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Egitto

Il livello dei diritti umani in Egitto non è mai stato così basso

In Egitto c'è sempre meno spazio per il dissenso, e i diritti umani vengono calpestati con sistematicità: abbiamo intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Foto via Sebastian Horndasch/Flickr

L'attuale livello di libertà d'espressione in Egitto è il più basso degli ultimi anni.

I diritti umani sono calpestati con sistematicità, e le autorità reprimono con forza spropositata qualsiasi forma di dissenso.

Per cercare di mettere fine a questa situazione, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (UNHCR) lunedì 9 maggio ha lanciato un appello al governo egiziano.

"L'inasprimento contro le proteste pacifiche e il dissenso in Egitto rappresenta un'ulteriore battuta d'arresto verso la creazione di un ambiente politico aperto e di una vivace società civile," si legge nel comunicato.

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"L'uso della forza contro i civili (…) contribuisce a deteriorare il clima necessario alla promozione e alla protezione di quei diritti fondamentali che rappresentano le componenti essenziali di una società democratica."

Il messaggio di UNHCR è arrivato a pochi giorni di distanza dalle proteste dei media egiziani, dopo il blitz della polizia nella sede del sindacato dei giornalisti del Cairo che ha portato all'arresto di due reporter.

Due giorni dopo, martedì 3 maggio, in occasione della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, decine di giornalisti egiziani si sono radunati per chiedere le dimissioni del ministro dell'Interno Magdy Abdel Ghaffar, al grido di "Il giornalismo non è un reato." La stessa richiesta è stata avanzata il giorno successivo da migliaia di rappresentanti dei media.

Secondo quanto riferito dal presidente del sindacato Yahiya Kallash, i due giornalisti Amr Badr e Mahmoud El-Sakka sarebbero stati arrestati con l'accusa di aver diffuso false informazioni e di aver incitato alla protesta in occasione delle manifestazioni del 25 aprile contro la decisione del governo di cedere all'Arabia Saudita la sovranità di due isole nel mar Rosso. È la prima volta dalla nascita del sindacato nel 1941 che le forze dell'ordine fanno irruzione nella sua sede.

Per approfondire: Il nostro speciale sul caso di Giulio Regeni

Le manifestazioni del 25 aprile, che hanno portato al fermo di centinaia di attivisti e giornalisti, sono state disperse dalla polizia antisommossa con gas lacrimogeni. Tra di loro c'era anche Ahmed Abdallah, co-fondatore della Commissione egiziana per i Diritti e le Libertà, che ha offerto sostegno agli avvocati italiani ed egiziani che si stanno occupando del caso di Giulio Regeni, il ricercatore friulano scomparso a Il Cairo il 25 gennaio scorso e trovato morto qualche giorno dopo in circostanze ancora da chiarire.

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In seguito alle manifestazioni del 25 aprile, 59 parlamentari europei hanno sottoscritto una lettera promossa da Barbara Spinelli, eurodeputata del gruppo Gue/Ngl (Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica) indirizzata all'Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, e Vice Presidente della Commissione europea, Federica Mogherini.

L'obiettivo della lettera era chiedere "l'immediato rilascio di tutte le persone detenute e condannate per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica."

Sempre il 3 maggio, ha suscitato scandalo l'invio di un allegato a una mail del ministero dell'Interno inviata per errore a tutti i giornalisti accreditati presso il dicastero.

Il documento consigliava come pianificare una "controffensiva mediatica" con lo scopo di "incastrare" la direzione del sindacato dei giornalisti, incluso il suo presidente Yahiya Kallash. In un altro passaggio, si invitava il destinatario della mail a coordinarsi con il procuratore generale per emettere un ordine di riservatezza sul caso di Regeni.

Leggi anche: Sono stato incarcerato ingiustamente in Egitto: cosa ho visto nei miei 27 giorni di prigionia

"Il tema delle violazioni dei diritti umani in Egitto è ben noto in tutto il mondo già da tempo," ha detto a VICE News Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. "Ma solo ora con la morte di Giulio Regeni è stato scoperchiato un vaso di Pandora." Amnesty International Italia è promotore della campagna "Verità per Giulio Regeni."

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"Questa situazione non è iniziata con il presidente Abd al-Fattah al-Sisi, ma senza dubbio con lui è peggiorata," prosegue Noury, che fa riferimento ai numerosi casi di tortura e di sparizione forzata avvenuti sotto il regime di al-Sisi. Secondo quanto riferisce il portavoce di Amnesty, nel 2015 in Egitto ci sono stati 1100 casi di tortura, di cui 500 hanno condotto alla morte, e 500 a sparizioni forzate. Solo tra il primo dicembre 2015 e il 31 marzo 2016 i casi di sparizione forzata sono stati 204.

Noury spiega che grazie alle leggi vigenti contro le manifestazioni e in materia di antiterrorismo le autorità hanno la possibilità di contrastare chiunque si opponga al governo. Le condanne a morte sono numerose, centinaia ogni anno. Fortunatamente, le esecuzioni sono molte meno, anche se in costante aumento.

Amnesty International non è più attiva in Egitto dal 2011, quando le autorità hanno avviato un'indagine su oltre cento organizzazioni non governative, accusate di ricevere finanziamenti illeciti dall'estero.

Nel 2016 il governo egiziano ha persino minacciato di chiudere El Nadeem, il centro per la riabilitazione delle vittime di violenza aperto nel 1993.

Leggi anche: L'Egitto sta cercando di chiudere la ONG che da anni denuncia le torture perpetrate dal governo

Quanto al giornalismo, l'Egitto si colloca al 159esimo posto nella classifica 2016 sulla libertà di stampa stilata da Reporter Senza Frontiere. Nell'estate 2015 è stata approvata una legge antiterrorismo che prevede pene severe per i giornalisti che pubblicano notizie in contrasto con ciò che proviene dal governo.

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"I problemi di sicurezza non dovrebbero essere usati come pretesto per attaccare giornalisti, avvocati e manifestanti, e per vietare un'opposizione politica pacifica. In questo modo si danneggiano non solo il dibattito pubblico e i diritti fondamentali, ma anche la sicurezza e la stabilità a lungo termine," si afferma nel comunicato di UNHCR.

Molti giornalisti sono stati incarcerati per lunghi periodi, in genere con l'accusa di aver diffuso notizie false. Il fotoreporter Mahmoud Abu Zeid, noto come Shawkan, arrestato mentre fotografava le cariche della polizia contro i manifestanti durante una protesta nel 2013, si trova in prigione da oltre mille giorni.

"L'unico modo per fermare questa situazione è che i vari governi antepongano la questione dei diritti umani ai loro interessi commerciali," conclude Riccardo Noury. "La valutazione delle violazioni commesse dall'Egitto è prioritaria rispetto al ruolo del paese per quanto riguarda la stabilità dell'area."


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Foto via Sebastian Horndasch/Flickr, pubblicata su licenza Creative Commons.