Project management apps - drawing of a female figure performing a variety of tasks with text bubbles including to do lists and charts underneath her.
Illustrazione di Florian Nalenne.
Salute

Organizzare ogni minuto con le app di pianificazione fa bene?

Internet è pieno di app come Jira, Monday, Todoist e Trello che promettono di semplificarti la vita. Ne abbiamo analizzati i pro e i contro.
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

Quando mi sono presentata all’appuntamento con Sara Whitestone, neuroscienzata 28enne che vive a Bordeaux, ero tutta sudata e in ritardo di cinque minuti. Whitestone aveva già messo a frutto il mio ritardo approfittandone per chiamare sua madre negli Stati Uniti. Ho capito immediatamente che io e lei non siamo fatte della stessa pasta. Nella vita esistono due tipi di persone: chi organizza il tempo che ha, e chi lo rincorre insensatamente come un pollo senza testa.

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Whitestone è una mia conoscente e lavora per una multinazionale con sede in Svizzera. È una carriera molto impegnativa che la obbliga a viaggiare ogni settimana. Uno dei suoi strumenti di gestione del tempo preferiti è Jira, in pratica una “to-do list, ma all’ennesima potenza,” come la descrive lei. “La mia to-do list è la mia linfa vitale al lavoro,” prosegue. “Gestisco così tanti progetti, ho così tante cose da tenere a mente.” Le sue app preferite sono anche sincronizzate con il suo calendario personale, che condivide con il fidanzato.

“E la parte più strana deve ancora arrivare,” continua Whitestone. Poi mi spiega che gli strumenti di gestione digitali sono diventati fondamentali anche per tenere traccia di altre parti della sua vita, dagli appuntamenti alle gite di coppia, dall’esercizio fisico ai sintomi dell’endometriosi e addirittura i pensieri casuali. Quando mi fa vedere le app, è come se mi facesse accedere a tutta la sua vita privata. “Non ho bisogno di ricordarmi nulla se lo fa il telefono,” spiega quando le chiedo perché trova queste app così utili.

Oggi sono quasi ubiqui nella nostra vita quotidiana, ma strumenti organizzativi come Trello, Notion o Todoist sono nati nel mondo aziendale. Molti di loro si basano sul diagramma di Gantt, disegnato tra il 1910 e il 1915 dall’ingegnere meccanico e consulente di management Henry Gantt per accrescere la produttività e ottimizzare il flusso produttivo industriale. Un altro modello molto diffuso è il metodo Kanban, inizialmente introdotto all’interno del sistema di produzione della Toyota negli anni Cinquanta.

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Edouard Polese, 34 anni, di Parigi, dirige una startup che ha l’obiettivo di insegnare a guidare. Anche lui è dipendente dagli strumenti di gestione progettuale, al punto da avere lui stesso creato una app apposita. “Uso gli stessi strumenti per la determinazione di una strategia di business e per scegliere i regali di Natale,” dice.

È facile farsi spaventare da una cosa del genere, ma Polese pensa che faccia molto bene alla sua salute mentale. “L’obiettivo è alleggerire il carico mentale, tranquillizzarsi,” spiega. “Siamo un po’ costretti a mettere insieme vita professionale e personale oggigiorno—il nostro cervello non si dimentica automaticamente del lavoro solo perché sono le nove di sera e siamo a casa.”

“In realtà, quando chiediamo agli utenti il più grande vantaggio che esperiscono utilizzando Todoist, rispondono che riduce stress e ansia,” dichiara Amir Salihefendic, amministratore delegato di Todoist. “La maggioranza delle persone non ha un assistente. La maggioranza delle persone deve tenere a mente ogni cosa e penso che questo provochi molto più stress che usare una app che fa da assistente.” Slihefendic, che dice di avere “una pessima memoria,” ha creato l’app nel 2007, quando aveva 22 anni e studiava scienze informatiche. Oggi, Todoist ha 20 milioni di utenti.

Secondo Whitestone, gli strumenti sono altrettanto indispensabile per la sua salute mentale e fisica, visto che ha una malattia autoimmune e deve obbligatoriamente dedicare tempo al riposo. “Molte persone che hanno un livello di energia basso o soffrono di dolore cronico superano i propri limiti,” dice. Da studentessa, Whitestone ignorava spesso i segni di stanchezza e finiva per andare in burnout o sentirsi male fisicamente. “Sono il tipo di persona che lavora finché non sviene,” ammette. “Così ho imparato a inserire il tempo di ripresa nel mio calendario.”

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Per molti utenti, questi strumenti sono inoltre fondamentali per riprendersi il controllo sulla vita stremante nelle grandi città. “Il ritmo forsennato della vita quotidiana a Parigi mi aveva veramente sopraffatto,” racconta Mathis Samba, 29 anni, che lavora nell’amministrazione di un’azienda di consulenza. Lui soffriva, e allo stesso tempo soffriva anche la relazione con la sua fidanzata. I due sono arrivati al punto di vedersi a malapena nei giorni feriali. “È stato davvero orribile, era troppo,” ricorda Samba.

Ignorando le prese in giro di amici e parenti, Samba ha deciso di riservarsi del tempo libero per le uscite romantiche su Family Wall, un’app specializzata nell’organizzazione della vita domestica. “È importante che ci prendiamo del tempo per noi stessi, proprio come facciamo per gli amici e i colleghi,” dice Samba. “Visto che viviamo insieme, non rischiamo di non vederci. Ma c’è differenza tra vedersi e passare del tempo insieme.”

Come avrai notato, le persone che usano queste app hanno qualcosa in comune: hanno ruoli importanti sul lavoro, vivono in città e hanno una vita sociale intensa. Secondo Marc Bessin, direttore delle ricerche al Centro Nazionale di Ricerca Scientifica francese (CNRS) e sociologo della Scuola di Studi Avanzati di Scienze Sociali (EHESS), non è una coincidenza.

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“Se ti interessa questo tipo di app, sei una persona che ha i mezzi per organizzare il proprio tempo,” dice. Non è necessariamente il caso di tutte le persone impegnate, come per esempio una donna single che fa un lavoro di fascia bassa e ha più figli di cui prendersi cura. “Essere capace di gestire la propria agenda non è una cosa da tutti nel mondo di oggi,” continua Bassin. “Queste app sono disegnate per una popolazione che vuole prendere sempre di più il controllo della propria vita.”

In realtà, queste app non si adattano a tutte le persone: è più facile che attraggano persone che fanno lavori in cui conta la performance. Omer Perchik, AD di Any.do, ipotizza che la sua azienda e i suoi principali concorrenti messi insieme abbiano una penetrazione del mercato di appena il 5 percento, il che significa che la stragrande maggioranza dei potenziali clienti non usa questi strumenti. “La categoria generalmente ha un tasso di abbandono alto, non perché i prodotti non siano buoni, ma perché la gente tende a procrastinare,” spiega.

Salihefendic di Todoist ha concordato con lui. “La maggioranza delle persone non è per niente capace di pianificare ed eseguire i compiti,” dice. “Se scorri i nostri dati, c’è un effetto valanga per cui le persone continuano ad aggiungere compiti per il giorno stesso, non li completano e li spostano a quello dopo. E si ritrovano con mille cose da fare in un giorno solo.”

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È proprio così, non tutti hanno il tipo di mentalità adatto all’organizzazione, ma l’ossessione della nostra società per la produttività e l’ottimizzazione può farci sentire inferiori alle persone a cui queste cose vengono naturalmente. È il caso del graphic designer freelance Patrick Pabeun, una mia conoscenza che è, per usare le sue parole, “più un sognatore che altro.”

“Ho una sorella gemella che funziona in maniera molto diversa da me: sul lavoro dirige un nutrito gruppo di dipendenti e in qualche modo riesce anche ad avere una vita privata. Fa lezioni di yoga e organizza almeno due cene a settimana a casa sua.” Patrick spera che le app lo aiuteranno a raggiungere un simile livello di comfort nel gestire gli impegni. “In un mondo ideale, dovrebbe coesistere tutto in armonia,” dice.

Viene spontanea la domanda: c’è ancora spazio per i sognatori in questo mondo? Il sociologo Marc Bessin crede che l’adozione in massa di queste app non andrebbe visto come un segno di progresso. “La società ci spinge a tenere traccia delle nostre attività per ottenere risultati istantanei,” dice. Per questo motivo, tendiamo ad abbandonare un modo più lungimirante di pensare alla vita e perdiamo traccia di cosa sia il vero equilibrio sul lungo termine.

“Non dovresti essere sempre concentrato sull’organizzare la vita quotidiana,” conclude Bessin. “Ti servono anche attività che abbiano un significato e ti facciano sentire presente qui e ora.”