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Il “caso Gorino” di cui non hai ancora sentito parlare

L'episodio che ha portato centinaia di persone a respingere l'arrivo dei migranti sta facendo scuola: in Sardegna si è arrivati a far scoppiare un ordigno rudimentale.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Grab da La7 via YouTube

Subito dopo le barricate a Gorino, che avevano impedito l'arrivo di dodici donne nel paesino in provincia di Ferrara, il ministro dell'Interno Angelino Alfano si era affrettato a sottolineare che quanto avvenuto non era da considerare "un precedente."

"Sono state circostanze specifiche ad aver determinato la scelta" di non portare le migranti nell'ostello requisito dalla prefettura, aveva detto Alfano. "La presenza di donne, di cui una incinta, ha consigliato di individuare altre soluzioni e a non trasformare in una questione di principio un fatto che era di pura gestione di quel momento."

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Il prefetto di Ferrara Michele Tortora, tuttavia, era convinto del contrario: la rivolta di metà del paese ha effettivamente creato un "precedente inquietante" —o quantomeno ha sdoganato una modalità d'azione replicabile in altre situazioni. Cosa che, a ben vedere, è stata tentata (più o meno con successo) in diverse parti d'Italia dalla fine di ottobre a oggi.

A Ficarolo, un piccolo paese in provincia di Rovigo, il possibile arrivo di un gruppo di migranti in un hotel gestito da un privato - che inizialmente aveva dato la sua disponibilità ad accoglierli - aveva scatenato la reazione di una parte della cittadinanza.

Nicola "Naomo" Lodi, il responsabile sicurezza della Lega Nord di Ferrara già protagonista dei fatti di Gorino, era stato infatti contattato dagli abitanti per "guidare" la mobilitazione. "La macchina organizzativa è già in moto, ma vista la contestazione speriamo in un immediato dietrofront," aveva dichiarato a Estense.com. Il sindaco leghista di Rovigo, Massimo Bergamin, aveva invece scritto su Facebook: "Occupiamo noi l'albergo prima che arrivino i clandestini: 10, 100, 1000 Gorino."

Il 16 novembre il titolare dell'albergo – che aveva promesso di "incatenarsi al cancello" pur di impedire l'arrivo dei migranti – ha dovuto cedere, e le forze dell'ordine hanno accompagnato 15 richiedenti asilo nella struttura. In seguito la requisizione è stata revocata per il sopraggiungere di un accordo economico tra il proprietario e la cooperativa che si occupa della gestione dell'accoglienza.

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Negli stessi giorni, centinaia di manifestanti di Montichiari (Brescia) ha accatastato decine di bancali di legno davanti alla caserma Serini per impedire l'arrivo di 130 profughi decisi da governo e prefettura. A prendere parte alla protesta, come scrive il Corriere della Sera, ci sarebbero stati "militanti della Lega, cittadini comuni, mamme preoccupate per i loro figli e piccoli imprenditori vessati dalle tasse."

"Chissà se sono veri profughi," aveva detto un imprenditore intervistato dall'edizione locale del Corriere. "Se lo fossero potremmo anche accoglierli, ma i dati ci dicono il contrario." Un altro manifestante, invece, aveva criticato "l'arroganza" delle istituzioni: "Il popolo non è stato coinvolto, ecco perché protestiamo."

Make — Leonardo Bianchi (@captblicero)11 novembre 2016

Ma è a Buddusò, un piccolo comune di quasi quattromila abitanti nella provincia di Sassari, che si è verificato il fatto più grave.

Poco più di una settimana fa, il sindaco Giovanni Antonio Satta aveva diffuso la notizia di un possibile arrivo di migranti nell'agriturismo "Le Querce," in disuso da qualche anno. "Siamo stati semplicemente informati dal Prefetto di Sassari del fatto che che una cooperativa che ha vinto l'appalto nel 2016 ha individuato una struttura simile nel nostro territorio," ha dichiarato Satta a Sardinialive. "È chiaro che su questa decisione il comune di Buddusò non ha alcuna autorità."

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Contestualmente, il sindaco aveva convocato un consiglio comunale straordinario per spiegare la situazione e cercare di placare gli animi di una cittadinanza che dava già segni di preoccupazione. "Può darsi poi che la Prefettura non decida di far arrivare i migranti a Buddusò," aveva proseguito. "Questo si vedrà col tempo. Intanto l'appuntamento è per stasera, nella speranza che i toni non si esasperino. È l'inizio di un dialogo che, speriamo, fornisca le risposte necessarie a tutti."

L'assemblea pubblica, andata avanti fino alle 20.30, si era poi conclusa con il voto unitario su un ordine del giorno che stabiliva che "al momento non ci sono le condizioni per aprire nel territorio un centro di accoglienza per i migranti."

Qualche ora dopo, tuttavia, si è passati direttamente ai fatti.

Verso le 22.30 un boato proveniente da Santa Reparata, zona che si trova tra Buddusò e Alà dei Sardi, è stato sentito a qualche chilometro di distanza. La conferma ufficiale è arrivata la mattina seguente: qualcuno ha messo "una bomba" (ossia un ordigno rudimentale) all'agriturismo che avrebbe dovuto ospitare i migranti, causando gravi danni alla struttura.

CRONACA. 'Buddusò, no alle bombe ma anche ai migranti' - La Nuova Sardegna, Nuoro, pp.2-3 — Italian Politics (@ItalianPolitics)19 novembre 2016

Il sindaco di Buddusò, pur condannando fermamente l'episodio violento, ha dichiarato che "la difficoltà di ospitare 50 persone in un locale non adeguato, avrebbe dovuto scoraggiare la destinazione dei migranti," lamentando poi che si tratta di "una scelta calata dall'alto" su di un "territorio socialmente molto fragile. Sarebbe stato meglio preparare una rete d'accoglienza, coinvolgere la comunità."

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Un servizio della trasmissione L'aria che tira - realizzato dopo l'esplosione dell'ordigno - ha registrato la diffusa resistenza che serpeggia degli abitanti. "Non siamo razzisti, solo che non c'è lavoro e dobbiamo difenderci," dice una signora all'inviato. "Ce ne sono troppi, li gettino in mare," esclama un'altra.

Il 19 novembre, infine, i proprietari dell'agriturismo hanno fatto sapere di aver definitivamente ritirato la disponibilità all'accoglienza. A Buddusò, dunque, non arriveranno mai i migranti.

Più in generale, episodi eclatanti come quelli di Gorino e del paesino sardo evidenziano le gravi difficoltà che sta incontrando il sistema italiano di ricezione dei migranti — soprattutto in un anno in cui è stato toccato il record di 170mila arrivi sul territorio, e il progetto di ricollocazione in altri stati europei non ha minimamente funzionato.

In totale, l'Italia si trova ad accogliere 175.764 profughi distribuiti tra hotspot e centri governativi, strutture temporanee e la rete dei comuni che aderiscono allo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti silo e rifugiati).

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Il Viminale, stando a un articolo di Repubblica, ha però spiegato che "Milano e Roma fanno la loro parte, anzi si sono trasformati in veri e propri hub a cielo aperto di smistamento dei migranti in transito. Ma sul resto del territorio l'accoglienza è a chiazze." Su ottomila sindaci, ad esempio, solo 2.600 hanno ospitano migranti "con gare gestite direttamente dai prefetti."

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Il nuovo piano nazionale d'accoglienza, siglato tra Anci e ministero dell'Interno, dovrebbe alleggerire il peso sulle grandi cittadini e garantire una distribuzione più equa e ripartita, introducendo anche un incentivo di 500 euro a comune per ogni migrante ospitato. Per ora, tuttavia, il piano è interamente bloccato — anche per evitare il ripetersi di barricate e proteste a due settimane dal referendum costituzionale.

"Per far partire il piano," avrebbero sostenuto fonti del Viminale sempre a Repubblica, "dobbiamo aspettare la mattina del 5 dicembre."

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