FYI.

This story is over 5 years old.

LGBT+

Abbiamo incontrato una madre surrogata che ha fatto nascere i figli di una coppia gay italiana

Davide e Mirco sono una coppia di 40enni romani, l'americana Rachelle ha portato avanti la gravidanza per loro. VICE News li ha incontrati per capire cosa significhi essere genitori gay in Italia oggi.
Foto di Giulia Saudelli/VICE News

Una madre "non è un forno," la maternità surrogata è una "produzione di corpi destinati allo scambio;" e ancora, "il mercimonio più ripugnante che l'uomo abbia saputo inventare."

Durante il dibattito che si è scatenato in Italia intorno al DDL Cirinnà e alla norma - poi eliminata - sulla stepchild adoption, le gravidanze surrogate e la compensazione per le donne che decidono di portare avanti gravidanze per altri sono diventate un punto cruciale e particolarmente controverso.

Pubblicità

Il 4 dicembre scorso, ad esempio, l'associazione "Se non ora quando - Libere" ha lanciato un appello contro la pratica della gravidanza per altri (GPA).

Sul sito della petizione si legge: "Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato. Vogliamo che la maternità surrogata sia messa al bando."

Ma le critiche non sono arrivate solo dalle associazioni di donne. Il quotidiano cattolico Avvenire ha evidenziato il possibile collegamento tra stepchild adoption e maternità surrogata. A gennaio, per indicare ai lettori quali sarebbero secondo il giornale i motivi per cui non appoggiare la stepchild adoption, ha scritto: "Legittimando l'adozione gay, [la stepchild adoption] indurrebbe alcune coppie omosessuali – e probabilmente anche eterosessuali – a ricorrere a questa pratica di sfruttamento [la gravidanza surrogata.]"

Gli attacchi contro la gravidanza per altri in Italia sono calati quindi da diversi fronti, spesso fortemente contrapposti su altri temi come appunto i gruppi femministi e quelli cattolici. Le donne di Famiglie Arcobaleno hanno criticato chi ha collegato la gestazione per altri alla stepchild adoption, accusandoli di essere "personaggi omofobici e contrari a qualsiasi forma di estensione di diritti civili" e di aver "distorto e strumentalizzato" il dibattito sulla stepchild adoption.

Pubblicità

"Ciò che tutti si guardano bene dal dire," hanno scritto le donne di Famiglie Arcobaleno in un comunicato di dicembre 2015, "è che esiste una GPA possibile basata sull'autodeterminazione della donna, il rispetto assoluto delle sue scelte e di tutti gli attori coinvolti ma nessuno si prende la briga di parlare davvero con queste donne, preferendo il giudizio al dialogo."

All'interno di questo scenario elettrico, VICE News ha intervistato una donna che, tramite la gestazione per altri, ha permesso a due coppie gay italiane di avere dei figli, per capire se il dibattito sulle gravidanze surrogate in Italia è minimamente ancorato alla realtà.

Davide Mazzarella e Mirco Pierro sono una coppia di 40enni residenti a Roma.

La loro è la tipica casa di una famiglia con figli piccoli — seggiolone, giocattoli in bella vista, ciucci e biberon pronti sul tavolino all'ingresso. Da circa un anno, infatti, sono diventati genitori di Emanuele e Matteo, due gemelli nati grazie alla gestazione per altri.

Per costruire la loro famiglia, Davide e Mirco hanno avuto bisogno dell'aiuto di Rachelle Nelson, una donna californiana che ha accettato di portare avanti la gravidanza per loro.

Leggi anche: Per questo famoso attivista LGBT americano la situazione italiana "è uno scandalo"

Abbiamo incontrato Rachelle a Roma, proprio a casa di Davide e Mirco. È in Italia per far visita alla sue due famiglie italiane: una coppia di Pisa, per cui ha fatto da portatrice per la prima volta, e la famiglia di Roma. Mentre in Italia la gestazione per altri è vietata dalla legge 40, in California la legislazione in merito è la più liberale degli Stati Uniti, rendendo lo stato un polo attrattivo per la surrogazione con persone in arrivo da tutto il mondo.

Pubblicità

Quello che ha spinto Rachelle a iniziare, ci spiega lei stessa, è stato il desiderio di aiutare una coppia impossibilitata ad avere figli a creare una famiglia.

"Ho un rapporto fantastico con Davide e Mirco e con la famiglia di Pisa," spiega a VICE News. "Con la famiglia di Pisa, per il primo anno di vita del bambino siamo riusciti a sentirci su Skype almeno una volta a settimana, cosa molto rara."

"Mio marito scambia messaggi con [Davide e Mirco] quasi quanto me, riceve tutte le foto, abbiamo un gruppo su cui ci scambiamo messaggi," racconta Rachelle. "Tutti e quattro ci mandiamo messaggi e foto continuamente, io e mio marito mandiamo foto dei nostri figli e di quello che facciamo nel weekend; loro fanno la stessa cosa, è proprio una vera famiglia."

Il desiderio di famiglia, per sé e per gli altri, è un tema ricorrente nella nostra chiacchierata con Rachelle. La donna vive col marito e col figlio in California, e ha iniziato il suo percorso come portatrice su richiesta di un'amica: da quattro anni lei e il marito cercavano una gravidanza ma, scoraggiati dai continui insuccessi, hanno chiesto a Rachelle di portare avanti la gravidanza per loro.

La donna ha accettato ma, una volta avviata la procedura, la sua amica è finalmente rimasta incinta — "praticamente hanno smesso di provare ed è successo," spiega Rachelle. A quel punto, non avendo la coppia più bisogno di lei, Rachelle ha incontrato Fertility Miracles, un'organizzazione che mette in contatto genitori designati, portatrici e donatori e che segue l'intero percorso della gestazione per altri.

Pubblicità

"Siamo cresciuti in una società che dice 'Sei gay, non puoi essere un genitore'."

Tramite Fertility Miracles Rachelle, Davide e Mirco si sono conosciuti ad agosto 2014, quando è ufficialmente iniziato il processo che ha portato alla nascita di Emanuele e Matteo.

Davide e Mirco stanno insieme da 16 anni, e sin da subito avrebbero voluto diventare genitori. "Ma ci siamo dovuti confrontare con una sterilità sociale imposta, che alla fine abbiamo fatto nostra pur non volendo," spiega Davide.

"Siamo cresciuti in una società che dice 'Sei gay, non puoi essere un genitore.' Ma a un certo punto un desiderio di creare una famiglia si affaccia, conosci degli amici che hanno fatto una surrogazione di maternità in California e ti rendi conto che puoi avere una famiglia. Così decidi di iniziare il percorso."

Leggi anche: Omicidi, isolamento e paure: l'Italia ha un grosso problema con la transfobia

Dopo la nascita dei gemelli, Davide e Mirco hanno vissuto con i due bambini a casa di Rachelle - e di suo marito - per cinque settimane. Da loro hanno costruito un legame tra portatrice e genitori che loro stessi definiscono "raro": Rachelle si è resa disponibile per allattare i gemelli e ha organizzato il matrimonio di Davide e Mirco a Los Angeles — dove lei e il marito gli hanno fatto da testimoni.

"Ci siamo goduti proprio un bel periodo insieme. L'abbiamo vissuta intensamente, gomito a gomito," dice Davide.

Pubblicità

Fuori dai contesti familiari, però, il dibattito si concentra su altri aspetti: in particolare quello economico.

La discussione su stepchild adoption e GPA ha fatto spesso leva proprio sul fattore economico per criticare la pratica e spiegare come possa portare allo sfruttamento delle donne.

A luglio 2015, ad esempio, Avvenire ha pubblicato un'intervista ad Alberto Gambino, ordinario di Diritto privato all'Università europea di Roma, in cui il professore afferma che con l'approvazione della stepchild adoption "la maternità surrogata riceverebbe un ulteriore incentivo."

Lo stesso quotidiano descrive le portatrici come donne che "[mettono] a disposizione il proprio ventre per una somma di denaro, quasi sempre come effetto della sua situazione di indigenza."

Questo non è il caso di Rachelle.

"Non ho bisogno di essere una portatrice per l'aspetto economico, questo fattore non conta nulla per me o per la mia famiglia — avrei avuto questi bambini indipendentemente dal fattore economico," spiega a VICE News.

"Per noi hanno importanza loro [Davide e Mirco e i loro bambini]. Questo è il nostro obiettivo più grande, l'obiettivo finale: vogliamo contribuire alla creazione di una famiglia e vogliamo estenderla. Non si tratta solo di fare un bambino e darlo via. Nella mia situazione, l'aspetto finanziario non ha alcuna rilevanza."

Sul sito di Fertility Miracles sono indicati i sussidi e le indennità pagati alle portatrici durante e dopo la gravidanza. C'è innanzitutto "l'indennità per la portatrice" di 25.000 dollari, pagata a rate durante la gravidanza a partire dalla conferma di gravidanza; le donne che sono già state portatrici in passato ricevono invece 30.000 dollari.

Pubblicità

Ci sono poi tutte le indennità aggiuntive: 5.000 dollari per ogni gemello oltre al primo figlio; 800 dollari per i vestiti premaman; 500 dollari per le procedure invasive come amniocentesi, eventuale aborto o riduzione fetale; 1.500 dollari se il parto avviene tramite taglio cesareo, per compensare la donna per "il dolore e la sofferenza aggiuntivi, i rischi maggiori e il tempo più lungo necessario per il recupero;" 1.500 dollari per il sostegno psicologico durante e dopo la gravidanza; tra i 750 e i 1.000 dollari per le spese legali derivanti dalla stipulazione del contratto di gestazione per altri.

"Non guardo a questa situazione dal punto di vista dei soldi, ma la vedo come un'opportunità per creare una nuova famiglia, qualcosa che non potrebbero fare in altro modo per ovvie ragioni fisiche," precisa tuttavia Rachelle.

Rachelle ha infatti espressamente scelto di diventare portatrice per coppie di uomini. La donna fa anche parte - insieme a un folto gruppo di madri surrogate - dell'associazione americana Men Having Babies, che aiuta i genitori designati a dare risposte alle loro numerose domande e che li guida all'inizio del loro percorso.

Infatti, oltre ai dubbi che affrontano tutti i genitori prima della nascita di un figlio, Davide e Mirco hanno avuto a che fare con la procedura burocratica per il riconoscimento dei gemelli e la trascrizione dei loro documenti in Italia.

I bambini hanno un certificato di nascita degli Stati Uniti in cui risulta il padre genetico. Grazie a un accordo di mutuo riconoscimento degli atti fatti in Italia, Stati Uniti e Canada, l'atto di nascita emesso in America è stato recepito tale e quale anche in Italia: il certificato di nascita riporta il genitore legale e in Italia è stato trascritto così.

Pubblicità

"Di fatto noi abbiamo avuto due certificati: uno californiano in cui noi risultiamo entrambi genitori dei bambini, e ne abbiamo dovuto fare un altro in cui risulta solo il genitore genetico, in modo tale che ci sia la trascrizione in Italia," spiega Davide.

"Di fatto però in Italia siamo due papà single, rientrati dall'America dove sono nati i nostri figli," aggiunge Mirco.

Leggi anche: Cosa significa veramente vivere da asessuali in Italia

Ai bambini sono stati dati entrambi i cognomi dei genitori, "in modo che nei loro documenti d'identità comunque ci sia una traccia o un'impronta, nonostante in Italia non ci sia una legge in merito." Ma la mancata inclusione della stepchild adoption nel DDL Cirinnà fa sì che, legalmente, Davide e Mirco non siano genitori di entrambi i bambini.

"Per noi, su tutta la legge, era cruciale proprio quel punto" dice Mirco, con rammarico.

Nonostante questo, la vita di questa famiglia sembra scorrere come quella di qualunque altra, tra biberon, denti che spuntano, passeggini e le prime gattonate. In quello che Davide definisce il "mondo reale" - lontano dall'aggressività e dalla cattiveria che si sono scatenate nel "mondo virtuale" durante il dibattito sul DDL Cirinnà - la famiglia non ha riscontrato alcun tipo di resistenza.

"In questo quartiere, che è abbastanza popolare, dopo tre giorni tutti sapevano che noi eravamo i genitori dei gemelli," spiega Davide. "Credo nella vita reale ci sia molta curiosità, si cerca di capire. Noi ovviamente non ne facciamo mistero, sono i nostri figli e abbiamo sempre voglia di spiegarlo a tutti."

"Quando sono arrivati [i bambini] ci hanno cambiato completamente la vita," conclude Davide. "Se prima avevamo da pensare e da discutere, da quando ci sono i bambini ci siamo resi conto che non c'è nessuna discussione da fare, che loro sono sani, felici, crescono bene. Abbiamo fatto la cosa migliore, la cosa migliore che potevamo fare nella nostra vita."


Segui VICE News Italia su Twitter, su Telegram e su Facebook

Segui Giulia Saudelli su Twitter: @giuliaellli

Tutte le foto di Giulia Saudelli/VICE News