Foto: REUTERS/Yves Herman via VICE News
Ieri si è votato in Olanda, e per la prima volta nella sua storia la tornata elettorale del paese è stata in qualche modo rilevante per il resto del mondo.Questo perché negli ultimi mesi i media internazionali hanno caricato—forse eccessivamente—la figura di Geert Wilders, il leader del partito populista e xenofobo PVV (Partito per la Libertà) che, dopo la vittoria della Brexit nel Regno Unito e di Trump negli USA, era stato sostanzialmente indicato dai media internazionali come prossimo e ineluttabile ingranaggio che avrebbe dovuto innescare il meccanismo populista anche in Europa.Invece è andata diversamente. Non tanto per il risultato uscito dalle urne, quanto per il fatto che sarebbe stato comunque difficile per Wilders andare al governo—specie se si prende in considerazione il sistema elettorale super-proporzionale vigente nel paese, e il suo super-complicato schema politico.In una tornata elettorale dominata dalle divisioni e dai toni forti, l'affluenza è stata altissima ed è arrivata addirittura all'82 percento: 17 punti in più rispetto al 2012, e risultato più alto degli ultimi 31 anni.In generale, quasi tutti i partiti "classici" hanno subito un brusco calo—i Laburisti, per esempio, hanno conosciuto un collasso di proporzioni quasi storiche, arrivando a perdere 29 seggi, mentre il Partito Socialista si è fermato a 14.
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In sostanza, per il PVV sarebbe stato decisamente proibitivo riuscire a ottenere tanti voti da poter andare al governo da solo, così come sarebbe stato altrettanto difficile trovare degli alleati per creare una coalizione.Alla fine, infatti, Wilders è riuscito a conquistare solo 19 seggi—quattro in più rispetto al 2012, ma risultato ben lontano dai 30 seggi pronosticati ottimisticamente nei mesi scorsi.Gli elettori hanno invece deciso di premiare il primo ministro uscente Mark Rutte e il suo partito di centrodestra, VVD (Partito Popolare per la Libertà), che resta alla guida della coalizione di governo con 33 seggi conquistati, pur avendone persi 8 rispetto alle ultime elezioni.
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A sinistra, il protagonista assoluto è stato il "Trudeau olandese", Jesse Klaver, che con i suoi Groenliks (un partito ecologista e progressista) è riuscito ad ottenere 14 seggi.Reagendo su Twitter così:Netherlands: Highest turnout since 31 years: 82% (Ipsos exit poll). — Europe Elects (@EuropeElects)March 15, 2017
A urne chiuse, le prime analisi sono state—ovviamente—tutte per Wilders, e per quella che è stata già indicata come una sua sconfitta personale.Tuttavia, il leader del Partito per la Libertà negli ultimi mesi è riuscito comunque a tenere in scacco i media nazionali, quelli internazionali, e la politica locale.A riprova dell'influenza di Wilders nello scenario politico olandese, c'è il fatto che lo stesso Rutte—alla fine vincitore—ha dovuto spostare l'ago della bilancia della sua campagna un po' più a destra, non disdegnando uscite consonanti alla retorica xenofoba del PVV.Non sono mancate poi dichiarazioni forti sulla politica internazionale, che hanno segnato una aspra disputa diplomatica tra Paesi Bassi e Turchia.
Benché la sua esclusione dalla squadra di governo sembri praticamente certa, dopo queste elezioni Wilders ha comunque messo più di un piede—stabilmente—nel panorama politico olandese ed europeo.Non a caso, a urne appena aperte, mercoledì mattina ha dichiarato ai giornalisti che "qualsiasi sarà il risultato delle urne, il genio è ormai uscito dalla lampada."1st exit polls great! @VVD by far the biggest. @D66 up by a lot. Pro European parties on the rise. NL remains liberal & pro-Eur. stronghold! pic.twitter.com/C1XvIwe0wT
— Guy Verhofstadt (@GuyVerhofstadt) March 15, 2017
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