melevisione interviste racconti
Immagine via Rai. 
Cultura

Racconti inediti sulla Melevisione da chi ci ha lavorato

Lupo Lucio, Fata Lina e due autori raccontano il mondo prima, durante e dopo la TV dei ragazzi degli anni Duemila.
dietro le quinte serie tv
Cosa succede davanti e dietro la tv, spiegato da chi la fa.

Sono veramente poche le persone cresciute a inizio anni Duemila in Italia a non avere ricordi legati alla Melevisione, il programma per bambini andato in onda dal 1999 al 2015 nella fascia oraria della TV dei ragazzi. I suoi spettatori continuano a coltivare questo ricordo ancora oggi, con pagine nostalgiche e talvolta dissacranti a tema Tonio Cartonio (dal 2003 sostituito da Milo Cotogno) e personaggi delle fiabe troppo cresciuti. 

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Il contenuto delle puntate della Melevisione era piuttosto incredibile: spaziava dall’alimentazione all’educazione civica, passando per la morte e l’abuso sessuale, che venivano spiegati ai bambini attraverso un linguaggio fatto su misura per loro, scandito da canzoni e filastrocche.

In mezzo erano trasmesse puntate di cartoni animati come Tre gemelle e una strega e uno con degli utensili da cucina parlanti di cui non ricordo il nome. Nel 2011 il programma è poi passato a una seconda fase, da Rai3 su Rai Yoyo, con budget e minutaggio ridotti che riflettevano il crollo della sua popolarità, fino ad interrompersi nel 2015, dopo oltre duemila puntate andate in onda. 

L’interruzione della Melevisione ha segnato la fine di un modo preciso di fare televisione per i più piccoli, basato su un ritmo lento, intenti pedagogici e atmosfere sublimate. “A chi dice che la Melevisione era buonista rispondo che ha ragione,” dice Venceslao Cembalo, ex autore del programma, spiegando come quel “buonismo” possa essere inteso come un approccio etico alla realtà, che ha lasciato spazio a una televisione “tarata sull’umorismo di quarantenni cinici.”

Per parlarne, ho contattato anche Bruno Tognolini (autore), Paola D’Arienzo (Fata Lina) e Guido Ruffa (Lupo Lucio). Di seguito, trovate le nostre chiacchiere condensate. 

VICE: Ciao, ammetto che siete un po’ la parte della mia infanzia fatta di pomeriggi davanti la tv. Mi raccontereste come siete entrati in contatto e come ha avuto inizio la Melevisione?
Bruno Tognolini, autore:
Inizialmente era un programma contenitore di cartoni, a cui lavoravamo io e Mela Cecchi, due ex autori dell’Albero Azzurro. Dopo Mela Cecchi  ha avuto l’idea di usare la scenografia di un bosco che avevano in RAI, trasformandolo in un luogo di ritrovo per personaggi delle fiabe. 
Venceslao Cembalo, autore: Le prime puntate le hanno scritte Bruno e Mela, dopo hanno coinvolto altre tre persone, tra cui io, che non sapevo da dove iniziare con la scrittura per bambini. Con un foglio Excel venivano abbinati i personaggi e assegnate le puntate, in modo casuale, ad ogni autore. Che doveva scrivere due puntate a settimana contenenti una “manualità”—un momento dove il bambino a casa e Tonio/Milo potevano costruire insieme qualcosa—e una canzone. 
Guido Ruffa, Lupo Lucio: Ho iniziato nelle puntate pilota dando la voce a Radio Gufo [la radio a forma di gufo che accompagnava la conduzione di Tonio e successivamente di Milo], poi mi hanno chiesto di fare anche il lupo: sono portato per le bestie! All’inizio era dura, perché passavo circa due ore tra trucco e parrucco, poi mi sono abituato.
Paola D’Arienzo, Fata Lina: Per me è stato il destino. Inizialmente ho detto di no, poi ho accettato il ruolo della fata perché dovevo finire a Torino, dove giravamo, la terapia al braccio dopo un incidente.

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Potete parlarmi dello sviluppo di una puntata e di una giornata tipo di riprese? 
Bruno
: In genere passava un mese tra la consegna del copione e la data in cui andava in onda la puntata. Dalle riprese noi eravamo avulsi, un po’ per timidezza un po’ per preservarci dal “vero mondo” della RAI, che era distante dal nostro. Quando ci andavamo, tutti insieme come una scolaresca, vedevamo la trasformazione che avveniva da ciò che scrivevamo alla puntata finita. 
Venceslao: In studio usavamo uno stile completamente nuovo per l’epoca, fatto di costumi ed oggetti di scena stilizzati, che potevano essere riprodotti a casa dai bambini stessi. All’inizio era tutto velocissimo e dovevo adattarmi in fretta, altrimenti sarei stato cacciato. Il mio primo copione aveva 46 osservazioni su 23 pagine! Bruno mi disse: “non pensavo ci fossero regole per la scrittura per i bambini, ma ci sono e le hai infrante tutte!”
Guido: Solitamente si iniziava alle 13 e si finiva la sera, in una giornata registravamo l’intera puntata. Era una delle pochissime trasmissioni in cui noi attori dovevamo sapere tutto a memoria. In studio il gobbo era proibito e c’era una persona che controllava che sapessimo tutte le battute.
Paola: Ricordo che il mio primo giorno di riprese fu davvero faticoso. Dovevamo girare l’arrivo della fata, il mio personaggio. Dopo aver registrato la canzone, imparammo la coreografia in studio per poi ballare tutti insieme mentre cantavamo in playback. Avevamo un gruppo di persone che si dedicavano interamente a noi, curando ogni minimo dettaglio.

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Spesso a reggere un episodio c’era un tema specifico, a volte davvero molto delicato. Penso all’abuso sessuale o alla morte. Come maneggiavate e plasmavate temi così per un target da bollino verde?
Bruno
: Ho sempre detto che ai bambini si può raccontare quasi tutto. Tutto, tranne la disperazione. Le fiabe hanno il compito di prospettare ai bambini la possibilità di destini terribili sotto la maschera della narrazione.
Venceslao: Non tutto riusciva o passava però. Per esempio, una volta non approvammo una scaletta, riguardava le armi. Bruno voleva parlare della regolamentazione, rifiutandosi però di semplificare troppo la realtà. “Se non ci credono una volta non ci crederanno più,” diceva. Penso che se fai sul serio ci sono degli argomenti di cui non puoi parlare in 23 minuti.
Guido: Nel mio caso, parlare di temi di un certo peso era paradossalmente più semplice perché non potevamo assolutamente sbagliare. Dovevo ripetere parola per parola tutto quello che avevano scritto gli autori sul copione, senza cambiare una virgola. Ricordo che in una puntata parlavamo della morte di Lupo Lucio e, attraverso il personaggio, anche le cose tristi assumevano leggerezza.
Paola: Nella puntata “Il Segreto di Fata Lina” si diceva che avesse ricevuto delle “attenzioni sbagliate”: quell’espressione era stata studiata dagli autori con l’aiuto di psicoterapeuti, per dare delle chiavi di comprensione e risoluzione ai bambini.

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Quali sono i personaggi a cui siete affezionati di più?
Bruno
: Con alcuni personaggi mi veniva meravigliosamente scrivere, come Tonio e Milo, perché il folletto conduttore aveva un’attitudine al dialogo da “occhi negli occhi.” Anche la Gnoma Linfa e Re Quercia sono tra i miei preferiti, perché interpretavano bene le filastrocche. Con altri mi veniva più difficoltoso il linguaggio—ad esempio con Lupo Lucio, perché masticava via le parole, come faceva un po’ con tutto, che era anche il suo pregio.
Venceslao: Senza ombra di dubbio Tonio Cartonio. Il personaggio interpretato da Danilo Bertazzi ha rappresentato un ruolo di riferimento genitoriale. Ha recitato le parole che ho scritto per 13 anni. Tramite lui cercavo di dire ciò che avrei voluto spiegare a mio figlio.
Guido: Il mio personaggio! Il lupo lo consideravo alla stregua di un bambino piccolo che deve mettere le mani dappertutto per scoprire il mondo. Molti degli intercalari—come Mammalupa!—me li sono inventati in studio. Erano un modo per prendere tempo mentre cercavo di ricordare le battute, che gli autori hanno deciso di tenere.
Paola: Mi accodo. Direi che i personaggi lupo sono stati i miei preferiti, perché i cattivi hanno un carisma tutto loro, mentre i buoni senza se e senza ma sono noiosi. Per il mio personaggio mi sono basata su mio nipote, che all’epoca era il candore in persona, ma anche un po' pasticcione come tutti i bambini.

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Cosa ricordate ancora con piacere di quel periodo?
Venceslao:
Mi colpì molto una puntata scritta da Bruno, che si basava sul rovesciamento tra il mondo reale e quello fantastico. Lupo Lucio viveva un momento di crisi perché Lupo Fulvio gli aveva detto che non c’era nulla al di là del Fantabosco, che il mondo dei bambini era tutta un’invenzione di Tonio. Alla fine Tonio chiedeva al bambino a casa di gridare, per convincere Lupo Lucio, ed è emozionante pensare a quanti bambini lo abbiano fatto per davvero.
Guido: Di quel periodo ricordo che provavo gioia nell’andare a lavoro, perché trovavo tanti colleghi, cioè amici. Mentre sedevo al trucco ripassavo le battute insieme agli altri attori, con tutti che ci mettevano le mani in faccia e ci dicevano di stare fermi e zitti di continuo.
Paola: Ci sono tante cose che ricordo con piacere: molti degli errori e strafalcioni, anche un po’ di cristoni che tiravamo durante il girato. Spesso avevamo dei copioni esilaranti, come quella volta che Milo e Giglio a causa di un incantesimo non potevano dire le vocali… ti lascio immaginare quante volte si fermassero per ridere. Noi siamo in possesso del “Blob” della Melevisione, che ogni anno viene proiettato alla reunion del programma… un giorno magari lo vedrete anche voi.

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Come misuravate l’indice di gradimento dei personaggi e del pubblico?Bruno: Il feedback ci veniva dato tramite sondaggi Auditel, che misuravano la quantità degli ascolti. All’inizio erano molto alti, perché eravamo quasi gli unici in quella fascia oraria. Mentre la qualità la misuravamo in base agli spettacoli che facevamo d’estate e attraverso le molte lettere che ricevevamo, spesso positive. [Solitamente d’estate una parte del cast, composto da quattro o cinque personaggi, andava in giro per l’Italia con un tour teatrale, inizialmente gratuito per il pubblico, dove venivano inscenati dei copioni semplificati.]
Venceslao: Se una puntata incentrata su certi personaggi andava un po’ meno bene non ci importava. Non abbiamo mai cassato dei personaggi basandoci sugli ascolti, sarebbe stato un errore. L’importante era preservare l’integrità del programma. 

Cosa è successo quando il programma è passato su Rai Yoyo nel 2011?Bruno: L’aspettativa di vita di un programma dipende dalle condizioni interne ed esterne. Sono andato via [nel 2011] quando ero ancora molto orgoglioso di quello che avevo fatto e prima che cominciasse la china discendente, fatta da meno personaggi, meno scene e minuti in meno.
Venceslao: Non ho guardato più puntate dopo che ho smesso di lavorare per il programma [nel 2012], quando è passata su RAI Yoyo, perché non lo trovavo più un prodotto nostro.

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A essere onesta anche io, forse anche perché ero già cresciuta, non ho più granché seguito dopo il cambio. In ogni caso nella mia testa ho un gran ricordo della Melevisione. Per dire: litigavo sempre con chi era team Bim bum bam. A detta vostra, qual è stato quindi l’impatto culturale della Melevisione?
Guido
: Non facevamo solo una trasmissione. Siamo entrati nelle case delle persone raccontando delle fiabe, risultando più credibili di qualsiasi altra trasmissione di adesso [ride]… l’ho detta grossa.
Bruno: È difficile misurare l’eredità del programma presso voi spettatori, ma esiste un’eredità verso i futuri narratori, che possono credere di poter creare una televisione per bambini migliore. La Melevisione dimostra che se è accaduto, può ancora accadere.
Paola: Per una contingenza di eventi, in quegli anni non c’era molta offerta per i ragazzi, che si affidavano a un momento preciso per guardare la televisione. Adesso non è più così, perché c’è tantissima offerta a ogni orario e le nuove produzioni sono molto caotiche. La Melevisione era un mondo più ordinato e calmo, dove potevate ascoltare una storia e affezionarvi ai personaggi.
Venceslao: L’impatto è stato forte e lo dimostra il fatto che continuate ad intervistarci. 

Qual è la reazione oggi quando scoprono che avete lavorato nella Melevisione?
Paola
: Quando mi fermano mi dicono, “Sei la mia infanzia!,” e questo mi colpisce sempre molto. Di recente ero sul set di un film e quando la protagonista mi ha riconosciuta ha iniziato a piangere per l’emozione.
Guido: I ragazzi mi dicono: “Sei tu! mi piacevi tantissimo, mi facevi anche un po’ paura!” Invece i genitori: “Ah, quante volte hai tenuto bravi i miei figli!” Ancora adesso non me ne capacito.
Bruno: Da quando il programma è finito sto incontrando tanti ragazzi sulla ventina che mi dicono che li abbiamo cresciuti noi.

Com’è cambiata la vostra vita dopo il programma?
Bruno
: Dopo il programma ho continuato a fare quello che sapevo fare: lo scrittore. Ho scritto libri per bambini e per grandi, come romanzi e libri di poesie. Bisogna raccontarsi la propria vita e raccontarla agli altri, altrimenti non ti succede niente.
Venceslao: Insegno “Teoria e metodo dei mass media” e “Storia e Teoria dei nuovi media” all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Guido: Ho recitato in Melevisione fino al 2015 e continuato con gli spettacoli teatrali fino al 2017. Dopo, mi sono buttato a capofitto in tournée e la mia fortuna sono state quelle due ore di trucco che mi rendevano meno riconoscibile. Se potessi tornare indietro nel tempo, rifarei tutti quei 20 anni, facendo più attenzione a capirne l’importanza.
Paola: Dopo la fine del programma nel 2015 c’è stato un po’ di vuoto: era cambiato tutto il settore—i cachet, la competizione, la distribuzione degli spettacoli—ma non me ne ero accorta, presa dalla maternità. Ora ho aperto una piccola bottega creativa e sto recitando in una nuova produzione RAI, Calzino, che ha lo stesso gusto della Melevisione.

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