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intervista

'Ci vogliono sportivamente morti': Abbiamo parlato di doping con l'allenatore di Schwazer

Alessandro Donati, 69 anni, sta combattendo contro quella che a VICE News definisce "la bomba a orologeria della positività." Gli abbiamo chiesto perché si sente al centro di un attacco personale, e perché pensa che Schwazer sia innocente.
Sandro Donati, 69 anni. [Foto via VICEonSkyTG24]

Aggiornamento dell'11 agosto 2016: Alex Schwazer è stato squalificato per 8 anni. Il Tas di Losanna ha accolto tutte le richieste della Iaaf con effetto immediato: il Tribunale ha inoltre decretato la non eleggibilità del marciatore altoatesino per le competizioni olimpiche.


"Vogliono la nostra morte sportiva, mia e di Alex."

Alessandro Donati, 69 anni, sta combattendo contro quella che a VICE News definisce "la bomba a orologeria della positività."

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Figura di spicco nella lotta al doping a livello internazionale da oltre trent'anni, Donati è l'allenatore del marciatore altoatesino Alex Schwazer, risultato positivo al testosterone sintetico dopo un test effettuato il primo gennaio di quest'anno e reso pubblico dopo la qualificazione dell'atleta ai Giochi di Rio 2016.

Oggi Donati sta aspettando la sentenza definitiva da parte del Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna sulla possibile partecipazione di Schwazer alle Olimpiadi, al via il prossimo 5 agosto.

In caso di conferma dell'esclusione olimpica, il professore minaccia di lasciare: "Il baratro che si è creato tra me e lo sport è divenuto incolmabile. Se il ricorso dovesse essere respinto lascerei lo sport e penso che anche Alex farebbe altrettanto."

Donati, autore dei libri "Campioni senza valore" e "Lo sport del doping", era tra coloro che hanno contribuito alla stesura delle legge n.376/2000, che da sedici anni regola la 'Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping'.

Quest'anno il caso di Schwazer ha scosso il mondo dello sport italiano: squalificato nel 2012 per aver assunto Epo subito prima dei Giochi olimpici londinesi, il corridore è stato sorpreso dalla comunicazione di una nuova positività lo scorso 21 giugno, dichiarandosi però innocente.

Guarda anche: Doping della domenica, l'inchiesta di VICEonSkyTG24

Quel giorno, la IAAF (Federazione Internazionale di Atletica Leggera) ha diramato la comunicazione ufficiale della positività di Alex al testosterone sintetico, pur essendo in possesso della notizia sin dal 13 maggio e avendo permesso all'atleta di gareggiare sulla 20 km in Coppa del mondo a La Coruña il 28 maggio.

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I legali del marciatore, tuttavia, hanno denunciato una possibile irregolarità procedurale da parte dei controllori della IAAF.

Il modulo rosa del controllo, al posto dell'indicazione generica della nazione in cui è avvenuto il prelievo - che serve a rendere anonimo il controllato al momento delle analisi - avrebbe recato la scritta: "Racines, Italia. Maschio che gareggia su lunghe distanze, superiori a 3 km", facendo intendere ai tecnici di laboratorio come il campione siglato A3959325 appartenesse a Schwazer.

VICE News ha contattato Sandro Donati per discutere la sua posizione e il ruolo delle istituzioni sportive e politiche in questa battaglia, i limiti degli attuali controlli antidoping e il presente della marcia italiana.

VICE NEWS: Professor Donati, il ruolo della IAAF appare centrale in questa vicenda. Lei come reputa i primi mesi di presidenza da parte di Sebastian Coe, il politico ed ex atleta britannico in carica dall'agosto 2015?
Sandro Donati: Sebastian Coe è stato tanto coraggioso come atleta quanto, mi sembra, privo di capacità decisionale in questo ruolo. Personalmente ho intrattenuto con lui una corrispondenza. Mi ha risposto alla prima lettera, in cui gli chiedevo garanzie sul fatto che i giudizi tecnici in gara fossero esaminati con attenzione e obiettività poiché già mi rendevo conto dell'ostilità che c'era per il ritorno alle gare di Alex, visto che nella marcia il gesto tecnico è fondamentale e su tale questione avevo percepito una certa tensione nell'ambiente. Successivamente gli ho riscritto sempre su questo argomento, ma dalla seconda lettera non mi ha più risposto.

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Coe ha dichiarato di non essersi reso conto delle truffe perpetrate dall'ex presidente della IAAF Lamine Diack (di cui era vice) né di quelle del proprio portavoce Davies. Che cosa ne pensa?
Coe è stato attaccato dalla stampa e dalle televisioni della sua nazione, da cui è stato accusato di rispondere sempre di non sapere ciò che facesse Lamine Diack, nonostante lui ne fosse il vice. Dopodiché è giunto un altro aspetto inquietante, in cui è stato coinvolto il suo portavoce, Nick Davies, menzionato in alcune email scambiate tra Diack padre e figlio, da cui si denota come questi avesse ricevuto una somma di 50.000 euro da parte dei russi (per coprire alcuni casi doping, ndr) ed è sorprendente come, pure in questo caso, Coe abbia detto di non saperne nulla. Tra l'altro, la magistratura francese ha sequestrato la posta dei Diack, da cui è emersa un'altra email, in cui Davies parla di "come sistemare i cadaveri russi", intendendo con ciò quegli atleti risultati positivi ai controlli, la cui colpa non era ancora stata resa nota ufficialmente. E anche su ciò Coe ha taciuto. Quindi sta cominciando a emergere la sua figura, ben diversa da come si aspetterebbe la gente guardando a un grande campione.

"Da quando ho iniziato ad allenare Schwazer, è partita una campagna di ostilità nei nostri confronti."

Prevede un nuovo corso rispetto agli anni bui delle gestioni di Primo Nebiolo e Lamine Diack?
Lui ha detto di voler cambiare rotta rispetto a Nebiolo e Diack, ma non dimentichiamoci come Jane Boulter-Davies (moglie di Nick Davies) e il medico Pierre-Yves Garnier, pur essendo stati sospesi in quanto a loro volta destinatari di soldi dai russi, siano andati alla Procura di Bolzano a testimoniare in difesa del dottor Fischetto (ex medico della FIDAL, Federazione Italiana di Atletica Leggera, ndr) e, alla domanda per cui si trovassero lì nonostante la sospensione, hanno dichiarato di non essere stati sospesi, ma semplicemente ricollocati in un altro ufficio. Qui siamo davanti a un'opacità, perché ricordiamoci come il 1 gennaio, Davies, Boulter e Garnier fossero pienamente operativi nel settore antidoping della IAAF e il controllo incriminato ad Alex sia avvenuto proprio in quel frangente.

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Nella vicenda riguardante la presunta positività di Alex, qual è stato il ruolo della WADA, l'Agenzia Mondiale Anti-Doping?
Nei primi giorni dopo la positività, avevo mosso dei sospetti verso la WADA, ma poi mi sono subito ricreduto, visto che la situazione era stata gestita completamente dalla IAAF, mentre la WADA ne era estranea. In ogni caso, spero che aiuti a chiarire la vicenda e che sia fatta luce sulla documentazione completa, visto che ai legali di Alex è stata fatta pervenire dalla IAAF solo parzialmente. Non siamo per esempio a conoscenza di alcuni fatti riguardanti la tempistica e su chi abbia assunto certe rilevanti decisioni.

Diverse persone e associazioni si stanno muovendo per aiutare Alex a pagare le ingenti spese legali. Per esempio, l'associazione Libera ha aperto un conto corrente presso la filiale di Roma della Banca Etica. Qual è il suo parere su tale iniziativa?
Libera ha aperto questo conto su cui convergeranno gli aiuti di tante persone che sono rimaste colpite dai fatti e che ci sostengono, per evitare che Alex finisca in serie difficoltà economiche. La cifra da pagare al TAS di Losanna è molto rilevante e Alex ha già speso molto per pagare i consulenti, parte degli avvocati poiché, finora, l'avvocato Brandstaetter ha lavorato a titolo gratuito. È sintomatico, dicevo, che si siano già letti alcuni attacchi a Libera, accusata di utilizzare denaro pubblico per questa situazione. A parte che a Libera giungono i contributi di singoli cittadini attraverso la donazione del 5 per mille, in verità, si vuole semplicemente la morte mia e di Alex, ovviamente intesa come morte sportiva.

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In che senso?
Da quando ho iniziato ad allenarlo, è partita una campagna di ostilità nei nostri confronti: si è iniziato affermando che corresse al posto di marciare. In gara, però, non ha mai ricevuto alcun richiamo dai giudici. Poi si è detto che io fossi un incompetente nel campo della marcia, ma alla mia prima esperienza in questo settore non mi sembra di essermela cavata così male. Quindi hanno pure affermato che il suo ritorno alle competizioni fosse solo un'operazione di facciata e di marketing. A tal riguardo, tutti hanno potuto però constatare come Schwazer non avesse nemmeno uno sponsor e si sia pagato da solo l'albergo, il cibo, i viaggi, le scarpe e i controlli ematici effettuati dall'ospedale San Giovanni. Nessuno ha mai chiesto scusa per tutte queste menzogne.

Da dove è partita questa campagna di ostilità?
Non ci vuole tanto a capire che esistesse contro di lui e contro di me un'orda scatenata, che partiva dalla IAAF e proseguiva con i vecchi rappresentanti dell'atletica di Nebiolo e altri che si sono poi accodati. Tutte queste persone hanno fatto da avamposto per poi allestire un ridicolo esposto, in cui era scritto che Alex, prima del termine della sua squalifica avvenuto il 28 aprile, avrebbe disputato una sorta di gara il 13 marzo. In realtà, questa "sorta di gara" non era altro che un allenamento in mezzo al traffico sulle strade di Grottarossa in cui lui marciava da solo e io, al suo fianco, gli prendevo i tempi. Semplicemente erano venuti tre delegati della federazione a rendersi conto delle sue condizioni fisiche a 46 giorni dalla fine della squalifica per vedere se potesse essere all'altezza della convocazione in azzurro una volta rientrato. Quindi, mentre stava tenendo in caldo la bomba a orologeria della positività che in seguito sarebbe emersa, la IAAF stava bersagliando anche la Federazione italiana di atletica per muovere nuove accuse ad Alex, ma anche quel tentativo è poi fallito poiché la FIDAL ha potuto dimostrare come quello fosse un semplice allenamento.

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Il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Claudio Fava ha recentemente dichiarato la propria perplessità riguardo diversi punti della questione, aggiungendo che sembrerebbe essere un modo per colpire la sua attività di denuncia. Come si sta comportando il mondo della politica verso il fenomeno del doping?
Finora sono sempre prevalsi accordi tra istituzioni che hanno bloccato la questione. Lei sa che è stata emanata una legge (n. 376/2000, ndr) in materia di antidoping, che prevedeva che entro 180 giorni dalla sua promulgazione, tutte le competenze in materia di controlli antidoping passassero al Ministero della Salute e queste, dopo circa sedici anni, sono invece ancora nelle mani del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) anche se, formalmente, tutto avviene attraverso un'agenzia solo teoricamente autonoma (NADO-Italia) finanziata dal CONI, gestita dagli impiegati del CONI, nella sede del CONI… Insomma non prendiamoci in giro, fino a che la situazione sarà tale è chiaro che la politica dimostrerà di seguire un altro tipo di logiche, cioè di accordo tra istituzioni, in questo caso politiche e sportive.

Come sta agendo invece il CONI del presidente Malagò?
Non metto in dubbio che il presidente del CONI Giovanni Malagò durante l'ultimo anno abbia cercato di migliorare la situazione, affidando all'ex Generale Comandante dell'Arma dei Carabinieri Leonardo Gallitelli il coordinamento di questa agenzia antidoping. Ma rimane comunque una situazione distante dalla legge, che non è stata applicata. Per inciso, noto che a livello nazionale e internazionale mi viene riconosciuto un ruolo storico di analisi e denuncia ma il suddetto generale non ha mai sentito la necessità di invitarmi a un incontro per apprendere anche il mio punto di vista. Dimenticando che io ho contribuito a formare, insieme all'Istituto Superiore di Sanità, duecento carabinieri sulla tematica dell'antidoping e che ho perfino svolto un lungo studio sui risultati investigativi di tutti i nuclei NAS in Italia.

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Ritornando al mondo politico, intravede qualche spiraglio per far applicare la legge al più presto?
Non saprei. Mi è capitato in numerose occasioni di parlare con onorevoli e senatori personalmente favorevoli all'applicazione della legge, ma poi mi dicono di non contare nulla rispetto a coloro i quali, nei loro rispettivi partiti, hanno veramente in mano il potere e che forse sono più interessati ad accordi tra istituzioni che al rispetto della legge.

Negli anni Novanta lei allenava l'ostacolista Anna Maria Di Terlizzi, vittima di un caso di manipolazione di una provetta durante le analisi antidoping al laboratorio dell'Acquacetosa a Roma. Esistono similitudini tra le vicende di Anna Maria, poi scagionata, e Alex?
Le similitudini sono numerose e ciò mi ha dimostrato come io non debba più allenare atleti, proprio per tutelarli da tali situazioni. Anche in quel periodo stavano accadendo diversi avvenimenti importanti, come per esempio la mia realizzazione del dossier sull'Epo, grazie a cui sarebbe esploso il problema riguardante Conconi (il creatore del sistema doping nello sport italiano, ndr). Le analogie risultano perciò evidenti, con la differenza che all'epoca fui attaccato dalle istituzioni nazionali, mentre ora da quelle internazionali.

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Lei intende dalla federazione russa e della IAAF?
Sì. Nel periodo del procedimento di Bolzano, mi sono occupato molto degli atleti russi e ho chiesto alla WADA di portare alla luce quel gigantesco database pieno di valori anomali da parte di atleti di tutto il mondo. Va detto con forza che molte gare, anche a livello giovanile, sono dunque state falsate per anni. Alla fine è stato deciso di farmi pagare il conto.

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Secondo lei, da un punto di vista scientifico esistono limiti nell'efficacia dei controlli antidoping?
Il caso delle analisi di Alex ha dimostrato in maniera chiara come sia possibile effettuare controlli estremamente minuziosi, pur ribadendo come il laboratorio di Colonia avesse classificato inizialmente l'urina di Alex come negativa ma poi, magicamente, qualcuno abbia intuito altro e abbia avvisato i tecnici tedeschi di provvedere a un ulteriore esame. Evidentemente qualcuno sapeva che quella minuzia fosse presente e dovesse essere ricercata meglio. A parte ciò, è stato comunque dimostrato come oggi esistano gli strumenti per scoprire il testosterone o gli anabolizzanti anche in piccole dosi. La questione principale consiste nello svolgimento di controlli a sorpresa con una strategia efficace, mentre ciò che non funziona affatto riguarda i cosiddetti "Missed tests" (i test a cui un atleta non si rende reperibile, ndr).

"È imperdonabile che Alex abbia un talento incredibile e che io sappia allenare."

Per quale motivo non funzionerebbero?
In precedenza, l'arco di tempo in cui era possibile saltare due controlli antidoping (al terzo si era squalificati, ndr) era di diciotto mesi, mentre ora è sceso a dodici. Capisce , dunque, come l'atleta malintenzionato abbia a propria disposizione ben due jolly da giocarsi nel giro di appena un anno per evitare di sottoporsi ai controlli a sorpresa. Schwazer, prima di allenarsi con me, aveva saltato alcuni test e modificato la propria reperibilità per non farsi trovare dai controllori, ma da quando è seguito da me non è più avvenuto nulla di tutto ciò. Comunque, questo fatto è inquietante. Rendiamoci conto di come diversi atleti, grazie ai missed test, possano sfuggire a un'eventuale positività e chi abbia stabilito questo nuovo regolamento, dovrebbe forse ricordarsi come inizialmente l'arco di tempo per i "Missed tests" fosse addirittura di cinque anni. Inoltre, quando viene saltato un test, si innesca un circuito secondo cui l'atleta dovrebbe giustificare la propria assenza attraverso una documentazione ufficiale e non tramite scuse irrisorie o improponibili; in quest'ultimo caso gli viene affibbiato un "Missed test" e forse, in questi casi, sarebbe utile stabilire una serie di controlli ravvicinati per metterlo alle strette. Io alzerei la soglia dei dodici mesi ad almeno tre o quattro anni.

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Ritornando a Schwazer: che cosa pensa di lui come atleta?
Alex è un vero campione, provvisto di un talento fenomenale. Se il responso del TAS di Losanna dovesse risultare negativo, sarebbero riusciti a maciullare un campione. Uno che a Roma, in Coppa del mondo, ha distanziato nettamente i propri avversari. Inoltre qualche persona dotata di ignoranza storica ha cercato di sostenere che i tempi da lui realizzati fossero un po' troppo esagerati come se, impazzito o falso fino al midollo, io avessi preso certe vie. In verità non hanno pensato o non sono in grado di capire che il raggiungimento di certi risultati sia possibile grazie a una valida metodologia di allenamento e forse ciò, per alcuni, è imperdonabile. È imperdonabile che Alex abbia un talento incredibile e che io sappia allenare. È inoltre imperdonabile che qualcuno, mettendosi in gioco con umiltà come ho fatto io, possa apprendere i fondamenti della marcia nel giro di qualche mese, dopo confronti con altri allenatori e diversi giudici di gara, e parallelamente stabilire una valida metodologia di allenamento.

La marcia italiana ha avuto Sandro Damilano come figura tecnica di riferimento negli ultimi decenni e suo fratello Maurizio, olimpionico a Mosca '80 e da lui allenato, era presente nella lista di sportivi trattati dal prof. Francesco Conconi, il quale fu riconosciuto colpevole di reati legati al doping (fino al 9 agosto 1995) da una sentenza emessa dal Tribunale di Ferrara. Sta cambiando qualcosa nella marcia azzurra rispetto ad allora?
Sandro Damilano, un uomo di una certa età che dovrebbe possedere anche una certa ponderazione, 24 ore prime della gara sulla 50 km di Coppa del mondo a Roma, ha affermato come gli atleti già squalificati per doping non dovrebbero essere convocati in nazionale e partecipare alle Olimpiadi. Ma da quale pulpito proviene la predica, mi chiedo. Suo fratello Maurizio, di cui lui era l'allenatore, era presente nei file di Conconi e tutti gli sportivi presenti in quelle liste sono stati dichiarati, senza alcun dubbio, dai periti del Tribunale di Ferrara tra i quali il professor D'Onofrio che attualmente fa parte del Panel internazionale sul passaporto biologico, come assuntori di Epo. Allora mi domando perché Sandro Damilano, che è pagato per allenare i marciatori cinesi si sia permesso di tenere lezioni di etica e di intervenire essendo tutt'altro che terzo, tanto più che la posizione nella IAAF del fratello Maurizio, capo della marcia internazionale, avrebbe dovuto suggerirgli ulteriore prudenza. Tempo fa avevo già detto come spesso venissi attaccato dalla "corte dei miracolati di Conconi", cioè da quei soggetti che, come atleti, allenatori o dirigenti, abbiano ottenuto certe performance grazie ai trucchi di Conconi.

Avete subito attacchi anche per quanto concerne l'iscrizione alla gara di Coppa del mondo a Roma?
Sì. Alcuni rappresentanti di questa "associazione di miracolati" avevano asserito che Alex non sarebbe potuto essere iscritto alla prova di Coppa del mondo a Roma visto che i termini di iscrizione sarebbero scaduti prima della fine della sua squalifica. Purtroppo per loro, però, non solo non conoscevano bene il regolamento secondo cui le iscrizioni potevano essere modificate fino all'ultimo, ma non erano soprattutto a conoscenza del pronunciamento del TAS di Losanna, che in un'edizione dei Giochi olimpici aveva obbligato il CIO ad ammettere in gara un atleta, la cui squalifica si concludeva dopo i termini di iscrizione, ma prima dell'inizio della manifestazione.

Il mondo sportivo sta uscendo dall'omertà oppure non vede alcun segnale di rottura rispetto al passato?
Diverse persone hanno lanciato qua e là un segnale, ma solitamente si tratta soltanto di segnalazioni timide e parziali.

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