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I 'lovegiver' potrebbero rivoluzionare la vita sessuale dei disabili

Dietro alla domanda 'i disabili fanno sesso?' si nasconde una questione molto complessa e articolata—che si esprime non solo a livello fisico, ma anche emotivo e affettivo.
Foto via Flickr

Per la maggior parte degli italiani, l'accostamento tra disabili e sessualità si risolve in un'immagine ben precisa, tratta da un film: la scena del rapporto sessuale tra Riccardo Scamarcio - nei panni del giovane Nicola, costretto in sedia a rotelle dopo un incidente stradale - e la sua fisioterapista Monica Bellucci—una sequenza che, nel 2007, venne usata ampiamente come traino pubblicitario della pellicola in questione (Manuale d'Amore 2) e che il regista Giovanni Veronesi definì "un incontro di eros estremo."

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Dietro alla domanda 'i disabili fanno sesso?', tuttavia, si nasconde una questione molto più complessa e articolata—che si esprime non solo a livello fisico, ma anche emotivo e affettivo.

Le persone che vivono con le conseguenze di impedimenti fisici perenni sono, nella maggior parte dei casi, indirizzate verso una "asessualità forzata" che si ripercuote anche sulla loro serenità emotiva: a volte il tema è considerato troppo pruriginoso per parlarne, oppure può essere bollato come una "non-priorità" da parte delle famiglie o delle persone che assistono il disabile.

In questo limbo, la persona affetta da disabilità subisce un doppio contraccolpo. Se da un lato perde conoscenza e consapevolezza del proprio corpo, infatti, dall'altro è costretta a reprimere una parte significativa dei suoi sensi e delle emozioni.

È da questa necessità che nasce la figura dell'assistente sessuale, il lovegiver, ovvero "un operatore professionale, uomo o donna, con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali 'sane'" e che possa accompagnare il disabile in un percorso con l'obiettivo di "sperimentare l'erotismo e la sessualità."

"L'assistente sessuale non fa sesso con la persona con disabilità. Non è previsto l'atto completo, non c'è penetrazione"

Gli assistenti sessuali esistono già in diversi paesi europei, e sono figure professionali tollerate - benché non regolamentate a livello normativo - in Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Svizzera e Austria.

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In Italia esiste un disegno di legge, presentato nell'aprile 2014, che vorrebbe introdurre delle 'disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità'. Il disegno di legge è stato proposto dal senatore Sergio Lo Giudice (PD) e sottoscritto da una quindicina di altri esponenti politici; il testo è stato presentato alle Camere, ma giace tutt'ora fermo in attesa che si avvii una discussione parlamentare in merito.

"Non è difficile presentare un disegno di legge. Il problema è portarlo avanti: deve essere calendarizzato, dev'essere presentato in commissione," spiega a VICE News Maximiliano Ulivieri, co-autore del testo insieme a Lo Giudice.

Ulivieri non è un politico, ma una parte in causa: affetto dalla malattia di Charcot-Marie-Tooth, dall'età di due anni non può camminare. Negli ultimi anni, l'uomo ha creato il comitato per il progetto sull'assistenza sessuale in Italia, e ha scritto - insieme ad altri - il libro Lovability, l'assistenza sessuale per le persone con disabilità, l'unico pubblicato finora in Italia sull'argomento.

Foto dal profilo Facebook di Maximiliano Ulivieri.

In attesa che venga calendarizzato il disegno di legge nazionale, sono le regioni a muovere i primi passi per l'inserimento della figura dell'assistente sessuale. "La Toscana si è fatta avanti, l'Emilia Romagna si è fatta avanti, forse addirittura la Campania," spiega Ulivieri. "Per adesso però si tratta di intenti, non di passi concreti. In ogni caso però lavoriamo anche a livello regionale, che potrebbe essere più veloce rispetto a quello nazionale."

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Nel disegno di legge viene ipotizzata la realizzazione di "albi, gestibili dalle regioni, a cui [le persone disabili] possano attingere per trovare un operatore professionale adeguato." Già, ma cosa servirebbe per diventare assistente sessuale? Secondo Ulivieri, "persone sane a livello psicofisico e sessuale" che abbiano "un forte senso di empatia" e siano in grado di capire "realmente quale incredibile cambiamento e apporto emotivo potrebbero dare a un disabile" con il loro aiuto.

Verrebbe da chiedersi qual è il confine tra il ruolo della figura assistenziale e la prostituzione: "L'assistente sessuale non fa sesso con la persona con disabilità. Non è previsto l'atto completo, non c'è penetrazione," chiarisce Ulivieri. È piuttosto "un esperimento sulla sessualità, un'esperienza anche erotica. Stiamo parlando di persone che non sanno neanche cosa significhino abbracciare una donna nuda o un uomo nudo, il contatto fisico, l'odore della pelle, le carezze."

Secondo Ulivieri, l'assistenza sessuale può arrivare "fino alla masturbazione, una cosa che queste persone magari non hanno mai vissuto, che poi comporta vivere anche la parte dell'orgasmo, che alcune persone non hanno mai vissuto." Ma, chiarisce, questo passaggio "si può vivere con un procedimento diverso da un rapporto sessuale completo, si può vivere in molti modi. L'esperienza comunque è molto forte e stimolante in un contesto di assoluta assenza di tutto."

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"Molti disabili non sanno nemmeno cosa significhi abbracciare una donna nuda o un uomo nudo"

Per un disabile non è solo complicato vivere determinate esperienze, è raro anche avere la possibilità di viverle: molto spesso, infatti, i disabili vivono in contesti di isolamento sociale tali da rendere quasi impossibile un contatto, fisico o emotivo, con l'altro.

"La società dovrebbe attivarsi affinché le persone con disabilità abbiano le stesse possibilità degli altri di creare questo contatto: bisogna eliminare le barriere sociali, dare la possibilità di comunicare… Questa è la cosa principale affinché le persone con disabilità possano vivere l'affettività e la sessualità in maniera soddisfacente per se stessi e per gli altri," ricorda Ulivieri.

L'argomento della percezione delle possibilità relazionali dei disabili è stato trattato da un sondaggio, i cui risultati integrali verranno pubblicati il primo dicembre presso l'Ordine degli Psicologi del Lazio. Realizzato dallo psicologo Lelio Bizzarri, il sondaggio - che ha coinvolto oltre 1000 persone - analizza il rapporto tra disabilità, sessualità e amore. All'agenzia Redattore Sociale, Bizzarri ha anticipato alcuni dei risultati ottenuti.

Si scopre così che "il 90% degli intervistati considerano 'normale che una persona con disabilità motoria o sensoriale esprima sentimenti d'amore erotico," e che riconoscono a questa "la possibilità di dare e ricevere piacere, nonché di essere partner a tutto tondo."

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Quasi la metà degli intervistati, il 45 per cento del campione, non esclude a priori una relazione con una persona disabile. Su mille rispondenti "solo 17 (1,86%,) escludono categoricamente che potrebbero ricambiare" l'amore di un disabile. Ciò nonostante, le coppie "miste" restano davvero molto poche.

Una leggera resistenza si evidenzia invece "rispetto a comportamenti sessuali da parte di persone con deficit cognitivi: l'8% degli intervistati ha infatti dichiarato che non è normale. Una percentuale che scende al 3% nel caso dei disabili motori e sensoriali."

"Ho riscontrato che, in letteratura così come nelle condivisioni di operatori, genitori e persone disabili stesse, questo è un argomento tabù," ha spiegato Bizzarri a Redattore Sociale. "Come se le persone con disabilità non fossero contemplabili come potenziali partner. D'altro canto però, ho conosciuto decine di persone disabili, anche con gravi patologie, che hanno rapporti sessuali, storie sentimentali o hanno avuto dei figli insieme al proprio partner, sia questo disabile o no. Allora mi sono chiesto se questi assunti circa l'indesiderabilità delle persone disabili siano davvero così incrollabili."

Senza dubbio, un passo importante deve essere fatto dalle famiglie del disabile: in molti casi, infatti, è qui che risiedono le prime sacche di resistenza. "Ci sono famiglie partecipi e aperte a cercare una soluzione," spiega Ulivieri, che attraversa in continuazione il paese per convegni sulla figura del lovegiver. Però ci sono anche "tante famiglie si vergognano di parlarne pubblicamente, per paura di quello che possano pensare le persone. La difficoltà di esternare questo bisogno è sicuramente molto diffusa."

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Il bisogno insomma c'è, ma è difficile parlarne apertamente. E per smuovere l'opinione pubblica, si sa, c'è bisogno di un coro: raramente una voce unica, per giunta dal basso, riesce a smuovere l'attenzione su un tema così delicato. "Siamo sempre allo stesso punto," chiosa Ulivieri. "In Italia ci si vergogna delle cose di cui non ci si dovrebbe vergognare, e non ci si vergogna di quelle di cui ci si dovrebbe vergognare."

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Ha contribuito Giulia Saudelli.

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Foto via Flickr