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Tecnologia

Un 'faccendiere' voleva monitorare le procure italiane con un software

Il faccendiere portava con sé un disturbatore di frequenze per non essere intercettato e ha distrutto numerosi computer sensibili con acqua e candeggina.
Giuseppe Pizza, indagato e titolare della DC, fratello di Raffaele Pizza. grab via YouTube

24 arresti, 5 misure interdittive e 1.2 milioni di euro sequestrati. È il bilancio corrente dell'inchiesta 'Labirinto', le cui indagini hanno portato, tra gli altri, all'arresto del faccendiere Raffaele Pizza lunedì 4 luglio.

'Labirinto' è un'inchiesta sulla corruzione che, dal suo inizio nel 2013, ha coinvolto 50 persone le quali secondo gli inquirenti facevano parte di un sistema di "associazione a delinquere finalizzata alla frode" che ruotava attorno alle personalità del consulente Alberto Orsini e di Raffaele Pizza, fratello di Giuseppe Pizza—sottosegretario all'Istruzione per il governo Berlusconi nel 2008. Attualmente Giuseppe Pizza, "ricopre l'incarico politico di collaboratore dell'Ufficio Stampa e Comunicazione presso il Ministero degli Interni, conferito con decreto del 15 maggio 2014."

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Secondo gli inquirenti, Alberto Orsini e Raffaele Pizza si occupavano di "consigliare" nomine per portare persone vicine a loro ai vertici di enti pubblici come Poste, l'INPS, l'ENEL, l'ATAC e i ministeri della Giustizia e dell'Istruzione—Infine, grazie a queste nomine, truccavano appalti per assegnarli a società che permettessero loro di accumulare fondi neri attraverso l'emissione di fatture false. Tra gli altri, indagato anche Giuseppe Pizza, fratello di Raffaele e titolare del marchio DC—Nelle intercettazioni compare anche il nome di Angelino Alfano, il fratello del quale "è stato assunto alle Poste" grazie ai Pizza.

"È emerso l'interesse dell'indagato a veicolare all'interno della pubblica amministrazione soggetti interessati alla gestione del sistema di Trattamento informatizzato atti processuali."

Le indagini sono ancora in corso, ed è solo a seguito dei primi arresti che la Guardia di Finanza ha potuto avviare le prime perquisizioni. Nei dettagli finora emersi, uno dei più interessanti riguarda proprio la figura del faccendiere Raffaele "Lino" Pizza.

"È emerso l'interesse dell'indagato a veicolare all'interno della pubblica amministrazione soggetti interessati alla gestione del sistema di Trattamento informatizzato atti processuali," si legge nei documenti compilati dagli inquirenti. Come riportato dal Corriere della Sera, a quanto pare il progetto era di "implementare" il software di supporto già in uso negli uffici giudiziari.

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Tra i vari nomi menzionati da Pizza come possibili "sponde" da sfruttare per questo progetto emerge, dalle intercettazioni, anche quello di Marco Carrai, fedelissimo di Matteo Renzi salito agli onori della cronaca per la sua (a quanto pare) imminente nomina alla cyber-sicurezza per il Governo Italiano.

Secondo le intercettazioni, il piano di Pizza era quello di pilotare l'appalto per l'implementazione del sistema verso una società amica al fine di poter controllare da vicino le indagini in corso e proteggere la rete di suoi 'protetti', "I tecnici ci avranno la possibilità di guardare la fase di indagine preliminare…. Quindi quando ancora… fatto niente… però io c'ho tutto sotto…"

Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, le carte degli inquirenti definiscono l'imprenditore Danilo Lucangeli, di Skymedia srl e Skymedia International srl come "interessato a portare a termine il progetto, già in itinere, di implementare il Tiap, […] in tale contesto affiora la sfera di influenza del Pizza, quale promotore, per conto dei citati imprenditori, di attività di lobbying." Al progetto, stando alle carte, sembra interessato anche Ernesto Carbone, esponente della segreteria nazionale del Partito Democratico.

Il sistema Tiap è "sicuro e strettamente controllato dal ministero e il fatto che il software non sia di proprietà del ministero non è una coincidenza, ma una garanzia sulla gestione delle informazioni."

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Per il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, il sistema Tiap è "sicuro e strettamente controllato dal ministero e il fatto che il software non sia di proprietà del ministero non è una coincidenza, ma una garanzia sulla gestione delle informazioni," ha inoltre aggiunto che non era stata indetta alcuna gara d'appalto per il sistema. Il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ente che nelle intercettazioni non è stato definito come un ostacolo, ha affermato di "Non conoscere alcuno di loro e il Csm non ha alcun ruolo sull'appalto che è di competenza esclusiva del ministero della Giustizia."

Degna di nota, nell'intera vicenda, è la figura dello stesso Raffaele Pizza: faccendiere del sistema, temeva a tal punto le intercettazioni della Guardia di Finanza e il rischio di una possibile perquisizione da, si legge nella carte, "dotarsi di un apparato disturbatore di frequenze (un jammer, ndr) per schermare i colloqui e ostacolare un'eventuale attività di intercettazione".

Secondo le carte, lo stesso jammer era stato procurato a Pizza da "una persona vicino agli apparati di intelligence." In aggiunta, a operazioni concluse, Pizza si è premurato di distruggere alcuni computer sensibili con "acqua e candeggina."

AGGIORNAMENTO 8/3/2017: Una versione precedente dell'articolo riportava anche il nome di Giovanni Nastri, di Si. Line Spa, tra gli imprenditori interessati all'implementazione del sistema di Pizza. In data 20 gennaio 2017 il procedimento nei confronti di Nastri è stato archiviato dal Tribunale di Roma. Di seguito, il comunicato dei legali di Nastri:

Il procedimento nei confronti dell'imprenditore Giovanni Nastri, difeso dall'Avv. Giulia Bongiorno, è stato archiviato, non ravvisandosi nei fatti condotte penalmente rilevanti.

Il rappresentante legale della Si. Line S.p.A., che ha sempre avuto fiducia nell'operato della magistratura, è risultato totalmente estraneo all'inchiesta della Procura di Roma sul presunto giro di mazzette, appalti pilotati e divulgazione di notizie coperte da segreto.