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"Voglio morire ogni giorno”: il controverso rapporto tra i marines e le basi italiane

Il 22enne Kiley Williams si è suicidato lunedì, a quasi un anno dal suo arrivo nella base di Vicenza. Ma Williams non è il primo soldato americano di base in Italia a togliersi la vita.
I parà del 173esimo Airborne Brigade Combat Team di Vicenza. [Foto via Flickr]

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La procura di Vicenza e il comando della caserma americana di Ederle hanno aperto un'inchiesta sulla morte del parà dell'Esercito statunitense trovato impiccato nella sua stanza.

Il 22enne Kiley Williams, originario di Tyrone in Pennsylvania, si è tolto la vita lo scorso marzo, a quasi un anno dal suo arrivo nella base di Vicenza.

Alcune ore più tardi sulla pagina Facebook "Caserma Ederle/Del Din Confessions", dove vengono pubblicati messaggi anonimi dei soldati della caserma vicentina, è apparso un post che, secondo i giornali locali, sarebbe riconducibile a Williams.

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"Non avrei mai pensato che tante cose brutte potessero stare in uno stesso posto," ha scritto l'autore del messaggio anonimo. "A rendere le cose peggiori c'è il fatto che molti di noi sono isolati, con ben poco supporto. Nessuno sa cosa accade veramente nelle nostre vite, nei nostri cuori, nelle nostre anime. Mi chiedo se sia solo qui o sia lo stesso ovunque. Non voglio suicidarmi ma voglio morire ogni giorno."

Secondo quanto riportato da Il Giornale di Vicenza, la pagina Facebook sarebbe ora al centro dell'indagine aperta per scoprire le cause del suicidio del 22enne. "Gli inquirenti vogliono capire se il giovane sia rimasto vittima di cyberbullismo," riporta il quotidiano, "e abbia deciso di togliersi la vita per colpa delle pesanti offese ricevute sul celebre social network."

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Questa ricostruzione dei fatti non è stata però confermata dal portavoce della base di Ederle, sentito da VICE News.

"Ho letto l'articolo ma non ho idea da dove quelle informazioni possano arrivare," ha dichiarato il portavoce. "Non so niente di questo gruppo su Facebook. Posso solo dire che è in corso un'indagine sul decesso del soldato da parte dei Carabinieri e degli ufficiali della caserma."

Williams non è il primo soldato americano di base in Italia a togliersi la vita. Nell'agosto del 2011 una soldatessa americana di 22 anni in servizio alla caserma di Aviano si è suicidata gettandosi dal quarto piano dell'ospedale di Pordenone.

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Pochi giorni prima la donna aveva dato alla luce due gemelli nella clinica. Il Messaggero Veneto riportò che l'aviere aveva avuto una crisi isterica dopo che il partner, arrivato da New York, non avrebbe riconosciuto la paternità dei neonati.

I marines di Vicenza durante una pausa nelle esercitazioni. [Foto via Flickr/US Army Africa]

Il problema dell'esercito americano con i suicidi

Al di là dei singoli casi, il suicidio è un problema con cui l'esercito americano deve fare i conti ogni giorno.

Un rapporto redatto dal maggiore Bryan Battaglia ha rivelato che dal 2005 al 2010 ogni 36 ore un soldato in servizio si è tolto la vita.

Dal 2012 il suicidio è la prima causa di decesso per i militari appartenenti alle forze americane, superando le morti dovute a conflitti armati e malattie. Solo in quell'anno sono stati 349 i soldati a stelle e strisce che si sono tolti la vita — la maggior parte di loro erano giovanissimi, tra i 18 e i 24 anni.

I motivi che portano un numero altissimo di militari a prendere questa tragica decisione sono diversi: molti di loro soffrivano di stress post traumatico, provocato dalla brutalità dei combattimenti nelle zone di guerra.

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Un terzo dei soldati che si sono tolti la vita, però, non avevano mai partecipato a missioni internazionali, facendo quindi ipotizzare in questi casi problemi di natura personale o economica.

In Italia ci sono 59 basi militari americane, all'interno delle quali sono stanziati all'incirca 13.000 militari. Le caserme più importanti si trovano ad Aviano, in Friuli-Venezia-Giulia, Vicenza, Pisa, Napoli e Sigonella, in Sicilia.

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"Il Pentagono ha passato gli ultimi due decenni a investire centinaia di milioni di dollari in basi militari in Italia," ha detto David Vine, professore di antropologia alla American University di Washington DC, "trasformando il paese in un centro sempre più importante per la potenza militare americana."

Soldati americani nella base di Ederle, a Vicenza. [Foto via Flickr/US Army]

I marines americani nelle cronache italiane

Retaggio della seconda guerra mondiale, la presenza dell'esercito a stelle e strisce sul territorio italiano ha suscitato non poche controversie.

Le forti polemiche sono nate anche in seguito a fatti di cronaca di cui i marines si sono resi protagonisti.

La notte del 14 luglio 2014 due parà americani della base di Del Din a Vicenza avevano rapito e violentato una donna rumena incinta di sei mesi, prima di abbandonarla in un campo alle porte della città.

Dopo essere stata rifiutata la richiesta di essere processati in patria, i militari sono stati condannati a sei anni di carcere per violenza sessuale di gruppo, lesioni e furto.

Lo scorso febbraio uno dei due parà, Jarelle Lamarcus Grey, è stato condannato ad altri sette anni e sei mesi di reclusione per aver abusato nel 2013 di una ragazza 17enne fuori da una discoteca di Vicenza.

Un altro noto caso di cronaca è quello che ha visto come protagonista il parà James Micheal Brown. Nel 2004, l'allora 24enne Brown di ritorno a Vicenza da una missione in Iraq ammanettò e violentò una prostituta nigeriana. Due anni più tardi il Tribunale di Vicenza condannò il militare americano a cinque anni e otto mesi di carcere e al pagamento di un risarcimento di 100.000 euro.

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Teoricamente Brown avrebbe dovuto ricevere una sentenza ben più lunga. Tuttavia, i giudici stabilirono che si trattava di un reato meno grave poiché il parà era stato segnato dal "prolungato logorio psicologico della guerra". Alla fine Brown ha scontato un anno in custodia cautelare, prima di essere trasferito in Germania e infine rispedito negli Stati Uniti.

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Non si tratta di casi isolati. Le cronache locali hanno riportato numerosi casi di risse, aggressioni, ubriachezza, sfregi e abusi sessuali.

Queste vicende evidenziano come l'impatto delle basi americane in Italia non sia solo di tipo economico o ambientale - come il movimento di protesta No Dal Molin ha sempre denunciato - ma anche sociale.

Nel 2014 Martina Vultaggio, che fa parte di "We Want Sex" - una delle sigle organizzatrici dei sit-in di protesta di fronte alla base di Vicenza - spiegava a VICE le ragione di una convivenza travagliata. "Ci troviamo di fronte a stranieri non integrati, nel senso che la vita in base è molto distaccata rispetto a quella della società che la ospita," ha detto Vultaggio.

I soldati, a meno che non decidano di rimanere in Italia in pianta stabile, "sono di stanza per cinque anni al massimo." In più, "i contatti con la popolazione locale sono minimi. Gli americani hanno i 'loro' locali e frequentano dei circuiti diversi. Non c'è un reale contatto."

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Di qui, sempre secondo Vultaggio, può svilupparsi "l'idea di poter agire un po' come dei turisti: usando la città che ti ospita e approfittando della situazione."


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Foto in apertura di DVIDSHUB via Flickr in Creative Commons.