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Italia

Cosa c'è (e cosa manca) nella legge sulle unioni civili approvata in Parlamento

La nuova legge approvata mercoledì alla Camera introduce le unioni civili per le coppie dello stesso sesso e disciplina le convivenze di fatto per coppie omosessuali ed eterosessuali.
[Foto marcellomigliorisi1956/Pixabay]

Con 372 voti favorevoli, 51 contrari e 99 astenuti, ieri la Camera ha approvato la fiducia per la legge sulle unioni civili. Il provvedimento era arrivato a Palazzo Montecitorio a febbraio, dopo l'approvazione del DDL Cirinnà al Senato — avvenuto in un clima infuocato, con scontri quotidiani tra favorevoli e contrari.

Terreno di battaglia, in particolare, è stata la norma sulla stepchild adoption, che prevedeva la possibilità di adottare il figlio biologico del partner all'interno dell'unione civile. Dopo mesi di dibattiti e manifestazioni, il governo ha deciso di stralciare la stepchild adoption e spingere comunque per l'approvazione delle unioni civili.

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Ora che il provvedimento è stato definitivamente approvato, cosa prevedono davvero le norme sulle unioni civili, e cos'altro viene regolamentato dalla legge?

Unioni civili versus coppie di fatto

Nel dibattito degli ultimi mesi si è parlato tanto delle unioni per le coppie omosessuali, tralasciando spesso il fatto che la legge disciplina per la prima volta a livello nazionale anche le convivenze di fatto, sia per le coppie eterosessuali sia per quelle omosessuali.

La prima parte della norma si occupa delle unioni civili, riservate solo alle coppie omosessuali che non possono accedere all'istituto del matrimonio. L'unione civile può essere contratta da due persone maggiorenni dello stesso sesso, tramite una dichiarazione davanti all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni.

Le convivenze di fatto, invece, possono essere stabilite da coppie di maggiorenni, sia eterosessuali che omosessuali, che vivono insieme e che non hanno contratto un matrimonio o un'unione civile.

Come funzionano le unioni civili

Per diversi aspetti le unioni civili possono essere equiparate al matrimonio, nonostante manchino alcuni diritti importanti riservati ancora solo alle coppie eterosessuali sposate.

I due contraenti di un'unione civile possono decidere di adottare un cognome comune, scegliendo indifferentemente dal cognome di uno dei due partner. Sono obbligati alla reciproca assistenza morale e materiale, e alla coabitazione.

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Entrambi i contraenti devono contribuire ai bisogni comuni "in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo." Viene stabilita una residenza comune, e il regime patrimoniale di riferimento è quello della comunione dei beni, tranne nei casi in cui viene scelta la separazione.

In caso di scioglimento dell'unione, questa avverrà di fatto tre mesi dopo la presentazione della richiesta — rispetto al periodo di attesa tra i sei e i 12 mesi previsti per il matrimonio.

Se uno dei due partner uniti civilmente cambia legalmente il sesso, l'unione civile è considerata sciolta. Se invece è uno dei coniugi di una coppia sposata a rettificare anagraficamente il sesso, se la coppia decide di non sciogliere il matrimonio e rimanere unita, il matrimonio si trasformerà automaticamente un un'unione civile.

Cosa manca?

Ci sono ancora delle notevoli differenze tra matrimoni eterosessuali e unioni civili tra persone dello stesso sesso.

In primis, i coniugi uniti civilmente non possono adottare né il figlio biologico del partner (la cosiddetta stepchild adoption) né altri bambini.

Altra differenza sostanziale è l'assenza dell'obbligo di fedeltà per le unioni civili, al contrario invece del matrimonio. L'obbligo di fedeltà è stato rimosso dal governo prima dell'approvazione della norma al Senato, insieme alla stepchild adoption.

La questione ha scatenato accese discussioni nel dibattito pubblico e politico, tanto che a febbraio alcuni senatori del Partito Democratico hanno presentato un disegno di legge per eliminare l'obbligo anche per le coppie sposate.

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Secondo un'analisi di Gian Luigi Gatta, professore di diritto penale all'Università Statale di Milano, ripresa dal Corriere della Sera, le differenze giuridiche tra persone legate da un'unione civile o da un matrimonio si riflettono anche nell'ambito del diritto penale.

Ad esempio, per quanto riguarda l'omicidio: nel caso dell'uccisione del coniuge, per le persone sposate la pena sale da 21-24 anni a 24-30 anni; quest'aggravante non si ha nel caso di partner legati da un'unione civile. Un ragionamento simile vale nel caso dei sequestri di persona, per cui il giudice non può bloccare i beni di un coniuge che potrebbero essere utilizzati per pagare un eventuale riscatto; questo non potrà avvenire nel caso di due partner uniti civilmente.

Lo stesso discorso vale anche per il divieto di bigamia - che secondo Gatta al momento non si vedrebbe applicato alle coppie unite civilmente - o per i reati di abuso di ufficio commessi in presenza di un interesse del coniuge, che saranno imputabili a due coniugi sposati ma non a due partner uniti civilmente.

Convivenze di fatto

Le convivenze di fatto sono rivolte a coppie conviventi sia eterosessuali che omosessuali. Queste coppie possono stipulare un contratto di convivenza per "disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla vita comune." La registrazione viene fatta in forma scritta con un atto pubblico o per scrittura privata, autenticata da un avvocato o da un notaio.

Il contratto contiene indicazioni sulla residenza condivisa, sulle modalità di contribuzione alla vita comune e sul regime patrimoniale scelto — che può essere anche quello della comunione dei beni.

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In caso di malattia o ricovero di uno dei conviventi, l'altro ha diritto di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali, secondo le regole già previste per coniugi e famigliari.

Un convivente può nominare l'altro come rappresentante, in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per decisioni in materia di salute. Lo stesso può avvenire in caso di morte, per quanto riguarda decisioni sulla donazione degli organi, sul trattamento dei resti e sui funerali.

In caso di morte del convivente che è anche proprietario della casa in cui vive la coppia, il partner ancora in vita può rimanere nell'abitazione per altri due anni o per un periodo uguale agli anni di convivenza — ma mai oltre i cinque. Se nella casa vivono anche i figli della coppia o di uno dei due conviventi, il partner ancora in vita può rimanere nell'abitazione per almeno altri tre anni.

Al decesso di uno dei due partner, l'altro può subentrare al contratto d'affitto in suo nome — diritto che si estingue in caso di nuova convivenza, matrimonio o unione civile.

Un convivente che lavora nell'impresa di proprietà del partner ha diritto di partecipazione agli utili della società, ai beni acquistati con gli utili e agli incrementi dell'azienda. In caso di cessazione della convivenza, invece, il giudice può stabilire il diritto di un convivente di ricevere gli alimenti, in caso si trovi in stato di bisogno e non riesca a mantenersi da solo.

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Non trattandosi di coppia sposata, i conviventi non possono procedere con l'adozione nazionale e internazionale, e non hanno diritto alla pensione di reversibilità.


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Foto di marcellomigliorisi1956 rilasciata su licenza Creative Commons