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Le città italiane dovrebbero revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini?

Ancora oggi Mussolini è un cittadino onorario a Bergamo e in altre città italiane — alcune delle quali stanno vagliando la possibilità di rimuovere questa parte della loro storia dando vita ad aspri e accesi dibattiti.
Benito Mussolini [foto via Wikipedia]

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Bruno Giovanni Lonati, il partigiano "Giacomo" che nel 1994 sostenne di avere ucciso Benito Mussolini, è scomparso lo scorso 15 novembre all'età di 94 anni. Alla sua morte sono stati dedicati alcuni trafiletti sulla stampa italiana.

Lonati, che fu commissario politico della 101esima Brigata Garibaldi, affidò la sua rivendicazione al libro Quel 28 aprile. Mussolini e Claretta: la verità, nel quale affermò di essere stato l'esecutore dell'uccisione del duce a Bonzanigo di Mezzegra, sul lago di Como. La vicenda della morte del Duce, tuttavia, è ancora oggi permeata di speculazioni e ambiguità.

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Ma non è questo l'unico aspetto della vita di Mussolini ancora in grado di far discutere animatamente l'Italia — nel rapporto tra l'ex dittatore fascista e la sua memoria storica restano ancora dei punti insoluti.

L'ultimo caso in ordine di tempo arriva da Bergamo, dove un gruppo di ricercatori dell'Isrec, l'Istituto per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea, ha organizzato una petizione con l'obiettivo di "adoperarsi per revocare la cittadinanza onoraria che fu data a Mussolini il 24 maggio del 1924."

Il riconoscimento, conferito durante le prime fasi del Ventennio fascista dal commissario prefettizio Franceschelli, fu un omaggio al ruolo che il dittatore ebbe nella celebrazione "della memoria della Prima guerra e dei suoi caduti."

Guarda: Il documentario di VICE Italia 'Nostalgia Predappio'

La raccolta firme va avanti da alcune settimane e ha il sostegno di realtà come la Rete Aldo dice 26×1, l'ANPI, i Giovani democratici e il Comitato Antifascista di Bergamo.

Non quello del sindaco della città, Giorgio Gori. Ex direttore di Canale 5 e primo cittadino di Bergamo dal 2014, eletto nella fila del PD, Gori ha espresso la sua contrarietà attraverso una lettera inviata all'Eco di Bergamo.

"Ci viene chiesto di cancellare un fatto politico ormai consolidato e storicizzato," ha scritto il sindaco renziano. "Se la storia è memoria, quegli avvenimenti - ancorché criticabili in base alla nostra sensibilità di oggi - meritano d'essere preservati. Perché si sappia com'era Bergamo nel 1924. Proporne invece la cancellazione è a mio giudizio un errore, che - nonostante le comprensibili motivazioni - denuncia in fondo una mancanza della necessaria distanza dai fatti della storia, quasi una sorta di rivincita a posteriori che però non cambierebbe nulla."

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Con queste parole Gori ha anticipato il suo parere contrario alla revoca, pur rimandando la decisione al voto della maggioranza della Giunta comunale.

D'altra parte, ha concluso il sindaco, "La storia ha già ampiamente giudicato sia lui che il fascismo".

Le polemiche sulla cittadinanza onoraria non sono una novità per Bergamo — come dimostra un interventodel 2011 di un consigliere comunale di centrosinistra, Simone Paganoni, al tempo nelle fila dell'opposizione.

Invitato a esprimersi sulla revoca della benemerenza a Cristiano Doni, ex capitano dell'Atalanta coinvolto nello scandalo calcioscommesse, disse: "Sarebbe sbagliato, oltre che pericoloso, fare una revisione storico-giudiziaria per ognuna delle centinaia di persone a cui è stata riconosciuta [la cittadinanza onoraria] in un particolare momento storico e con le conoscenze che la città aveva in un determinato periodo. Purtroppo dal 1924 un certo Benito Mussolini è cittadino onorario di Bergamo! Ed ora cosa facciamo, togliamo la benemerenza a Cristiano Doni e lasciamo la cittadinanza onoraria della nostra città ad un dittatore?" aveva detto Paganoni.

La Città dei Mille non rappresenta un caso isolato: il nome del Crapun - uno dei soprannomi di Mussolini compare nell'albo degli illustrissimi in decine di comuni italiani.

Nel 2009 a Firenze il sindaco Dominici provvide alla sua cancellazione, sostituendolo con Beppino Englaro. Lo stesso hanno fatto le amministrazioni di Torino, Aulla, Rivoli, Fossombrone e Salorno, mentre di recente la cittadinanza è stata confermata, non senza aspro dibattito, a Ravenna, Varese e Bologna.

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A Varese sono andati oltre: due anni fa la bocciatura della mozioneche chiedeva la revoca spinse l'ex assessore Clerici a festeggiare e parlare di "un legame storico innegabile, immutabile e molto positivo tra Varese e il fascismo."

Per fugare ogni dubbio sulle sue posizioni politiche Clerici, allora in quota PDL, aveva inaugurato dei giardini pubblici intitolati a Giovanni Gentile, intellettuale di riferimento del regime.

Da sempre la toponomastica è al centro di riflessioni politiche e storiografiche, non di rado di riabilitazioni e revisionismi. Pochi mesi fa a Roma è stata respinta la proposta di destinare una strada all'ex leader del Movimento Sociale Italiano Giorgio Almirante, mentre resistono due vie Mussolini nei piccoli centri padovani di Borgoricco e Villanova di Camposampiero — anche se il riferimento, in questi casi, è con ogni probabilità alla dizione dialettale del termine 'moscerini'.

Il Duce non è solo: ex gerarchi fascisti come Italo Balbo, Dino Grandi, Luigi Razza e Alfredo Rocco compaiono sui nostri navigatori satellitari.

Minori controversie suscitano le intitolazioni che richiamano a fatti e personaggi della Prima Guerra Mondiale, di cui si è da poco celebrato il centenario.

Eppure anche in questo caso ci sarebbe di che disquisire, come aveva provato a fare notare il consigliere comunale milanese di Sel Luca Gibillini. Quando la giunta Pisapia era insediata da poco, Gibillini propose di cambiare il nome di piazzale Cadorna, dedicata a "un carnefice che mandò al massacro centinaia di migliaia di italiani." La proposta, tuttavia, non ebbe seguito.

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Cippi e nomi delle vie sono uno dei nodi irrisolti della 'Guera Granda' che lo scrittore Roberto Bui - attivo sotto lo pseudonimoWu Ming 1 - individua nel suo libro Cent'anni a Nordest, edito da Rizzoli.

Il tema, oggi riproposto nella sua ennesima versione sempre uguale e differente a Bergamo, è lascito di quella "memoria divisa" che lo storico britannico John Foot ha affrontato in Fratture d'Italia, pubblicato sempre da Rizzoli nel 2009.

Gli italiani, è la tesi, faticano a guardare con distacco e lucidità alle loro vicende più recenti, i loro giudizi sono spesso esasperati e mossi da appartenenze e ideologie — tanto da deformare la realtà dei fatti, e imporre visioni interessate o utili a qualcuno.

"Quanto sta accadendo a Bergamo è un caso scolastico di uso pubblico della storia," spiega a VICE News Giovanni Scirocco, contemporaneista dell'università cittadina.

"La definizione appartiene al filosofo tedesco Jurgen Habermas, che la coniò all'indomani dell'uscita di un saggio di Ernst Nolte, considerato da più parti apologetico del nazismo. L'idea è che qualsiasi discussione di carattere storico abbia ripercussioni etiche e politiche," spiega il professore, "e in questo senso la decisione della Giunta bergamasca non sarà indolore o insignificante, ma andrà considerata come conseguenza di una visione più o meno precisa della storia e della propria opinione pubblica di riferimento."

Secondo il docente la "discriminante" sta nell'aggettivato: onoraria. Un conto sono le tracce visibili del passato, siano esse i fasci di ferro battuto che si trovano sulle inferriate di numerosi palazzi oppure le scritte murali degli anni '20 e '30, un altro il riconoscimento sancito da un'assemblea pubblica, per quanto di carattere locale.

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"Molti Paesi si sono confrontati con la materia," prosegue Scirocco. "Nel 2007 Zapatero dispose la rimozione di tutti i monumenti franchisti dalla Spagna, ancora non del tutto compiuta, mentre in Russia Putin non hai mai abbandonato alcuni tratti del periodo comunista."

Il dittatore italiano Benito Mussolini ispeziona l'aeroporto di Milano, nel 1930 (foto Deutsches Bundesarchives)

Il rapporto tra memoria e storia è da sempre ambiguo e altalenante, dunque, "ma è bene ricordarsi sempre che la prima è parte della seconda e non viceversa," spiega. "Per questo, con tante vittime del fascismo che si potrebbero celebrare ex post, ritengo che il sindaco di Bergamo sia chiamato a motivare meglio il suo rifiuto alla revoca della cittadinanza. A meno che non sia, come temo, un segnale a un certo tipo di elettorato che in città va comunque tenuto in considerazione."

Secondo Barbara Bracco, che insegna Storia contemporanea all'Università di Milano-Bicocca ed è autrice di numerosi saggi, i tentativi di ricostruire un'identità "attraverso la pesca dalle vicende del passato" sono "una costante del Novecento italiano, così come l'addizione o sottrazione a posteriori di eventi e figure più o meno imbarazzanti."

Bracco ha una visione molto chiara della vicenda, a livello storiografico: "Personalmente penso che la storia debba essere accettata laicamente in tutti suoi aspetti e mai depurata."

"Un conto fu la rititolazione di vie e luoghi simbolici operata negli anni '40, certamente comprensibile, un altro è agire ora," prosegue Bracco.

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"Oggi una simile operazione assume i caratteri della rimozione, se non addirittura della mistificazione. Penso che non sia logico e che da un punto di vista culturale porti con sé più svantaggi che benefici".

Nonostante siano trascorsi 70 anni dalla morte di Mussolini e dalla fine del fascismo, dunque, speculazioni e discussioni non si assopiscono, a testimonianza di come le commemorazioni delle vicende del secolo scorso abbiano generato e mantengano un certo peso sull'oggi e sulla memoria collettiva di un paese — siano esse un modo di fare rivivere il passato, o di misurare il senso del proprio fallimento.

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Tutte le fotografie in questo articolo sono via Wikimedia Commons e di pubblico dominio.