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L'Egitto sta cercando di chiudere la ONG che da anni denuncia le torture perpetrate dal governo

Due giorni fa i poliziotti si sono presentati negli uffici del Centro Nadeem a Il Cairo, accusando il gruppo per i diritti umani di avere ‘violato il proprio mandato’.
Foto via EPA

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Un mese fa, il Nadeem - un centro egiziano di riabilitazione per le vittime di violenza - accusò le autorità del paese di avere torturato 600 detenuti. Ora, in tutta risposta, il governo sta cercando di chiuderlo.

Due giorni fa un poliziotto e un funzionario governativo si sono presentati negli uffici del Centro Nadeem a Il Cairo, accusando il gruppo per i diritti umani di avere 'violato il proprio mandato'. Gli ufficiali avevano con sé un documento che imponeva agli attivisti la cessazione forzata delle attività.

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La situazione, al momento, non è chiara: uno degli avvocati del centro sostiene di essere riuscito a convincere la polizia a posticipare la chiusura di una settimana. Il dottor Saber Ghoneim, capo della divisione del Ministero della Salute che controlla l'operato delle ONG, ha invece raccontato che gli agenti avrebbero già messo i sigilli alle porte della struttura.

Per ora, dunque, il destino della più importante organizzazione di monitoraggio della tortura in Egitto è incerto.

La direttrice del centro, la psichiatra Aida Seif al-Dawla, accusa il governo di avere un "movente politico" e promette che l'ONG resisterà a qualsiasi tentativo di sabotaggio. "A meno che ci arrestino tutti, continueremo il nostro lavoro," dice Seif al-Dawla.

Secondo Ghoneim, il Centro Nadeem offrirebbe una gamma di servizi troppo "variegata" che non rientrano nel suo mandato legale — un motivo valido, almeno per il governo, per imporre la chiusura forzata. Il funzionario inoltre ha riferito che, nel corso di un'ispezione della struttura, non sarebbe stata trovata la strumentazione necessaria per operare come un centro medico.

Il Centro Nadeem ha risposto con un comunicato diramato attraverso la sua pagina Facebook, sostenendo di essere in possesso dell'attrezzatura necessaria a sostenere i "bisogni psicologici" dei suoi pazienti, e di essere regolarmente autorizzato a sensibilizzare sugli "effetti della tortura."

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Oltre a fornire terapie mediche alle vittime di tortura, il Centro Nadeem è una delle pochissime ONG egiziane che osano mettere in discussione le politiche del presidente del paese, Abdel Fattah al-Sisi.

Lo scorso 10 gennaio il centro ha pubblicato una relazione nella quale accusava le autorità nazionali di avere ucciso 500 detenuti e di averne torturati altri 600 — solo nell'ultimo anno.

Secondo quanto si legge nel report, l'uso della tortura è diventato così diffuso in Egitto che gli operatori sociali "non possono parlare di casi specifici, data la prevalenza di omicidi, torture e il disprezzo per la vita umana" che regna tra le forze di sicurezza egiziane.

Il tentativo di chiudere il Centro Nadeem coincide con l'intensificarsi dell'attenzione internazionale sull'uso della tortura da parte delle autorità egiziane. Poche settimane fa il corpo del ricercatore italiano Giulio Regeni è stato trovato senza vita sul ciglio di un'autostrada egiziana — un'autopsia ha riscontrato costole rotte, segni di elettroshock sul pene e traumi su tutto il corpo.

Anche se il Ministero dell'Interno egiziano nega qualsiasi coinvolgimento, alcuni funzionari anonimi hanno riferito al New York Times che Regeni è stato arrestato prima di essere ucciso e, probabilmente, torturato.

Anche se il caso di Regeni ha attirato l'attenzione internazionale, le torture subite dai cittadini egiziani sono diventate una routine nel paese. Il Centro Nadeem è una delle poche organizzazioni a tenere questi abusi sotto controllo.

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Secondo molti osservatori solidali con l'ONG, la decisione del governo di chiudere il centro è un atto di intimidazione burocratica.

"È un tentativo sfacciato di mettere fine a un'organizzazione che per più di vent'anni è stata un bastione dei diritti umani e una spina nel fianco delle autorità," ha commentato Said Boumedouha, vice-direttore del programma per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International.

"Chiudere una clinica per le vittime di tortura è un'azione senza scrupoli, in particolare visto che gli agenti del Ministero dell'Interno stanno commettendo violenze crescenti nei confronti dei detenuti," ha dichiarato Sarah Leah Whitson, la direttrice per il Medio Oriente di Human Rights Watch. "Il governo egiziano dovrebbe revocare immediatamente il suo ordine di chiusura emesso nei confronti del Centro Nadeem."

In seguito all'elezione di Sisi avvenuta nel 2014, il Ministero delle Solidarietà Sociale - l'organo del governo egiziano che supervisiona le ONG - ha ordinato a tutte le organizzazioni di registrarsi ufficialmente e si è conferito nuovi poteri per chiudere tutti i gruppi troppo critici verso il regime. Una manovra che ha costretto molte organizzazioni per i diritti umani a ridurre o cessare le proprie attività: lo stesso Centro Nadeem, l'anno scorso, aveva dovuto chiudere il suo programma di aiuto legale.

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Tuttavia l'autocensura non ha protetto il gruppo dallo scrutinio del governo.

"Negli ultimi mesi abbiamo visto accademici che vengono presi in arresto in aeroporto, vignettisti minacciati per il loro lavoro e centri di arte contemporanea che vengono chiusi," ha raccontato a VICE News Mai El-Sadany, un fellow del Robert F. Kennedy Human Rights.

In Egitto anche gli attivisti più in vista, quelli che una volta erano considerati fuori pericolo, oggi stanno diventando bersaglio di intimidazioni. L'anno scorso Hossam Baghat, uno dei difensori dei diritti umani più noti del paese, è stato convocato dall'intelligence militare dopo aver scritto articoli critici sull'esercito.

Anche Aida Seif al-Dawla, la direttrice di Nadeem, è un'attivista per i diritti umani conosciuta a livello internazionale, oltre ad essere stata la vincitrice del premio Human Rights Watch Global Defenders nel 2003.

"Le autorità egiziane stanno soffocando i più importanti difensori dei diritti umani del paese uno alla volta," ha detto Whitson. "La chiusura del Centro Nadeem sarebbe un colpo devastante per il movimento per i diritti umani egiziano e per le vittime della violenza."


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