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Il chavismo senza Chávez

Tra i sostenitori dell'ex presidente venezuelano poche ore dopo la sua morte.

Chavismo – nome attribuito all’ideologia di sinistra basata sulle idee e lo stile di governo associato all’ultimo Presidente del Venezuela, Hugo Chavez.

Poche ore dopo che la morte di Hugo Chavez è stata annunciata dal vice presidente Nicolas Maduro—vestito di bianco e con gli occhi lucidi—centinaia di suoi sostenitori si sono raccolti fuori dall’ospedale militare di Caracas, dove l'uomo aveva trascorso le ultime settimane di vita. Molti hanno pianto, persi senza il loro Comandante. In Plaza Bolivar, così chiamata in onore dell’eroe dell’indipendenza dell’America Latina e idolo di Chavez, in molti sono accorsi silenziosamente per condividere il loro dolore.

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Mentre passava la notte, quell’umore cupo e silenzioso ha iniziato a farsi alticcio; uomini armati hanno sparato colpi in aria, alcuni fotografi sono stati picchiati e un gruppo di tende sistemate in segno di protesta dall’opposizione è stato dato alle fiamme, con i colpevoli che urlavano, “È morto, adesso—siete felici?”

Nelle zone più ricche della città i ristoranti sono stati chiusi e le strade si sono svuotate, nel timore che la violenza potesse arrivare a contagiare tutti i partecipanti al lutto. In queste aree, alcuni residenti hanno ammesso di aver stappato champagne e brindato alla morte del presidente.

Gli strascichi della sbornia sono stati interrotti per entrambe la fazioni da 21 spari provenienti diverse pistole e fucili, alle 8 del mattino successivo. In quelle ore, migliaia hanno percorso il tragitto tra l’ospedale militare e l’accademia, dove il corpo dell'ex Presidente riposerà in pace. Tanti cartelloni rossi recitavano, “Oggi più che mai, siamo con Chavez,” e dalla folla si alzavano le stesse canzoni che avevano risuonato durante le campagne elettorali e le manifestazioni ufficiali.

“Io sono Chavez,” dice Grisen Andrade, una parrucchiera con addosso una maglietta rosso acceso e una bandana che recita la stessa frase. “Lui è uno del popolo. È il cuore dei poveri,” mi dice.

Nicolas Maduro è il Vice Presidente e il successore designato da Chavez, nominato proprio prima che il Presidente si sottoponesse alla sua quarta operazione per rimuovere il cancro lo scorso dicembre. Secondo la Costituzione, le elezioni devono essere indette dopo 30 giorni di inabilità di governo del Presidente. Con ogni probabilità Maduro ne uscirà vincitore. In piedi di fianco a Andrade c’è Manuel Guillermo, che mi dice, “Sosterrò Maduro, perché questo è stato l’ultimo desiderio di Chavez.”

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La domanda è se Maduro, un ex conducente di bus con dei baffi robusti e una discutibile tolleranza verso gli omosessuali, sarà in grado di tenere insieme il Venezuela. Chavez era sempre riuscito a deviare la vergogna per l'alto tasso di omicidi, l'inflazione galoppante e i servizi scadenti facendo ricadere le colpe sui ministri. E, quale uno di questi ministri, Maduro dovrà trovare un qualcuno che lo faccia al posto suo—di certo non sarà in grado di nascondere questi problemi con il carisma e la personalità, come era solito fare Chavez.

Una recente manifestazione guidata da Maduro ne è l'esempio perfetto. Sostenitori apatici vagavano in una piccola folla, prestando maggiore attenzione ai lacci delle proprie scarpe e ai piani per la serata che a qualsiasi cosa il Vice Presidente stesse farfugliando. Paragonatelo con l’amichevolezza e la retorica di Chavez e avrete un'idea dei problemi che incontrerà nel tenere vivo il chavismo senza il suo ideatore.

La rivoluzione bolivariana di Chavez ha cambiato completamente il Venezuela, nel bene e nel male. Le politiche interne, insieme alle numerose nazionalizzazioni, hanno portato il suo socialismo direttamente al popolo. Così, un altro tratto distintivo di Chavez erano i commenti provocatori sull’America—tra i suoi nomignoli riservati a George Bush c'erano “il diavolo”, “Mr. Pericolo” e “un alcolizzato, ubriaco e bugiardo”—e i tentativi di ingraziarsi personaggi reietti come il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, il libico Muammar Gaddafi e il siriano Bashar al-Assad.

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Ma, a differenza di questi amici sanguinari e delle loro retoriche incendiarie, in Chavez c’era un divertimento sotteso che lo rendeva caro ai suoi sostenitori. “Stiamo tutti soffrendo di impotenza politica,” disse una volta. “Abbiamo bisogno di un Viagra politico.”

Senza dubbio, Chavez era l’ultimo dei leader mondiali che avesse bisogno di un afrodisiaco politico. Ha prosperato nella polarizzazione da lui stesso creata, facendovi affidamento per rafforzare la base del suo supporto. Ma per un successore come Maduro—a cui manca quell’impressionante culto della personalità che cementava il sostegno a Chavez—mantenere i consensi sarà un compito estremamente duro.

Il Presidente boliviano Evo Morales, collega e membro dell’alleanza di sinistra dell’America Latina, ha detto che in quest'ultima settimana Chavez era “più vivo che mai”. Oggi, per Maduro, è tempo di assicurarsi che almeno il chavismo resti tale.

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