FYI.

This story is over 5 years old.

Dieci anni di VICE Italia

Come sarà il mondo nel 2025?

Se è vero che il progresso tecnologico segue una curva di crescita esponenziale, come sarà il 2025? Lo abbiamo chiesto all'antropologo Ambrogio Santambrogio, che ci ha parlato della direzione in cui potrebbe andare il mondo fra dieci anni.

Finora nella rubrica per i dieci anni di VICE Italia abbiamo parlato di presente e passato. Nella penultima puntata prima della festa ci occuperemo dunque del futuro, per capire come sarà il mondo nel 2025.

Se ripenso a come dieci anni fa mi prefiguravo il futuro, devo ammettere che la mia fantasia non arrivava nemmeno a immaginare quello che poi si è avverato: per esempio, che oggi i selfie uccidono più degli squali. Per non parlare di tutti i problemi che abbiamo con la privacy e del fatto che stiamo diventando ciascuno il Dorian Gray della sua bacheca Facebook. Non voglio fare il passatista, quello che voglio dire è che il nostro modo di vivere e di relazionarci con gli altri è drasticamente cambiato—nel bene e nel male. Ma se è vero che il progresso tecnologico segue una curva di crescita esponenziale, come sarà il 2025? Questa volta, in preda alla vertigine, ho deciso di lasciare le congetture a chi ha più elementi di me per farle. Ho quindi telefonato ad Ambrogio Santambrogio, sociologo, autore di diversi libri e professore ordinario all'Università degli Studi di Perugia, per parlare della direzione in cui stanno andando le dinamiche sociali e azzardare qualche ipotesi su dove saremo quando VICE Italia festeggerà i suoi vent'anni. VICE: È possibile, nel suo ambito di studio, immaginarsi il mondo nel 2025?
Ambrogio Santambrogio: Immaginarsi forse è un po' troppo, ma ci sono alcune tendenze abbastanza chiare. Lo sviluppo della tecnica sarà incredibile, soprattutto nell'ambito della biotecnologia robotica: il futuro ci imporrà cose che fino a poco tempo fa erano considerate fantascientifiche. Proprio settimana scorsa abbiamo tenuto un convegno sulla bioetica a cui hanno partecipato sia sociologi, giuristi e filosofi che biologi, chimici, ingegneri e medici e quindi c'è stato questo confronto tra le scienze naturali e le scienze sociali. Chi lavora nei settori tecnici ci ha presentato possibilità forti e invasive rispetto alla coscienza e all'autonomia dell'uomo. Disporremo di tutta una serie di informazioni sulla nostra salute che ci permetteranno di fare previsioni sull'evoluzione del nostro organismo a breve e medio termine, e grazie alla tecnologia i nostri stili di vita cambieranno e potremo godere di migliore salute. Da un lato, così, ognuno potrà diventare medico di se stesso—ma dall'altro lato avremo delle problematiche su chi dovrà gestire tutte queste informazioni. Medici? Una banca centrale di informazioni? Capisci? Sono prospettive difficili da gestire comunque.

Pubblicità

A proposito di tecnologia, quanto questa ha influenzato il nostro comportamento?
La tecnologia influenza il nostro comportamento dai tempi della falce. E direi anche che i problemi che la tecnologia può creare sono risolvibili solo con la tecnologia. Essere luddisti tecnologici sarebbe da mentecatti, il problema è un altro. La tecnologia affronta i problemi del come ma non risolve i problemi del perché. Ti faccio un esempio banale: uno potrebbe decidere che vogliamo andare sulla luna e la tecnologia ci dà la possibilità tecnica di farlo, ma non risolve il problema del perché andare sulla luna. Questa è la grande questione a cui siamo davanti: la logica del come può sopraffare quella del perché? Il rischio è che iniziamo a fare cose non perché pensiamo siano utili, ma perché la tecnologia ce ne dà la possibilità. Pensavo per esempio a Her. Quanto uno scenario del genere potrà essere reale?
Io continuo a pensare che la coscienza e l'intenzionalità rimangano dimensioni prettamente umane. Non so, hai presente il computer in2001: Odissea nello spazio? Ecco, spero che rimanga solo fantascienza. Certo, ci sono macchine che si aggiornano automaticamente ma la tecnica rimarrà sempre limitata nel come e non nel perché.

Ma se le macchine dovessero diventare inaffidabili, noi saremo ancora in grado di basarci sulle nostre capacità? Per esempio, parlando di eventuali risvolti in atto, la tecnologia e internet stanno rovinando la nostra memoria?
Il problema della memoria è un problema vecchio. Ogni oggetto incorpora un sapere e quel sapere rimane nell'oggetto che lo contiene—dal vaso al quadro alla Biblioteca di Alessandria. È evidente che i supporti informatici "potenziano" la nostra memoria. La tecnologia sviluppa una potenzialità in termini quantitativi—possiamo trattenere una quantità di memoria sempre maggiore. Ma l'attenzione ora deve essere sulla velocità con cui la memoria diventa memoria acquisibile.

Pubblicità

In che senso memoria acquisibile?
La tecnologia fa sì che quello che è appena successo diventi subito passato, e contemporaneamente possiamo consultare le memorie del passato molto prima di quanto lo si facesse anni fa. D'altra parte questa velocità rende tutto obsoleto. Anche se possiamo conservare e consultare quello che è successo, ieri la situazione diventa a tratti ingestibile per la quantità di informazioni.

Ma lei dieci anni fa come si immaginava il mondo di oggi?
Non ne ho la minima idea—e non so nemmeno dire esattamente come potrebbe essere il 2025: come ti dicevo prima, mi limito a osservare le tendenze in atto. Un'altra cosa interessante è il fatto che lo sviluppo della tecnologia ha molto a che vedere con i rapporti di potere: tra chi sa usare la tecnologia e chi non la sa usare si apre uno iato sempre più ampio. Ora ci viene in mente l'anziano che non sa usare il computer, ma probabilmente tra dieci anni ci saranno così tanti modi di utilizzare le tecnologie che tutti ne conosceremo solo alcuni aspetti, ed è su queste differenze di sapere che si instaureranno enormi differenze di potere.

A proposito di potere, di fronte al ritorno al nazionalismo e agli estremismi, come crede si evolveranno le politiche occidentali nei prossimi anni?
La storia si ripete, ma per fortuna non nella stessa maniera. Al momento ci sono forme di nazionalismo difensivo, non forme di nazionalismo offensivo. Fino a pochissimo tempo fa invece era proprio così. Le politiche di potenza di oggi si fanno attraverso zone di influenza, rapporti economici e quant'altro. La pericolosità di questi movimenti risiede nel fatto che di fronte all'aumento della tecnica e della complessità rispondono in maniera più nazionale. È su questo irrazionalismo da senso comune che si può fare comune—spinge in direzioni poco condivise e un mondo che capacità riflessiva. A fronte della complessità tecnologica, sociale, diventa sempre più difficile avere una visione comune.

Pubblicità

La crisi del mondo capitalistico porterà all'emergere di nuove forme di associazionismo, oppure l'individualismo sfrenato in cui viviamo ha già distrutto questa possibilità?
C'è da dire che l'individualismo è una forma di legame sociale e il modo in cui i nostri stati si sono organizzati, non può essere banalmente sovrapposto all'egoismo. Se pensi alle caste indiane o alla società piramidale del medioevo, lì il concetto di individuo era inesistente per motivi di appartenenza. L'individualismo ha a che fare con i diritti individuali e il modo in cui decidiamo di stare insieme. Certo, il neo-capitalismo liberale, considerando l'individuo come un mero consumatore, rischia di rompere i legami sociali. Ma è impossibile pensare che una buona socialità sia del tutto indifferente per la propria auto-realizzazione—anche internet offre diverse forme di socializzazione nuove che, per quanto possa sembrare contraddittorio, sono una risposta all'individualismo.

Secondo lei, ci sono cose che dovremmo fare nei prossimi dieci anni?
Dovresti chiedere a Papa Francesco [ride]. Mah, credo che dovremmo fermarci un po' più a riflettere, avere più consapevolezza dei nostri limiti in senso anche molto concreto, non solo teorico. E anche avere la sensazione della finitezza dell'uomo in quanto tale. A proposito di Papa Francesco e la sua ultima enciclica: i problemi ambientali sono strettamente legati all'ingiustizia, perciò risolvere il problema ambientale significa affrontare anche l'ingiustizia, e questa mi sembra la strada giusta. Invece i modi per risolvere i problemi del neo-capitalismo liberale sono ancora da inventare, anche se qualcosa è nell'aria. Si tratta di capire cos'è, coglierlo e cercare di farci sopra un ragionamento collettivo.

Segui Leon su Twitter

Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: