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Nel collage: mappa della "terra piatta" di Orlando Ferguson, via Wikimedia Commons;  ritratto di Camillo Benso di Cavour di Hayez, via Wikimedia Commons; ritratto di Dante Alighieri di Botticelli, via Wikimedia Commons; Mussolini e Hitler a Venezia nel 1934, via Wikimedia Commons.
Cultura

Le cose più interessanti sulla storia che ho imparato da Alessandro Barbero

Ad esempio: nel Medioevo erano molto più aperti sessualmente, Dante era un radical chic mantenuto e le guerre mondiali non le voleva davvero nessuno.
Niccolò Carradori
Florence, IT
Juta
illustrazioni di Juta

La detonazione del fenomeno Barbero—lo storico e divulgatore che negli ultimi anni è diventato uno dei beniamini dell’internet italiano—è stata una svolta decisiva nella mia gestione degli attacchi di panico e dell’agorafobia. Molto meglio delle benzodiazepine.

Ogni volta che sento montare l’ansia, ascolto una delle sue conferenze su YouTube o in podcast, e dopo poco mi passa. E questo per due motivi: Barbero ha un enorme potere tranquillizzante e distensivo come oratore, ma le sue lezioni sono anche talmente interessanti, e piene di digressioni incredibili, da distrarti completamente.

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Comincia dalla storia di una spia tedesca al soldo dell’Unione Sovietica in Giappone per poi spiegarti come e perché i nazisti siano stati sconfitti a Stalingrado; racconta l’epopea militare della Prussia partendo dalle vessazioni adolescenziali che Federico II subiva dal padre; spiega come pensava una donna del Medioevo narrando la vita della mistica Caterina Da Siena.

Proprio per questo, ho pensato di raccogliere alcune delle cose più interessanti che ho imparato da lui sulla storia. Iniziamo.

Il Medioevo è stato un'epoca sessualmente libera e disinibita

Siamo abituati a considerare il Medioevo un’epoca buia e arretrata, segnata dalla superstizione e dalla repressione religiosa. In realtà è forse uno dei periodi storici su cui esistono più falsi miti.

Molte delle lezioni di Barbero smontano queste credenze, e mirano a rivelare aspetti inediti—come quello per cui si sarebbe trattato di un’epoca disinibita e libera dal punto di vista sessuale, sia nei comportamenti, che nel linguaggio.

Analizzando svariati fabliaux francesi medievali, le novelle del Boccaccio e testimonianze lasciate da giuristi, medici e cronisti, in questa lezione Barbero spiega che all’epoca il sesso era visto come qualcosa di estremamente naturale. In molte opere si fa riferimento al fatto che il desiderio femminile è tale e quale a quello maschile, ed emerge come l’omosessualità (anche se teoricamente proibita) non destasse particolare scalpore.

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Threesome, coppie cuckold alla luce del sole, sacerdoti che fornicavano più di Franco Califano, discussioni teologiche sulle posizioni migliori e sull’orgasmo femminile: le testimonianze che Barbero cita mostrano non solo uno scenario in cui le pulsioni sessuali trovano restrizioni minime, ma anche una libertà nel raccontarle che molti oggi riterrebbero scabrosa.

Neanche gli antichi credevano alla Terra piatta

Un altro mito smontato da Barbero, è quello secondo cui fino al Medioevo la maggior parte della gente credesse alla Terra piatta. In una lezione tenuta appositamente per smontare fake news storiche, spiega che quest’idea non ha alcun fondamento. E che le prove del fatto che già allora tutti considerassero la Terra un globo sono riscontrabili in innumerevoli fonti.

Basti pensare a qualsiasi tipo di immagine raffigurante un imperatore realizzata durante il Sacro Romano Impero: ognuno tiene in mano il simbolo del loro potere sul mondo, un globo sormontato da una croce. Anche i pochi testi risalenti ai “secoli bui” di cui disponiamo lo dimostrano. In una trattazione sui corpi celesti risalente al VII secolo d.C, il monaco Beda scrive: “noi chiamiamo la Terra globo.” E attribuisce alla rotondità del pianeta il cambio delle stagioni.

Non c’è epoca post-barbarica o deperimento della cultura scritta che tenga, quindi, quando si tratta di raggiungere il livello dei terrapiattisti odierni.

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Dante era un radical chic mantenuto

In questi giorni il professore ha pubblicato la sua ultima opera, una vasta biografia di Dante Alighieri, e nelle sue ultime uscite ha dedicato diversi interventi alla trattazione di una figura di cui, fin dal liceo, abbiamo tutti un’immagine piuttosto consolidata e ripetitiva.

Nella conferenza “Dante, uomo del suo tempo”, Barbero illustra però diverse caratteristiche che me lo hanno fatto immaginare come un radical chic voltagabbana e arrampicatore, mantenuto cronico che con i suoi amori ossessivi ha rovinato la vita della povera moglie Gemma.

Forse la Rivoluzione Francese non ci sarebbe stata, se per un secolo i re di Francia non avessero fatto casino coi soldi

L’esplosione della borghesia, e l’inizio della fine per la monarchia assoluta: grossolanamente sono queste le cause che mettiamo alla base della Rivoluzione Francese—e certamente lo sono. Ma la verità è che tutto è cominciato con il fatto che i re di Francia erano sempre al verde.

In una lezione specifica, il professore spiega come il secolo che precedette la convocazione degli Stati Generali sia stato segnato da una serie di iniziative economiche apocalittiche, manovrate da figure assurde. Dopo la morte di Luigi XIV (che aveva salassato i conti), ad esempio, il Regno era finito sotto il controllo di un reggente, il duca Filippo d'Orléans. Che, essendo troppo impegnato ad organizzare orge e a tentare di evocare il diavolo con gli amici, decise di affidare la sorte economica della Francia ad un certo John Law: uno sconosciuto economista scozzese, fuggito dal paese natale perché accusato di aver ucciso un uomo in duello per una storia di donne. Con le sue mirabolanti iniziative, Law provocò una delle più grandi bolle finanziarie della storia (la bolla del Mississippi), mettendo l’economia in ginocchio.

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Ed è solo un esempio. Volete sapere, per dirne una, la strategia adottata da Luigi XVI per coprire i buchi di bilancio? Spendere come se non ci fosse un domani. Non abbiamo soldi per pagare i debiti? Compriamo castelli, il popolo prenderà fiducia.

Se Cavour fosse riuscito a sposarsi, forse l'Italia non sarebbe mai stata unita

Una delle cose più belle della storia raccontata da Barbero è che i grandi eventi spesso si legano ad aspetti della vita reale dei personaggi che li hanno segnati. Come in questo caso.

Alla fine, nessuno voleva veramente le due guerre mondiali

Solitamente pensiamo alle due guerre come a monoliti del Novecento. Ecco: la verità è che queste due tragedie umane sono state anche e soprattutto il frutto di scommesse avventate o comportamenti pavidi e irresponsabili, degenerati senza possibilità di ritorno, anche al di là della volontà degli stessi protagonisti.

Barbero lo chiarisce in due interventi, il cui filo conduttore è “come scoppiano le guerre”. Partiamo dalla prima: nel 1914 i più potenti paesi europei erano ossessionati da quello che viene definito “paradosso della sicurezza”. Una generazione di politici e ufficiali militari che si sentivano minacciati dalle altre nazioni e quindi si armavano; e così facendo creavano il panico in quelle nazioni da cui si sentivano minacciati, che a loro volta si armavano in un circolo vizioso senza fine.

Lo stesso discorso, anche se al contrario, vale per la Seconda Guerra Mondiale. Diamo per scontato che Hitler fosse una minaccia impossibile da disinnescare, e che preparasse una guerra contro tutti da tempo immemore. Ma Hitler, nella sua opera di annessione dell’Austria, di parte della Cecoslovacchia e di Danzica, portava avanti un progetto di espansione in territori misti che accomunava molte nazioni europee (anche noi rivendichiamo Fiume e la Dalmazia). E non è chiaro fin dove voleva portarlo: certamente non intendeva dichiarare guerra a Francia e Inghilterra.

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Quel che è chiaro, è che le democrazie europee nei suoi confronti fecero la scommessa sbagliata: pensarono che lasciandolo fare, e avallando le sue rivendicazioni, la Germania si sarebbe fermata. E che addirittura sarebbe diventata un alleata preziosa contro la minaccia sovietica. Come è finita, lo sappiamo.

L'Italia è campionessa di figure di merda quando si tratta di politica internazionale

L’ultimo grande insegnamento che ho appreso da Barbero ha a che fare con la propensione dell’Italia per la mestizia e l’umiliazione. Specie quando si tratta di politica internazionale.

Perfino la nostra epica sull’Unità nazionale è macchiata dalla vergogna: siamo forse l’unico paese al mondo che è riuscito ad ottenere l’indipendenza perdendo tutte le guerre di indipendenza che ha combattuto. Abbiamo fatto l’Italia grazie a pezzi di paese elemosinati a vario titolo dagli alleati, che li hanno ottenuti al posto nostro.

Oppure durante la Prima Guerra Mondiale: siamo entrati nel conflitto quando pensavamo già che fosse deciso, accanendoci contro un nemico alle corde, e siamo riusciti a ribaltare la situazione a nostro svantaggio. Poi, salvati per l’ennesima volta dagli alleati, abbiamo perfino voluto tirare la guerra in lungo, con i nemici che già proponevano armistizi, nella speranza (fallita) di arraffare più ricompense in sede di trattati di pace.

Nella Seconda invece ci siamo rifatti alla grande. Prima abbiamo millantato una grande potenza militare con la Germania, trainati da non si sa quale mania di dominio; poi, quando Hitler ci ha chiesto di entrare in guerra, ce la siamo fatta addosso.

Quindi abbiamo, molto onorevolmente, barato: Mussolini e Galeazzo Ciano accettarono di entrare nel conflitto, ma inviarono ai nazisti una lista delle materie prime necessarie a consentirci di combattere, e che loro ci dovevano assolutamente prestare. L’elenco conteneva così tante forniture che per sopperire ai nostri bisogni la Germania avrebbe dovuto smettere di produrne per se stessa. Così, pietosamente, ci hanno concesso di rimanere fuori.

Alla fine, nonostante avessimo tre fucili e una bomba, siamo entrati lo stesso in guerra. Sembrava che il nemico fosse già sconfitto, e volevamo ricavare qualcosa a buffo. Ci presero a calci anche quella volta, e fummo salvati dalla rovina proprio dai paesi a cui avevamo dichiarato guerra.