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Com'è vivere in una gated community: siamo entrati in uno dei quartieri 'blindati' d'Italia

Nate in America, le gated community sono aree residenziali recintate, sorvegliate giorno e notte da guardie e telecamere. VICE News ha visitato un complesso di questo tipo in Italia, a pochi passi da Milano.
La guardiola all'ingresso, sorvegliata dai custodi. [Foto via borgodivione.it]

Il quartiere col muro di cinta intorno. Le gated community sono aree residenziali recintate, sorvegliate giorno e notte da guardie e telecamere.

Si tratta di vere e proprie 'città nella città' in cui vigono regole proprie, e dove gli estranei - prima di entrare - devono identificarsi e specificare il motivo della visita. Abitate da persone abbienti e in cerca di un 'rifugio' in sicurezza, le gated community sono diffuse principalmente negli Stati Uniti, in Sud Africa e in Sud America.

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Anche il Nord Italia però ospita un esempio di gated community: si tratta di Borgo di Vione, un'ex cascina in provincia di Milano trasformata in residenze di lusso nel 2011 dalla famiglia milanese Vedani.

Tecnicamente, Borgo di Vione è una frazione del comune di Basiglio, piccolo comune dell'hinterland milanese che ogni anno contende a Portofino il titolo di città più ricca d'Italia, noto anche per ospitare Milano 3, il complesso residenziale privato costruito da Silvio Berlusconi.

Nonostante fra Milano 3 e Borgo di Vione in linea d'aria ci siano poco più di 500 metri, per raggiungere la gated community bisogna uscire dall'abitato e viaggiare per alcuni minuti in mezzo ai campi e le risaie fino a una grande cascina restaurata, protetta da un alto muro di cinta e sorvegliata da telecamere.

Borgo di Vione nasce nel 2011 in quella che è la cascina più grande della Lombardia, un totale di circa 100mila metri quadrati, con l'obiettivo di diventare qualcosa di più di un semplice insieme di case recintate.

Quelli che vi risiedono hanno infatti a disposizione una palestra interna, una SPA, una grotta di sale, aree giochi per i bambini, uno zoo didattico, una sala ricreativa, una piscina alimentata con acqua di falda e persino una piccola chiesa interna risalente al 1100, in cui vengono celebrati matrimoni e battesimi.

Ogni mattina, il pianoforte automatico della chiese emette una musica che si diffonde fra le case e i giardini della comunità. Il tutto è videosorvegliato da 20 telecamere; il custode all'ingresso è presente 24 ore su 24, mentre numerosi sensori volumetrici sono pronti a scattare nel caso in cui qualche malintenzionato si avvicinasse alle mura di cinta.

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Per la maggiore tranquillità dei residenti è stata persino spostata la strada provinciale che prima costeggiava l'ex cascina, in modo che gli abitanti di Borgo di Vione non siano più minacciati da smog, traffico e rumore.

Come prevedibile, accedere a questo paradiso di relax ha un costo. In questo caso, si parla di cifre da "3200 euro al metro quadro in su," come spiega Francesco Vedani, il manager del complesso residenziale, che però precisa: "Noi più che a metro quadro noi vendiamo a 'corpo', perché ogni abitazione è diversa dalle altre," spiega Vedani. "Quelle al cento del borgo sono considerate più prestigiose, e abbiamo anche ville padronali da 600 metri quadrati."

L'interno di una delle unità abitative del Borgo.

Tuttavia, il modello delle gated community non è stato accolto da tutti con entusiasmo. "È un quartiere suburbano dove vive la logica della segregazione, di reddito e di fascia sociale," dice a VICE News l'urbanista Fabrizio Bottini, già docente al Politecnico di Milano e curatore del sito La Città Conquistatrice.

Secondo Bottini, tuttavia, definire Borgo di Vione una gated community è "sbagliato, perché è molto peggio di una gated community. Borgo di Vione cerca di riprodurre la logica della comunità rurale chiusa, che lascia fuori tutto il resto. Un luogo che domina la campagna, che riceve i prodotti freschi e dove i nostri bambini giocano fra di loro e non con i figli degli immigrati."

Al contrario dell'urbanista, Luca Vedani vede la creazione di Borgo di Vione in maniera completamente opposta. Sulla quarantina, fisico asciutto e aria cordiale, Vedani è contento di raccontare la storia di come lui e la sua famiglia hanno riportato in vita quella che era una vecchia cascina abbandonata.

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"Siamo industriali da diverse generazioni, e siamo entrati nel restauro di Borgo di Vione per diversificare i capitali. A un certo punto, però, la precedente gestione è fallita. Visto che la mia famiglia è originaria delle case di ringhiera di Milano, che ha lo stesso concetto di comunità, ci si siamo detti: 'andiamo avanti noi e ripopoliamo la cascina'," racconta a VICE News.

Il paragone con le case di ringhiera può apparire piuttosto azzardato, non fosse altro perché, a differenza delle case del Borgo, nelle case di ringhiera per "vivere come una volta, lasciando aperta la porta di casa" - come recita il sito web di Borgo di Vione - non si usano telecamere e sensori volumetrici.

Una delle telecamere di sorveglianza, nella piazza principale.

Lo pensa Bottini, che afferma: "Chi va a vivere in posti come Borgo di Vione spesso scappa da pericoli più immaginari che reali, dai rom ai kebabbari, paga parecchio per avere una percezione di sicurezza ed è disposta a sopportare anche i disagi procurati dal vivere in un posto dove per fare qualsiasi cosa bisogna prendere l'auto. A piedi i bambini possono solo andare a giocare con gli amici in cortile e ogni famiglia è costretta ad avere due o tre auto," dice l'urbanista.

Francesco Vedani tuttavia rifiuta il concetto di gated community, e non vede il piccolo borgo come qualcosa di avulso dal contesto: "Noi siamo molto più aperti, non chiediamo i documenti a chi entra. Certo si è controllati, perché siamo in una proprietà privata. Però se sei un ospite chiaramente puoi entrare perché vai da qualcuno. Se invece sei un curioso ti accompagniamo e puoi visitare la struttura. Noi cerchiamo di non isolare il borgo e vogliamo recuperare quei valori di una volta — tra cui quello dell'ospitalità. Mi riconosco nel concetto di gated community solo nel senso della sicurezza; alcuni dei nostri clienti vengono proprio per il senso di sicurezza che offre stare qui, altri invece per il senso di comunità."

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Secondo Vedani Borgo di Vione non punta solo sulla sicurezza, ma anche e soprattutto sui servizi che offre ai suoi abitanti: "Abbiamo portato modernità in un ambiente storico, e questo si riflette anche nei servizi. Se un residente vuole fare la spesa online, può farlo. Abbiamo un accordo con la panetteria del paese che la mattina porta a domicilio pane e prodotti di latteria — e il trasporto è a carico nostro. Cerchiamo di dare il massimo in tempi rapidi, vogliamo che la gente sia coccolata."

Il tutto ovviamente deve essere fatto tenendo conto di che tipo di persone vivono qui, come specifica il manager: "Ad esempio quando abbiamo fatto la SPA e la palestra condominiale abbiamo pensato che qui c'è gente con un reddito elevato, e non possiamo utilizzare materiali inferiori a quelli che si possono permettere dei condomini, quindi abbiamo preso il meglio sui mercato."

In una tiepida giornata di maggio il complesso residenziale emana un senso di tranquillità ordinata. I nomi delle vie interne sono quelli degli antichi mestieri della cascina, i prati sono tagliati all'inglese, i muri sono puliti e non c'è nessuna automobile per le strade.

All'interno del complesso abitativo è proibito circolare con mezzi a motore. Qui "ogni famiglia ha il suo garage, ognuno con un colore diverso dall'altro perché non volevamo usare i colori grigi dei box milanesi."

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Per esigenze di sicurezza l'uscita del garage è esattamente davanti alla portineria, di modo che sia possibile identificare eventuali intrusi mentre per "agevolare gli spostamenti dei più anziani," spiega Francesco Vedani, "abbiamo comprato una piccola auto elettrica con cui possono spostarsi all'interno del borgo."

Dai monaci ai manager

Fino a non molti anni fa Borgo di Vione era conosciuto come Cascina Vione. Costruita nel 1080 dai monaci cistercensi come Grangia, ovvero un cascinale fortificato autosufficiente e organizzato come un villaggio, nel 1700 passa sotto l'amministrazione del comune di Basiglio e diventa una normale cascina (pur mantenendo la struttura originaria) e lo sarà per i successivi tre secoli.

Fra gli anni Ottanta e la fine del secolo però, inizia il processo di depopolamento: "Prima la nevicata del 1986 ha sfondato parte dei tetti, poi ci si è messa la burocrazia europea, che rendeva quasi impossibile avere delle mucche, tanto che ti conveniva quasi di più ammazzarle che tenerle. Così la gente man mano è andata via, anche se quando siamo entrati nel 2007-2008 noi c'erano ancora residenti della vecchia cascina," racconta Vedani.

Uno dei cancelli d'ingresso al Borgo.

Quella che un tempo era la cascina fortificata dei monaci cistercensi, oggi è dunque un complesso residenziale di lusso tutelato da due sovrintendenze che, dopo un restauro conservativo, ha visto le case tornare all'aspetto che avevano prima dell'abbandono.

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Quello che è cambiato è ovviamente il tipo di abitanti. Oggi chi vive qui "è una persona di livello economico alto, di solito manager di società o responsabile di settore, con famiglia."

"Il 40 per cento degli abitanti del Borgo è straniero, e abbiamo avuto gente da tutto il mondo, persino un manager del Pakistan" spiega Luca Baffoni, il resident manager di Borgo di Vione.

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"La nostra fase storica è questa: prima stranieri e poi gli italiani. Qui vicino c'è la scuola americana, dove in genere gli expat mandano i figli - la scuola italiana non gode di buona pubblicità - e da qui i ragazzi hanno un pulmino che li porta ogni mattina."

Come resident manager del complesso, Baffoni si occupa di aiutare gli abitanti ogni volta che hanno un problema, per questo motivo vive all'interno di Borgo di Vione ed è lui a fornirci qualche informazione in più su chi sceglie di stabilirsi qui: "Essendo un posto per famiglie è vissuto molto più da donne che dagli uomini — dato che qui di solito le mogli non lavorano ma badano ai figli e fanno la spesa. La cosa bella è sono molto inserite fra di loro, hanno creato il gruppo Whatsapp delle mamme, il mercoledì frequentano il corso di pilates, alle quattro di pomeriggio prendono il caffè tutte insieme e alle 6 fanno aperitivo di gruppo. Adesso che riempiamo anche la piscina andranno tutti i giorni in piscina."

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Per Baffoni quello che fa di Borgo di Vione un posto diverso dagli altri è sopratutto il senso di comunità che si stabilisce fra i residenti: "Quello che vogliamo fare è recuperare i valori familiari, quelli del gruppo," spiega il manager, secondo cui "rispetto a Milano - dove la vita è frenetica e i bambini non possono uscire perché ci sono mille pericoli - qui non ci sono macchine e non ci sono rischi."

"Qui invece si socializza all'aria aperta, ci sono i tavoli da ping pong i biliardini. Fra gli adolescenti nascono amori e i più piccoli si sbucciano le ginocchia e questo per noi è più importante delle case."

In un certo senso Luca Baffoni ha ragione: Borgo di Vione è veramente un altro luogo rispetto alla città. Ma è anche un'altra cosa rispetto ad altre comunità residenziali come Milano 2 o Milano 3, in cui le case - tutte della stessa forma e metratura - sembrano creare un mondo di plastica.

I box colorati dei residenti del Borgo.

"Questi luoghi residenziali sono paesi dei balocchi immaginari," controbatte l'urbanista Bottini. "Nel momento in cui viene sottratto il quartiere tradizionale perché tutti iniziano ad averne paura allora lo si ricostruisce a pagamento. Vione è solo un piccolo esempio di questa cosa, orientata in senso ruralistico-reazionario."

A Borgo di Vione le mamme possono lasciare i bambini liberi, tanto sanno benissimo che dietro l'angolo non ci sarà mai un mendicante che chiede l'elemosina, un campo rom, un venditore ambulante o un kebabbaro aperto fino a tarda notte, ma solo un altro bambino — identico per classe sociale ed educazione al proprio. "In certi contesti vige la logica del castello, con tutta la retorica che si porta dietro dietro," conclude Bottini.

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Tutte le fotografie per gentile concessione di borgodivione.it