2008 il senatore Chuck Grassley avviò un'indagine sull'operato di Biederman e di altri due suoi colleghi di Harvard, Timothy Wilens e Thomas Spencer—anche loro promotori dell'utilizzo di psicofarmaci nei bambini per la cura del disturbo bipolare.

Emerse che negli anni passati il trio aveva ricevuto larghe somme di denaro da parte di quelle stesse compagnie farmaceutiche che producevano i farmaci tanto esaltati, nei loro studi, per la cura del bipolarismo infantile, come ad esempio il Rispedal. E si parla di somme superiori al milione e mezzo di dollari, tenute nascoste dai diretti responsabili nelle rispettive dichiarazioni dei redditi.

Sempre in queste indagini, vennero allo scoperto alcune mail nelle quali si evinceva che la nota casa farmaceutica Johnson & Johnson "utilizzava le sue connessioni con il dottor Biederman per incrementare le vendite," come si legge in un articolo del New York Times del 2009. Biederman, i suoi colleghi e le case farmaceutiche coinvolte furono condannati a pesanti risarcimenti.

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Il fatto che nel 2007 il professor Biederman, con 217 paper e 6030 citazioni ottenute, si sia classificato secondo nella classifica dei "Most-cited researchers in Psychiatry and Psycology," dimostra che il tema del bipolarismo infantile e dell'utilizzo degli psicofarmaci nei bambini goda comunque di un certo seguito nella comunità psichiatrica tanto americana quanto internazionale.

In effetti, tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, negli Stati Uniti si è registrato un incremento del 4000 per cento nelle diagnosi di disturbo bipolare—con un picco dei casi in età infantile.

Secondo molti esperti del settore, gran parte delle diagnosi sarebbero dei falsi positivi. Ecco perché nel mondo della psichiatria statunitense è sempre più frequente sentire parlare di epidemia di falsi bipolari. Un concetto, questo, a cui anche l'Italia è esposta.

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"Le diagnosi a un certo punto acquistano un certo consenso e tendono ad essere attribuite in modo eccessivo," spiega a VICE News Alessandro Salvini, direttore dell'Istituto di Psicoterapia Interazionista di Padova. "Si tende a riportare l'ignoto e la variabilità personale al già noto. Il quale, per una sorta di categorizzazione riduttiva, finisce per convergere intorno a parole chiave che un certo gruppo professionale tende a privilegiare."

Stando al professore, a favorire questo atteggiamento sarebbe stato il DSM, la sigla con il quale è noto il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali.

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Nato nel 1952 per mano dell'American Psychiatric Association, si tratta di una vera e propria enciclopedia di psicopatologia nella quale vengono riportati e descritti centinaia di disturbi. Arrivato oggi alla sua quinta versione, è il primo tra i manuali usati dai professionisti dell'igiene mentale a livello internazionale.

"Ogni edizione aumenta lo spettro dei disturbi mentali ed ormai sfogliandolo nessuno potrebbe essere esente da un qualche attributo patologico," continua Salvini. "Secondo il nuovo DSM siamo tutti colpiti da un qualche disturbo."

Quella del professor Salvini è tutt'altro che una voce solitaria in un coro di consenso. Il DSM in sé - ed ancor di più la sua ultima versione - è stata travolta in effetti da un'offensiva di critiche e polemiche da parte di molti degli operatori della salute mentale mondiale.

"La sua debolezza è la mancanza di validità. Le diagnosi del DSM si basano sul consenso su gruppi di sintomi clinici e non su analisi oggettive di laboratorio" ha dichiarato di recente Thomas Insel, direttore del National Institute of Mental Health—la principale istituzione pubblica statunitense di ricerca nel campo psichiatrico.

Uno dei capitoli più deboli del nuovo DSM sarebbe proprio quello relativo al disturbo bipolare. Di edizione in edizione si è arrivati ad un abbassamento drastico della soglia per la diagnosi della patologia, fino ad arrivare a considerare colpito dal disturbo chi presentasse anche soli tre dei sintomi dell'ampio spettro del bipolarismo—allo stesso modo di chi ne registrasse, ad esempio, sette.

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Il periodo temporale per la diagnosi del disturbo è stato anch'esso notevolmente ridotto, passando dall'ordine dei mesi a quello dei pochi giorni. Questo ha senza dubbio favorito il 'boom di bipolarismo' degli ultimi anni, tanto negli Stati Uniti quanto nel resto del mondo.

Allen Francis è professore alla Duke University e ha contribuito alla realizzazione del DSM-4, nel 1993. Oggi è una delle voci più critiche nei confronti del manuale, da lui considerato uno strumento pericoloso e ricco errori, sopratutto per quanto riguarda le diagnosi di disturbo bipolare infantile.

"I bambini che hanno semplici scatti d'ira vengono subiti etichettati come bipolari" racconta al New Scientist, sottolineando come di conseguenza vengano prescritti psicofarmaci per il bipolarismo a soggetti che toccano solo superficialmente i sintomi della patologia. Con spiacevoli conseguenze sul loro status psico-fisico.

Un esempio è quello di Rebecca Riley, una bambina di quattro anni uccisa da un cocktail di psicofarmaci prescritti per la cura del disturbo bipolare. Il suo medico era un sostenitore delle ricerche del professor. Biederman e le aveva diagnosticato la patologia quando Rebecca aveva solo due anni. Come dimostrò l'autopsia, il suo corpo non riuscì a sopportare nel tempo una simile quantità di medicinali.

Solo nel 2007 negli Stati Uniti sono stati prescritti psicofarmaci per la cura del disturbo bipolare a 500mila bambini, di cui 20mila con meno di sei anni.

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E sebbene Italia non esistano dati del genere, il problema inizia a farsi sentire.

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"Il DSM in Italia è stato purtroppo preso come il vangelo," racconta a VICE News il professor Salvini. Questo perché ha 'aiutato' l'operatore di igiene mentale meno preparato a trovare - in qualche modo - tutte le risposte per classificare il mondo.

"Il professionista, trovandosi davanti all'ignoto, affronta il problema sulla base di quello che gli viene detto essere risultato della ricerca scientifica," continua Salvini, "e prende la comoda scorciatoia del farmaco: in dieci minuti viene fatta la diagnosi, si scrive la ricetta e viene risolto il problema."

Secondo Eugenio Borgna, primario di psichiatria dell'Ospedale Maggiore di Novara, "la diagnosi non può essere considerata nella sua ghiacciata e impersonale dimensione categoriale," motivo per cui critica l'approccio descrittivo del DSM.

Gli fa eco André Haynal, ordinario di psichiatria all'Università di Ginevra, che sottolinea come le diverse edizioni del DSM tendano ad aumentare vertiginosamente il numero delle diagnosi e delle categorie diagnostiche, inventando senza serie prove scientifiche nuove malattie.

Abbiamo chiesto al prof. Salvini se un approccio come quello del DSM - indirizzato verso l'allargamento progressivo dello spettro dei disturbi e sulla promozione di una cultura dello psicofarmaco - possa essere dettato da interessi di carattere economico.

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"C'è indubbiamente un'influenza - un po' formativa e un po' culturale - dell'industria farmaceutica, che tende a privilegiare la cura dei problemi attraverso quella che poi è la sua attività industriale" spiega lo psicologo, che sottolinea come esista una sorta di pressione sottile - da parte di queste aziende - per l'affermazione di una cultura professionale in linea con i loro interessi.

Se questa è una realtà molto forte negli Stati Uniti, come conferma il caso del professor Bierdeman e dei suoi due colleghi di Harvard, in Italia si sta cercando di mantenere alla larga il problema—soprattutto quello dell'epidemia di falsi bipolari, considerato uno dei principali lasciti del DSM.

Il senatore di Area Popolare Antonio Gentile, segretario dell'ufficio di presidenza del Senato della Repubblica, ha posto la questione sotto i riflettori della politica nel dicembre del 2015, quando attraverso una nota indirizzata al presidente della Sopsi ha parlato di "un rischio di epidemia di falsi bipolari anche in Italia"—mettendo in guardia da un utilizzo sfrenato e religioso dei dogmi del DSM-5.

"In Italia sono stati fatti vari convegni in cui autorevoli personaggi della scena psichiatrica nazionale si sono risentiti e hanno mostrato il loro dissenso dal manuale" spiega a VICE News il prof. Salvini. "Il problema è che non abbiamo quella forza politico-culturale che invece il DSM, per varie ragioni, è riuscito ad organizzare intorno a sé anche attraverso il suo potere editoriale."

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In effetti il DSM non è l'unica enciclopedia di psicopatologia esistente al mondo. Al contrario, ne esistono molte altre, come il manuale ICD dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Qui, ad esempio, la soglia per la valutazione del disturbo bipolare viene mantenuta molto più alta, con la conseguente riduzione delle diagnosi e delle prescrizioni di psicofarmaci.

"Questi altri sistemi diagnostici hanno avuto meno successo perché sono più complessi e basati su una diagnosi strutturale e non meramente descrittiva della patologia" conclude Salvini. "Inoltre, non hanno dietro un'industria editoriale particolarmente attiva e aggressiva."

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Se comunque l'eventuale collusione tra gli autori del manuale e le case farmaceutiche resta tutta da dimostrare, quello che resta innegabile è il mercato che ogni nuova edizione del DSM genera attorno a sé.

Nel 2013, anno di uscita della quinta edizione, il libro si è classificato dodicesimo nella speciale classifica dei best seller di Amazon. Venduto al prezzo di 199 dollari, il DSM ha portato fino ad ora un profitto medio annuo di 5 milioni di dollari, per una vendita media che gira attorno al milione di copie all'anno.

Ecco perché c'è chi ha già coniato l'espressione Business della tristezza, un riferimento pungente alla tendenza del manuale a patologizzare ogni aspetto della nostra vita - tristezza compresa - per favorire un incremento delle diagnosi, e dunque del consumo di psicofarmaci.


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Foto di Kristy Johnson via Flickr