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islamofobia

Da quattro giorni gli ospedali lombardi hanno ufficialmente bandito burqa e niqab

A partire da gennaio 2016, non sarà più possibile entrare negli ospedali della Lombardia indossando burqa o niqab. Eppure, le nuove normative - richieste da diversi comuni - non sembrano disporre della base legale necessaria per entrare in vigore.
Foto via Flickr

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A partire dal primo gennaio, non è più possibile entrare negli ospedali della Lombardia indossando burqa o niqab. Il provvedimento che vieta l'ingresso nelle strutture regionali alle persone a volto coperto era stato approvato lo scorso 10 dicembre dalla Giunta regionale, guidata dal leghista Roberto Maroni.

Da Varese a Trieste, negli ultimi mesi del 2015 nel Nord Italia è ripartita la crociata contro il velo. Dopo gli attentati di Parigi, il divieto dell'uso di niqab e burqa è tornato prepotentemente nella retorica politica italiana.

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Pioniere fu, undici anni fa, Azzano Decimo. Il piccolo comune in provincia di Pordenone introdusse infatti la prima norma anti burqa in Italia—che venne poi annullata dal prefetto e dai giudici amministrativi.

Oggi a cavalcare la crescente paura nei confronti di una presunta minaccia jihadista sono alcuni esponenti della destra italiana.

L'amministrazione comunale di Varese, guidata dal leghista Attilio Lombardi, aveva già approvato nel gennaio scorso una mozione per mettere al bando il copricapo nei luoghi pubblici e all'aperto. A votarla furono i consiglieri di Forza Italia, promotori della proposta, insieme a Lega Nord, Udc e Ncd.

Per l'entrata in vigore dell'ordinanza, tuttavia, si attende ancora il via libera del prefetto locale. Così, nelle ultime settimane, il sindaco della cittadina lombarda è tornato alla carica invocandone una rapida approvazione.

Leggi anche: Sul tema della legittima difesa la politica italiana sta perdendo la testa

"I recenti episodi terroristici e l'innalzamento dal livello di allarme nell'intero Paese verso il rischio di attentati," si legge nel comunicato firmato da Fontana, "richiedono l'adozione di misure contingibili e urgenti finalizzate all'immediata riconoscibilità di chiunque si muova in luoghi pubblici o aperti al pubblico nel territorio cittadino."

Ma quello di Varese non è un caso isolato. Trenta chilometri più a sud i consiglieri comunali di Busto Arsizio si sono uniti alla crociata contro il velo. Qui 'l'escamotage' escogitato dai membri di Lega Nord e Forza Italia sarebbe quello di modificare il regolamento della Polizia Municipale - il quale non necessita dell'assenso del prefetto - intimando il divieto di indossare il velo, ma senza mai nominarlo esplicitamente.

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"Come a dire che la questione posta all'attenzione delle forze politiche non è religiosa, bensì legata a questioni di sicurezza," scrive il quotidiano locale La Prealpina.

Se approvato dal consiglio comunale, il nuovo testo del regolamento stabilirebbe che "è vietato portare in luogo pubblico o aperto al pubblico indumenti o manufatti tali da rendere difficoltoso il riconoscimento della persona."

Come detto, in Lombardia il fronte anti-velo si muove soprattutto a livello regionale. Questa mattina la giunta guidata dal leghista Roberto Maroni ha vietato espressamente l'ingresso in tutti gli uffici regionali, compresi gli ospedali, "con il velo, il burqa e cose del genere."

Portavoce della proposta è stato Fabio Rolfi, vice capogruppo della Lega in Regione. Il giorno dopo gli attacchi di Parigi, Rolfi aveva pubblicato sul suo profilo Facebook la foto di una donna in niqab con in braccio un neonato scattata in un ospedale bresciano.

"Farò rispettare il divieto di circolare in luogo pubblico a volto coperto, anche all'interno dello strutture sanitarie regionali. Se a qualcuno non va bene, può sempre tornare a partorire al proprio paese," aveva scritto Rolfi di fianco all'immagine.

(foto di Beau Giles in CC)

Spostandoci più a est la musica è sempre la stessa. A Noventa Padovana il consigliere comunale leghista Marcello Bano ha chiesto a gran voce l'introduzione di un divieto su tutto il territorio comunale di frequentare luoghi pubblici con il velo islamico. A detta di Bano, "si tratta di una questione di buon senso".

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Mentre a Trieste Luca Chiavegatti, candidato sindaco per la Destra Sociale, ha invocato tramite un comunicato stampa il divieto di portare il velo integrale "per combattere il neofondamentalismo islamico nel nostro paese."

In realtà, in Italia non esiste una legge che impedisca l'uso di hijab, niqab, burqa, e qualsiasi altro copricapo religioso.

Chi sostiene il contrario, chiama solitamente in causa l'articolo 5 della 'Legge Reale' del 1975, il quale vieta "qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo."

I tribunali che si sono espressi sulla questione hanno però sempre stabilito che le convinzioni religiose, che portano alcune donne all'utilizzo dell'hijab, del niqab o del burqa, rappresentano un "giustificato motivo."

A ribadire il concetto è anche una sentenza del Consiglio di Stato, chiamato a esprimersi sul caso di Azzano Decimo nel 2008.

"Gli atti amministrativi della regione o dei comuni che pretendono di disciplinare non possono essere validi," sostiene a VICE News l'avvocato Alberto Guariso, coordinatore dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (ASGI), annunciando di voler impugnare la delibera odierna della Regione Lombardia.

"Si tratta di una materia che può essere regolata solo dalla legge, come stabilisce l'articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. La corte di Strasburgo ha detto che anche il velo rientra nelle manifestazione della libertà religiosa. Non c'è nessuna competenza delle autorità amministrative di intervenire su questo problema. Non vedo come possano sostenere il contrario."

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C'è chi ha già pagato di tasca propria le conseguenze della battaglia contro il velo islamico. È il caso di Gianluca Buonanno, europarlamentare della Lega Nord, noto per le sue iniziative al limite. Nel 2009 l'allora sindaco di Varallo Sesia fece erigere dei cartelli all'ingresso del paese in provincia di Vercelli che mostravano graficamente il divieto di indossare il velo nel suo comune.

(via)

Nel 2014 Buonanno, denunciato da due cittadini sentitisi offesi dall'ordinanza, è stato condannato dal Tribunale di Vercelli a un risarcimento di 11.500 euro.

Leggi anche: Siamo stati a Nissoria, unico comune in Sicilia con un sindaco leghista


Questo articolo è stato leggermente riadattato in data 4 gennaio 2015. Il titolo originale dell'articolo, pubblicato il 10 dicembre 2015, era: "La guerra contro il velo sembra essere la nuova priorità del centrodestra italiano".

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Foto di apertura di Patrick Denker via Flickr in Creative Commons.