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Secondo questo studio l'Italia è - ed è sempre stata - il paradiso della cannabis

La coltivazione di cannabis sativa in Italia sarebbe in fortissima crescita, in un paese che ha una solida tradizione andata quasi del tutto persa negli ultimi decenni.
La lavorazione della canapa in Italia/Wikimedia Commons

Secondo quanto emergerebbe da uno studio di Coldiretti, la coltivazione italiana di cannabis sativa - o canapa - sarebbe in fortissima crescita.

Si parla di circa 300 aziende, per una superficie di almeno 1000 ettari e un territorio che - sempre stando al report dell'organizzazione - evidenzierebbe condizioni "pedoclimatiche particolarmente favorevoli."

Sembra infatti che quasi tutta la penisola italiana offra terreni e clima ideale per questo tipo di coltivazione, che non si limiterebbe - peraltro - alla sola specialità della sativa: ottimi risultati sarebbero arrivati anche dalla coltivazione dell'indica, nota anche come canapa indiana.

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Ma è la cannabis sativa a promettere di più e meglio, specie per i molteplici usi per cui può essere impiegata: dai tessuti all'edilizia, dalle vernici alla carta all'industria alimentare, la canapa è un materiale versatile che può essere sfruttato e venduto in modi diversi.

Non stupisce, dunque, se il trend è così positivo. Basta pensare al fatto che - tralasciando l'antica tradizione delle Repubbliche marinare - l'Italia è sempre stato un territorio molto prolifico da questo punto di vista: attorno agli anni Quaranta il nostro paese ospitava circa 100mila ettari coltivati a canapa, con una produzione seconda solo all'Unione Sovietica, e un'esportazione che veleggiava su numeri altamente concorrenziali rispetto al mercato della canapa globale.

"Producevamo più canapa di quanto se ne produce oggi in tutto il mondo," spiegano dalla Commissione Agricoltura del MoVimento 5 Stelle, tra i promotori di una nuova legge che regoli e rilanci la produzione italiana. E in effetti, in Italia esistono regioni come il canavese, in Piemonte, nelle quali questo tipo di coltivazione era quasi essenziale per l'economia locale — la stessa parola "canavese" deriverebbe infatti da "canapa".

Ma cosa è successo poi?

La spiegazione più immediata è quella che fa riferimento all'arrivo sul mercato della fibra sintetica - come il nylon, per esempio - che ha finito col rimpiazzare un materiale come quello ricavato dalla canapa, il cui utilizzo poteva essere applicato praticamente a tutto.

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In secondo luogo, a minare gravemente il mercato italiano è stata la campagna internazionale contro gli stupefacenti e i successivi interventi normativi antidroga, che hanno generato una confusione tale da azzerare l'intera produzione industriale.

Non sono pochi i casi recenti, infatti, nei quali vengono erroneamente sequestrate intere coltivazioni legali e ad uso industriale in fallimentari operazioni antidroga — non ultimo il caso di Viterbo, con tanto di arresto del proprietario dei terreni.

Il video dell'arresto di Viterbo.

Nel 1961 il Governo Italiano - insieme ad altri - aveva sottoscritto una carta chiamata "Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti," in cui veniva stabilito e promesso che entro 25 anni dalla ratifica la canapa sarebbe dovuta scomparire a livello globale. La "Legge Cossiga" sulle droghe, poi, ha inferto il colpo di grazia.

Un'interruzione che secondo il deputato di Sinistra Italiana Adriano Zaccagnini, firmatario di una proposta di legge sul tema, sarebbe stata causa "di un pesante gap tecnologico sia nella genetica, settore in cui l'Italia aveva in passato primeggiato, sia per quanto concerne i macchinari agricoli e quelli per la prima trasformazione."

Ad oggi, comunque, la coltivazione sembra esser ripresa in molti paesi d'Europa, e attualmente, su 20mila ettari coltivati a canapa continentali, più di 11mila sarebbero francesi.

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In Italia è stato da poco presentato un testo unico che racchiude diverse proposte, che è già passato al vaglio della Camera ed è da approvare in Senato.

Si tratta di un documento che, secondo alcuni dei firmatari e relatori come Nicodemo Oliverio e Alessandra Terrosi del PD, sarebbe "una risposta concreta a un settore andato in crisi soprattutto per la politica aggressiva delle multinazionali, a cui si è aggiunta una normativa antidroga accompagnata dal convincimento errato che la coltivazione della canapa industriale fosse del tutto vietata."

Gli elementi fondamentali di questa legge sono due: l'aumento del THC dallo 0,2 allo 0,6 per cento, ossia del principio attivo che rende psicotropa la pianta ma che in natura serve a renderla più resistente; e lo stanziamento di 1,5 milioni di euro per gli impianti di trasformazione.

Per quanto riguarda invece la questione della coltivazione a scopo terapeutico, in queste settimane dall'Istituto Chimico Farmaceutico di Firenze dovrebbero partire circa 2.400 barattoli di cannabis terapeutica, per raggiungere gli scaffali delle farmacie italiane.

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Foto via Wikimedia Commons