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Bloccati a Ventimiglia: una giornata coi migranti che cercano di entrare in Francia

Anche se non se ne parla più, la situazione dei migranti bloccati a Ventimiglia è sempre la stessa. Abbiamo passato una giornata al campo della Croce Rossa e seguito i migranti che tentavano di attraversare il confine con la Francia.
Pierre Longeray
Paris, FR
Due eritrei mangiano un gelato a Ventimiglia. Foto di Pierre Longeray / VICE News

Un treno proveniente da Ventimiglia sta entrando nella stazione di Mentone-Garavan. Sulla banchina, una decina di poliziotti francesi coi giubbotti antiproiettile è in attesa. È domenica pomeriggio, e indicandoli col dito l'ufficiale di polizia fa cenno a quattro bengalesi. "Buongiorno. Tu, tu, e tu e tu, scendete," dice, mentre i quattro uomini eseguono come se fosse un'azione che compiono ormai quotidianamente. Quei quattro uomini li ho incontrati qualche ora prima, al campo profughi di Ventimiglia.

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Da alcuni mesi la città compare sulle cronache per le vicende dei migranti. Di quelli che arrivano in Italia ben pochi hanno intenzione di fare richiesta d'asilo, e giunti a Ventimiglia puntano alla Francia, non destinazione finale ma tappa di un viaggio verso il Regno Unito, la Germania o la Svezia. Dall'11 giugno scorso, però, le forze dell'ordine francesi, stazionate alla frontiera con l'Italia, bloccano l'accesso dei migranti al territorio.

Da allora, dopo lo sgombero dei migranti che in segno di protesta avevano occupato la scogliera dei Balzi Rossi e la pineta, la Croce Rossa italiana ha allestito un centro di accoglienza che ospita circa 250 migranti––acluni restano solo per qualche giorno, finché non trovano il modo di varcare la frontiera, mentre altri sono fermi da più di un mese. Domenica scorsa VICE News ha raggiunto il campo e ha seguito alcuni migranti che cercavano di raggiungere la Francia in treno.

L'interno del campo della Croce Rossa di Ventimiglia.

Sono le tre, e in stazione ci sono diversi gruppi di migranti distribuiti tra l'ingresso e i binari. Tutti gli occhi sono puntati sul TER delle 15.53 che collega Ventimiglia a Nizza. A bordo salgono quattro bengalesi e tre afghani; si siedono tutti nello stesso vagone, ma lontani gli uni dagli altri nel tentativo di passare inosservati.

Due migranti sudanesi osservano il tabellone degli orari nella stazione di Ventimiglia. Oltre il cancello c'è il corridoio in cui i migranti si sono rifugiati a giugno.

Il treno parte e i passeggeri si scambiano lunghe occhiate. Alcuni hanno esitato fino all'ultimo, facendo più volte avanti e indietro tra il tabellone con gli arrivi e il binario. Cercano tutti di apparire il più naturali possibile. Uno dei giovani afghani guarda il cellulare e cerca di capire a quale stazione scendere, mentre fuori dal finestrino il panorama è fatto di una distesa di pini marittimi. Tra i gruppi di turisti inglesi e tedeschi che pianificano la loro giornata, i sette migranti attendono l'arrivo alla stazione di Mentone-Garavan, la prima della Francia.

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Il treno rallenta e il giovane afghano blocca il cellulare per poi posarlo sul sedile, sopra il biglietto e una confezione di biscotti italiani. "Tu, tu, e tu e tu, scendete," dice uno dei poliziotti francesi saliti a bordo.

Lo stesso poliziotto passa davanti ai tre afghani senza quasi notarli, poi torna sui suoi passi. "Documenti, prego," chiede rivolgendosi ai tre. Uno di loro gli porge il biglietto. "No, i documenti. Il passaporto." "Non ce l'ho," risponde il giovane. "Allora deve scendere." I due compatrioti conosceranno la stessa sorte. Davanti alla stazione li aspettano due camionette della polizia. Vengono fatti salire, e più tardi saranno rispediti dall'altro lato della frontiera, in Italia. Ad aspettarli c'è il campo della Croce Rossa: la casa base accoglie tutti coloro che presentano il biglietto ricevuto al momento dell'arrivo.

A inizio giugno, circa 200 migranti avevano trovato rifugio in quello che un tempo serviva come posto di frontiera interno alla stazione. Dopo una settimana trascorsa in un minuscolo corridoio sono stati trasferiti in un campo appositamente creato dalla Croce Rossa nei vecchi locali della stessa stazione.

Prima dell'apertura del campo della Croce Rossa è qui, in un locale in disuso della stazione, che stavano i migranti.

Due volanti della polizia italiana stazionano giorno e notte di fronte all'ingresso del campo, a cui è impossibile accedere senza il famoso biglietto. A parte loro e i volontari della Croce Rossa, nessuno può entrare. Noi quella domenica mattina lo facciamo con Luca, un volontario della CRI.

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L'ingresso e l'uscita sono protetti da griglie di metallo ricoperte da un telo verde. Nel cortile centrale ci sono dei prefabbricati che fungono da docce e servizi, e poco lontano è parcheggiata un'ambulanza. I migranti dormono negli spazi che affacciano sul cortile, in strutture da uno o due piani. C'è il minimo indispensabile, e in fondo, sotto un grosso tendone bianco, sono state allestite la cucina mobile e la piccola mensa in cui vengono distribuiti i pasti.

Il dormitorio all'interno del campo della Croce Rossa di Ventimiglia.

Quella mattina al campo ci sono cinque nuovi arrivi, tutti registrati nella piccola tenda bianca su cui si abbatte la pioggia. Uno di loro, che ai piedi ha delle infradito arancio, zoppica vistosamente. Viene portato in infermeria; gli altri quattro saranno visitati il giorno successivo come parte dei controlli di routine.

"Tutti quelli che arrivano devono sottoporsi a una visita," spiega Luca. "Qualche giornalista ha scritto che c'erano dei casi di scabbia, ma non è vero. I più arrivano qui in buono stato di salute, hanno solo bisogno di riposare, mangiare e arrivare a destinazione."

I pasti vengono serviti tre volte al giorno, e rappresentano praticamente l'unica attività stimolante a disposizione dei migranti. Ali [tutti i nomi sono stati cambiati per proteggere l'identità dei migranti] è del Sudan e vive al campo da tre settimane. "Qui," dice, "a parte mangiare e dormire non c'è molto da fare." Come racconta Michael, del Ghana, "Ogni tanto usciamo, facciamo un giro per Ventimiglia. Sono anche andato a vedere il mare, ma ho la testa da un'altra parte." La maggior parte dei migranti preferisce restare nel campo o percorrere i cento passi che li separano dalla stazione.

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Una volontaria della Croce Rossa serve la colazione.

Secondo Luca, la popolazione del campo si rinnova con una certa frequenza. I paesi di provenienza sono perlopiù il Sudan, l'Eritrea, il Mali, il Bangladesh, il Pakistan o l'Afghanistan. Per tutti, il viaggio è iniziato molto tempo fa: alcuni hanno lasciato il paese d'origine e la famiglia da più di sei mesi, e ora sono bloccati a pochi chilometri dalla Francia.

In uno stanzone occupato esclusivamente dai lettini da campo blu forniti dal Ministero dell'Interno italiano (così come le docce e i servizi igienici), Ali racconta la sua storia. È alto e magro, e si esprime senza esitazione in un buon inglese. Ha 23 o 24 anni, non sa con certezza, ed è originario del Darfur. Dopo aver studiato inglese a Khartum, la capitale del Sudan, ha passato due anni a Dubai per raccogliere i soldi necessari a proseguire gli studi in Inghilterra. Ma i soldi e il visto non sono mai arrivati, così a un certo punto ha deciso di raggiungere l'Europa con altri mezzi.

Con 4.000 dollari in contanti Ali è andato al Cairo, dove ha incontrato un trafficante che gli ha promesso di fargli attraversare il Mediterraneo per 2.800 dollari. Ad Alessandria, sulla costa, ha condiviso per qualche giorno una stanza con altre dieci persone, finché non è stato trasferito in una cascina sul mare. Il paesaggio era desertico, e il caldo e le zanzare hanno fatto ammalare alcuni dei suoi compagni. Una sera verso mezzanotte sono arrivati dei camion che li hanno caricati a gruppi di cinquanta e, dopo tre ore di viaggi sotto un tendone, li hanno lasciati sulla spiaggia. Ad aspettarli c'erano delle piccole imbarcazioni di legno usate per fare la spola con il barcone vero e proprio, sul quale erano già seduti diversi sudanesi. Ali, che nel ricordare quei momenti tocca nervosamente la zip della sua maglia grigia, racconta che acqua e cibo dovevano bastare per una settimana. Ma ci sono voluti dieci giorni di mare prima che il barcone venisse soccorso.

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I migranti in coda per i pasti.

Come lui, sono tanti quelli che vorrebbero andare nel Regno Unito. Altri, come Moussa, 17enne del Chad, preferiscono la Francia. Lui vorrebbe entrare nella Legione straniera, mentre Faruq, originario del Pakistan, sogna di lavorare nei cantieri: "In Francia l'economia va bene, rispetto al mio Paese."

Ci sono varie tecniche per raggiungere la Francia. Nel campo di Ventimiglia i migranti si scambiano informazioni senza sapere quale sia quella realmente efficace. Molti spiegano che per attraversare il confine in macchina con un passeur servono tra i due e i 300 euro. Ma i più hanno già speso tutti i soldi a disposizione per arrivare a Ventimiglia, e c'è chi racconta che la sera alcuni trafficanti si fermano sul retro della stazione e si fanno pagare per trasportare i migranti nei camion frigo. Un'altra possibilità è il percorso a piedi sulle alture, di notte, ma per quello, aggiunge Faruq, servono una mappa, una guida o un GPS.

Il mezzo più utilizzato resta comunque il TER, il treno regionale che collega Ventimiglia a Nizza. Youssef, un migrante eritreo di 25 anni che è al campo da qualche giorno, ha già tentato la via del treno, ma senza successo.

La stazione di Ventimiglia.

La polizia francese li aspetta a Mentone, e poi a Nizza. Per Youssef, "è essenzialmente una questione di fortuna," ma per ora non ritenterà, perché ha bisogno di recuperare le forze.

A bordo del treno che mi porta da Mentone a Nizza riconosco uno dei migranti che ho incontrato al campo quella stessa mattina. Indossa un cappellino da spiaggia e dei sandali e legge con grande attenzione Il Corriere della Sera. Ha tutta l'aria di un turista che rientra da una giornata al mare, e quando i poliziotti salgono sul treno non lo guardano nemmeno. Scende a Riquier, la stazione di Nizza che precede la centrale, dove ci sono ulteriori controlli. E infatti, all'arrivo quattro persone, presumibilmente dei migranti, vengono caricate sui furgoni della polizia. Come dice Youssef, è tutta una questione di fortuna.

I quattro fermati alla stazione di Nizza.

Segui Pierre su Twitter: @PLongeray