Attualità

L'associazione che riunisce i rifugiati siriani e i loro animali domestici

Rawaa Kilani è la fondatrice di CatConnect, una no-profit con sede nei Paesi Bassi che riunisce i proprietari con gli animali domestici rimasti in Siria.
Lisa Lotens
Amsterdam, NL
Daniele Ferriero
traduzione di Daniele Ferriero
Milan, IT
Hiba Gatti

“Kyra! Kyra!”, si sente chiamare dall’interno dell’appartamento. Sono a Utrecht, in Olanda, e sono qui per incontrare la 29enne Hiba e i suoi gatti Kyra e Tabloesj. Hiba è scappata con la sua famiglia da Damasco, la capitale della Siria, nel 2016, quando la guerra civile aveva già reclamato 400.000 vite. Per arrivare in Olanda, dove ora vive con lo status di rifugiata, avevano dovuto lasciare Tabloesj in un rifugio e Kyra presso alcuni amici.

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Ad oggi, l’esodo dei siriani mantiene il suo doloroso primato: si tratta della principale crisi di profughi al mondo in termini numerici. L’ONU parla di 5,6 milioni di profughi registrati e residenti nei paesi limitrofi come Egitto, Libano, Turchia, Giordania, Iraq.

A questi si aggiungono le persone rimaste in Siria, ma costrette a lasciare la propria città per via del conflitto, e quelle che hanno raggiunto altri paesi fuori dalla regione—spessissimo affrontando un viaggio rischioso che non si conclude al punto di arrivo, ma riprende tra permessi umanitari e il tentativo di costruirsi una nuova vita. In questo articolo abbiamo pensato di affrontare un lato di quest’ultimo aspetto.

Gatto rifugiati siriani

Tabloesj, il gatto di Hiba.

“Piangevo ogni giorno,” dice Hiba quando le chiedo del periodo in cui Kyra e Tabloesj erano ancora in Siria. “Nessuno voleva Tabloesj. So che non era trattato bene nel rifugio in cui è rimasto per due anni e che gli altri gatti lo aggredivano. Quindi ho chiesto aiuto a Rawaa.”

Gatto rifugiati siriani

A Kyra piace dormire su un letto per bambole

Rawaa Kilani, 43 anni, è la fondatrice di CatConnect, un’associazione no-profit con sede nei Paesi Bassi che riunisce i proprietari con gli animali domestici rimasti in Siria. Rawaa racconta di essere molto conosciuta nella sua città natale, Damasco, dove ha vissuto fino al 2016. Anche Netflix ha parlato del suo lavoro, nella docuserie Dogs, dove Rawaa viene mostrata mentre aiuta il rifugiato siriano Ayham a far uscire il suo husky, Zeus, dal paese.

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Tuttavia, Rawaa non si limita a organizzare questi ricongiungimenti, bensì si prodiga anche per trovare nuove case a centinaia di cani e gatti randagi provenienti dalla Siria. Gli animali finiscono per arrivare poi in tutta Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Giordania, Egitto e Turchia.

Rawaa Kilani CatConnect gatto

Rawaa Kilani all'aeroporto di Bruxelles

Al telefono, Rawaa mi racconta che si occupa del salvataggio degli animali da 25 anni. Prima di essere costretta a lasciare Damasco, aveva personalmente adottato 40 gatti e aveva l’abitudine di nutrire ogni giorno fino a 150 randagi. Nel 2010, ha fondato CatConnect con un’amica che viveva nei Paesi Bassi, con questa divisione dei compiti: Rawaa avrebbe salvato i gatti, mentre l’amica avrebbe coordinato il trasporto e l’adozione.

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Ma, nel 2016, Rawaa ha lasciato la Siria e ha cominciato a gestire CatConnect da sola. Ora vive con suo marito, due neonati e quattro gatti nella città di Apeldoorn.

“Credo di aver aiutato 7 o 8 famiglie a riunirsi con i propri animali qui nei Paesi Bassi,” precisa, “ma a livello mondiale quel numero è molto più alto.” Al momento, sta assistendo una ragazza che vuole portare suo nonno dalla Siria proprio nei Paesi Bassi, benché l’uomo si rifiuti di muoversi senza i due cani della famiglia. La pandemia, in tutto ciò, sta complicando una situazione già delicatissima.

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Gatto rifugiati siriani

Tabloesj

La squadra di Rawaa provvede anche ai test per la rabbia e alle vaccinazioni di cui gli animali hanno bisogno per essere ammessi in Europa.

I costi del ricongiungimento si aggirano sui 600 euro tutto compreso e, se qualcuno non può permetterselo, CatConnect aiuta anche a raccogliere la somma necessaria. Al momento, l’associazione sopravvive grazie alle donazioni.

Gatto rifugiati siriani

Hiba, sua mamma e Tabloesj.

Prima di lasciare Damasco, Hiba aveva circa dieci gatti. “Impariamo sin dalla più tenera età che gli animali non valgono niente,” ha constatato. “Non è molto comune, da noi, il volersi curare degli animali.”

A suo dire, le strade della capitale sono piene di randagi per la semplice ragione che, nella cultura e società siriana, sono poche le persone che tengono animali in casa. “Se un gatto viene investito da una macchina, nessuno pensa a fermarsi o a portarlo dal veterinario,” dice, per poi aggiungere che lei e la sua famiglia amano i gatti da sempre e avevano anche l’abitudine di aiutare e nutrire molti animali bisognosi.

Gatto rifugiati siriani

Kyra e Hiba

Reem, 42 anni, e sua figlia Sedra, 17, sono altre due persone che hanno potuto riunirsi con le controparti a quattro zampe grazie a Rawaa. Parlando con loro via Zoom, ho scoperto che entrambe erano scappate lungo una rotta che aveva attraversato il Libano, la Turchia e la Grecia nel 2015, ed erano state costrette a lasciare i loro gatti Jack e Rose con il padre di Sedra—i suoi genitori sono divorziati, ma ora anche suo padre risiede nei Paesi Bassi.

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Sedra ha raccontato che il suo viaggio nei Paesi Bassi è stato traumatico. L’imbarcazione che le ha traghettate dalla Turchia alla Grecia si è distrutta durante il tragitto e, sotto la minaccia delle armi dei soldati greci, i profughi sono stati abbandonati senza cibo né acqua. “Abbiamo impiegato in totale 20 giorni e abbiamo a malapena dormito per tutto quel tempo,” ha spiegato.

Gatti rifugiati siriani

Sinistra: Reem e Jack. Destra: Sedra e Rose.

Dopo due anni presso un centro dedicato ai richiedenti asilo, alle due donne è stata assegnata una casa a Venlo, nel sud-est del paese. Attraverso il passaparola, hanno scoperto CatConnect.

Rawaa si è occupata degli aspetti burocratici e ha pagato le spese per gli animali, visto che la famiglia di Sedra non poteva permettersele. Jack e Rose sono arrivati su un volo diretto in Belgio insieme ad altri due gatti, ma le cose non sono andate lisce come tutti speravano: Rose era stata sottoposta a un vaccino antirabbico in Siria, che però non risultava dalle analisi del sangue.

“Ci hanno dato alcune opzioni: ucciderla, darle nuovamente il vaccino oppure farla tornare in Siria,” dice Sedra. “Non avevamo abbastanza denaro per nessuna di queste cose e quindi alla fine è stata Rawaa a pagare per il vaccino.” L’intero processo è durato circa tre mesi e mezzo e Rawaa ha organizzato tutto affinché qualcuno si prendesse cura di Jack e Rose in quel periodo. “Le dobbiamo ogni cosa,” sottolinea Sedra.

Gatti rifugiati siriani

Sedra e Jack.

All’inizio, i gatti non riuscivano a riconoscere Sedra e sua madre, e risultavano molto aggressivi. Col tempo, però, sono tornati alle coccole e all’affetto di sempre. Sia i gatti che le loro proprietarie hanno sofferto molto, e Sedra sostiene che averli entrambi con loro le aiuta a percepire i Paesi Bassi come la loro nuova casa.

“Quando siamo tristi, si avvicinano a noi,” dice. “Dormono vicini e ci danno l’energia necessaria per andare avanti.”