Storia di Maria Swanenburg, Goeie Mie, serial killer
Maria Swanenburg, "La Buona Mie". A sinistra: foto di Swanenburg in prigione. A destra: litografia di un gruppo di uomini che riesumano cadaveri in un cimitero. Tutte le foto per gentile concessione di Stefan Glasbergen.
Cultura

La storia della 'Buona Maria', la serial killer più spietata d’Olanda

Maria “Goeie Mie” Swanenburg ha avvelenato almeno 65 persone, 23 delle quali sono morte. Ma la sua è anche una storia di povertà e malessere sociale.
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

A dicembre del 1883 Hendrik Frankhuizen, abitante di un poverissimo quartiere di Leida, in Olanda, si recò dal dottore dopo aver passato svariati giorni in preda a un dolore lancinante. Il figlio appena nato e la moglie erano già deceduti tra attacchi incessanti di diarrea e vomito. La morte di una madre e di un figlio non era così rara a quei tempi, specialmente dove risiedeva la famiglia Frankhuizen, un quartiere in cui di tanto in tanto il colera—che provoca sintomi simili—soleva riemergere dalle fogne come un mostro.

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Frankhuizen si sentiva male come sua moglie e suo figlio, ma riuscì a raggiungere un medico. Il dottor Wijnand Rutgers van der Loeff riconobbe subito i sintomi: pochi giorni prima, aveva avuto un altro paziente che viveva nella stessa via di Frankhuizen. Un sospetto si insinuò in Rutgers van der Loeff: qualcuno stava avvelenando gli abitanti del quartiere?

Sfortunatamente, Frankhuizen non poté essere salvato: morì 11 giorni dopo mentre era ricoverato in ospedale. Ma il suo caso fece partire un’indagine della polizia, che trovò rapidamente una potenziale, seppur improbabile, sospetta: la 44enne Maria Catharina Swanenburg, conosciuta dagli abitanti del luogo come “Goeie Mie” (La Buona Maria) per la sua natura premurosa e affidabile. Swanenburg era anche la cognata di Frankhuizen.

Dopo che Swanenburg fu dichiarata principale indagata, altri vicini si fecero avanti con storie di diverse famiglie che avevano avuto contatti con lei e i cui membri erano morti all’improvviso, uno dopo l’altro. In tutto, Swanenburg fu condannata per l’omicidio di 23 persone, ma si sospetta che ne abbia uccise più di 100.

Lo storico Stefan Glasbergen ha raccontato la storia di Maria Swanenburg nel libro Goeie Mie. Biografie van een Seriemoordenares (La Buona Maria. Biografia di una serial killer, pubblicato in lingua olandese nel 2019). “C’è molto da imparare guardando la sua epoca attraverso i suoi occhi,” ha detto Glasbergen.

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Maria Swanenburg, Goeie Mie serial killer

La storia di Swanenburg è iniziata il 9 settembre 1839 nella città di Leiden. Nata da una famiglia povera con molti bambini, alcuni dei quali morti giovanissimi di colera, viveva in una piccola casa cantoniera con i suoi 11 famigliari.  

“C’era un piccolo ingresso, dove dormivano i genitori,” ha spiegato Glasbergen. “Dietro c’era una piccola cucina, ma spesso cucinavano fuori. I bambini dormivano al primo piano, appena sotto il tetto. I muri e il tetto non erano coibentati. Quando pioveva, ci si bagnava. Quando soffiava il vento, lo si sentiva.”

Il padre di Swanenburg aveva difficoltà a tenere un lavoro, quindi la famiglia aveva sempre problemi. Quando lei aveva 12 anni, saltarono troppi affitti e persero la casa. Si trasferirono nella Singelstraat, un quartiere duro che ospitava i lavoratori più poveri della città. “I vicini che poi fecero da testimoni al processo dissero che le ragazze non uscivano praticamente mai,” ha detto Glasbergen. “Lavoravano a maglia tutto il giorno per produrre vestiti da vendere.” Era perfettamente normale a quei tempi, ha aggiunto.

A causa di queste circostanze, Swanenburg probabilmente frequentò a malapena le scuole. “Sappiamo, per esempio, che non sapeva scrivere, perché firmò con una X il suo certificato di matrimonio,” ha detto Glasbergen. Quando aveva 28 anni, Swanenburg sposò il padre dei suoi figli, che erano nati prima del matrimonio. Più avanti, questo aspetto della sua vita diventò oggetto di maldicenze e pettegolezzi.  

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“Siccome aveva avuto dei figli prima del matrimonio, fu etichettata come sessualmente promiscua,” ha detto Glasbergen. “Ma non esistono prove di ciò. È solo che, visto quanto accaduto poi, la gente dava per scontato che fosse ‘una poco di buono’ anche in altri ambiti.” È anche difficile capire che rapporto corresse tra Swanenburg e suo marito. Lui prestò testimonianza al processo, ma i verbali andarono perduti in un incendio. “Non c’è motivo per credere che non ci fosse affetto tra i due,” ha concluso Glasbergen.

Poco dopo essersi sposata, due dei suoi figli morirono. Più avanti fu accusata di averli avvelenati, ma stando alle ricerche di Glasbergen probabilmente furono anche loro vittime del colera. “Qualunque cosa Maria cercasse di fare, non era in grado di sfuggire alla miseria che la perseguitava da quando era una bambina,” ha aggiunto Glasbergen. Dopo la loro morte, Swanenburg scivolò nell’alcolismo. Poco tempo dopo, cominciò ad avvelenare la gente.

Maria Swanenburg, Goeie Mie serial killer

‘De Leidsche Gifmengster’ (L'avvelenatrice di Leiden) di Roelof Raar. 1885.

All’inizio, gli omicidi di Swanenburg avevano un movente economico. A volte faceva in modo di farsi nominare nel testamento di una persona prima di ammazzarla. Uccise anche suoi creditori. Ma il modo principale che aveva per guadagnare dai delitti era stipulando un’assicurazione per il funerale sulle sue vittime, che ai tempi era ad appannaggio di chiunque fosse disposto a pagare il premio, non solo dei famigliari.

Questo tipo di assicurazione era molto diffuso tra le famiglie povere che non potevano permettersi di pagare una sepoltura di tasca propria. A quei tempi, era anche possibile stipulare diverse assicurazioni per la stessa persona. La prima avrebbe coperto le spese per il funerale, mentre la seconda e addirittura la terza assicurazione potevano venire usate per coprire la parte di reddito della persona defunta. Questi erano i soldi che Swanenburg si intascava.

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“A quei tempi era molto più comune darsi una mano tra vicini e Maria era molto rispettata,” ha detto Glasbergen. “Se ti serviva una persona che ti tenesse i figli per un pomeriggio o ti facesse il bucato, potevi andare da Goeie Mie.” Di conseguenza, Swanenburg si trovava spesso nelle case dei vicini, cosa che le permetteva di guadagnarsi la fiducia delle vittime e avvelenarle al riparo da occhi indiscreti. Il suo metodo era semplicemente aggiungere arsenico—che era largamente in uso come pesticida—al cibo e alle bevande delle vittime.

L’arsenico è una sostanza estremamente tossica: se ingerito, provoca grave diarrea, che può portare a livelli letali di disidratazione. Quando l’arsenico entra nel flusso sanguigno, danneggia anche gli organi. Una volta raggiunto il cervello, la vittima viene assalita da un mal di testa lancinante e ipersensibilità alla luce. Alla fine, il cuore e i reni smettono di funzionare. “È una morte molto dolorosa,” ha detto Glasbergen. “Le testimonianze oculari di chi ha visto i propri parenti morire sono davvero spaventose.”

Maria Swanenburg, Goeie Mie serial killer

L'arresto di Goeie Mie, da una litografia di Roelof Raar. 1885.

Anche se i primi omicidi furono commessi per migliorare la sua situazione economica, a un certo punto uccidere diventò un’ossessione per Swanenburg. Una volta, dopo aver assassinato due sorelle a cui faceva da babysitter, avvelenò anche il caffè che offrì ai parenti durante la veglia funebre. “Erano sei persone, tra cui la madre incinta delle due sorelline. Quella volta, sopravvissero tutti,” ha raccontato Glasbergen.

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Ma se ovunque andava la gente si sentiva male e moriva, come mai nessuno lanciò l’allarme? “Gli abitanti di quel quartiere erano abituati alla morte—capitava spesso che i bambini morissero e c’erano molte epidemia, anche perché la città era priva di un sistema fognario,” ha detto Glasbergen. “In pochissimi raggiungevano un’età avanzata.” Inoltre, la popolazione povera spesso non poteva permettersi una visita medica. E anche se chiamavano, molte volte i dottori non si presentavano. Ecco perché, per un po’, nessuno sapeva di che cosa fossero morte tutte quelle persone. Fu Hendrik Frankhuizen a cambiare le cose.

Maria Swanenburg, Goeie Mie serial killer

La riesumazione dei corpi, di Roelof Raar. 1885.

Dopo che Swanenburg fu arrestata, la polizia trovò svariate polizze di assicurazione a suo nome e s’insospettì. Interrogarono diverse persone che avevano avuto a che fare con lei e in seguito avevano perso qualche parente, e riesumarono i corpi per esaminarli e cercare tracce di arsenico, che furono rilevate in decine di cadaveri. Alla fine, fu stabilito che avesse avvelenato circa 65 conoscenti, 23 dei quali morirono, anche se la lista delle sue presunte vittime è molto più lunga.

Questo andava in netto contrasto con l’immagine che si era costruita nel quartiere, tanto che al momento dell’arresto i vicini protestarono contro la polizia. “Una volta che le sue malefatte furono rese pubbliche, però, tutti avevano qualcosa da dire su di lei,” ha proseguito Glasbergen. “Gli articoli di giornale emanavano un forte senso di disgusto, ma anche un tono stranamente sensazionalistico.” La piccola casa in cui lei e la sua famiglia avevano abitato divenne un’attrazione. “C’era addirittura una targa fuori,” ha aggiunto Glasbergen.

E suo marito? Pare che se la sia cavata. “Fu arrestato, ma liberato poco dopo,” ha detto Glasbergen. “I media lo dipinsero come la vittima di una folle.” Resta tuttora poco chiaro quanto lui sapesse, specialmente visto che ci furono numerosi tentati avvelenamenti e morti nella sua stessa famiglia, e Maria raggranellava diversi assegni annuali grazie a quelle polizze assicurative. “Come avrebbe fatto a non accorgersene?” si è domandato Glasbergen.

Maria Swanenburg, Goeie Mie serial killer

Goeie Mie al processo, di Victor de Stuers. 1885.

L’arresto di Swanenburg fece grande scalpore. Le norme che regolavano la vendita dell’arsenico furono emendate e molti giornalisti e intellettuali chiesero a gran voce il ritorno della pena di morte apposta per lei. Swanenburg finì per morire in carcere nel 1915, dopo 20 anni di reclusione.

Ma per Glasbergen la parte più interessante della storia di Swanenburg è quanto ci racconta dell’oppressione sociale urbana nei Paesi Bassi di fine XIX secolo. “Ogni stereotipo su quel periodo storico—malattie, povertà, disuguaglianza—compare nella sua storia,” ha riflettuto. “Lei fece delle scelte radicalmente sbagliate, naturalmente. Ma non posso fare a meno di chiedermi: ‘Avrebbe fatto lo stesso al giorno d’oggi, con ammortizzatori sociali molto più efficienti?’ Sinceramente, non credo proprio.”