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trident juncture

Siamo andati in Sicilia a vedere come la Nato si sta preparando alla prossima guerra

A Trapani l'operazione Trident Juncture è entrata nella sua fase operativa, e alcuni la definiscono la “più grande esercitazione Nato dalla fine della guerra fredda.”
Foto di Vincenzo Leone/VICE News

Lunedì mattina, sulla pista dell'aeroporto di Trapani-Birgi, erano schierati aerei da guerra, elicotteri militari, veicoli blindati, un drone MQ-9 reaper e persino una tuta corazzata da 35 chili equipaggiata di sensori termici e un casco computerizzato.

Si è aperta così Trident Juncture, che è stata definita da più voci dell'organizzazione - anche durante la conferenza stampa di presentazione - come "la più grande" e la più "ambiziosa" esercitazione NATO dai tempi della Guerra Fredda.

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La fase operativa di Trident Juncture è stata inaugurata ufficialmente il 19 ottobre a Trapani all'interno della sede del 37° stormo - scelta come base di controllo locale - con una cerimonia militare e un'esibizione in volo. Altri operazioni sul suolo italiano sono state avviate in Sardegna, a Teulada, e in Emilia-Romagna, a Poggio Renatico.

Due le fasi della simulazione. La prima, dedicata allo svolgimento di esercitazioni al computer, si è conclusa il 15 ottobre. La seconda fase si snoda invece dal 21 ottobre al 6 novembre in 16 basi militari dislocate tra Spagna, Portogallo e Italia, e vede coinvolte forze aeree, navali e terrestri. Entrambe le fasi sono gestite da un unico centro operativo - il Joint Force Component Command di Poggio Renatico - sotto la supervisione del comando militare NATO di Brunssum, in Olanda.

"Questa esercitazione è diversa dalle altre," ha dichiarato a VICE News il generale Petr Pavel, a capo del Comitato Militare NATO. "Negli ultimi dieci anni la NATO si è concentrata soprattutto su esercitazioni di livello inferiore e operazioni di gestione come quelle in Afghanistan," perché durante questo periodo "regnava un'atmosfera di collaborazione in Europa, Russia compresa.

Tuttavia, con la crescente situazione di insicurezza dovuta all'annessione della Crimea da parte della Russia e le imponenti esercitazioni organizzate da Putin - molte delle quali non sono nemmeno comunicate all'esterno - c'è bisogno che la NATO metta a punto esercitazioni di portata superiore per essere pronti a qualsiasi evenienza."

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Il Generale Petr Pavl, Presidente del comitato militare NATO, ieri in Sicilia.

L'esercitazione Trident Juncture coinvolge 36.000 militari, 60 navi da guerra e 189 aerei. Tra questi si contano 115 aerei da guerra - 32 quelli operativi in volo da Trapani - supportati da nove aerei tanker per il rifornimento in volo. Equipaggiamenti militari e munizioni saranno caricati su 19 aerei cargo. La lista include anche 36 elicotteri, 3 aerei radar AWACS, 2 aerei a decollo e atterraggio verticale e tre droni a pilotaggio remoto.

Su uniformi e fusoliere sventolano le bandiere di tutti e 28 i paesi che fanno parte della NATO, ma non solo. A Trident Juncture partecipano anche nove nazioni partner - tra queste Australia, Austria, Bosnia Erzegovina, Finlandia, Macedonia, Svezia e Ucraina - e diciotto nazioni con status di osservatore, tra cui Brasile, Colombia, Algeria e Libia.

L'esercitazione coinvolge anche una dozzina tra Ong, organizzazioni internazionali - come Unione Europea e Unione Africana - e industrie militari. Questo perché "per vincere la pace," come ha detto a luglio il generale Hans-Lothar Domrose, "c'è bisogno che attori militari e non-militari lavorino insieme."

"La base di Trapani […] è stata scelta per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione," si legge in una nota diffusa dall'Aeronautica Militare. Durante la conferenza stampa d'inaugurazione, il sottosegretario italiano alla Difesa Gioacchino Alfano ha parlato di Trapani-Birgi come "sede naturale e più idonea" in Italia per fungere da Local Operations Control. In altre parole, le capacità operative mostrate nel 2011 durante le incursioni in Libia - quando il traffico civile venne sospeso per più di un mese - sono una garanzia del fatto che la base è in grado di gestire traffico aereo in condizioni reali, e che possa quindi ospitare senza problemi una simulazione di queste dimensioni.

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Il 19 giugno scorso, il Ministro della Difesa Pinotti ha negato l'esistenza "di qualunque rischio" correlato all'esercitazione, ricordando il "rigido controllo da parte degli organi preposti allo scopo di salvaguardare la sicurezza del personale e della popolazione, oltre alla tutela ambientale del territorio."

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A Trapani però non volano soltanto aerei militari—e sarà così anche durante i 16 giorni di Trident Juncture. "Birgi continua infatti ad avere uno status di aeroporto militare "aperto al traffico civile" in via subordinata e condizionata. Far decollare decine di cacciabombardieri da uno scalo che sorge a pochi chilometri dai centri urbani di Marsala e Trapani e delle isole Egadi, mentre nelle piste attendono l'autorizzazione al decollo i voli di Ryanair e altre compagnie passeggeri è tutt'altro che un'attività sicura," ha dichiarato a VICE News Antonio Mazzeo, portavoce del Comitato No Guerra No Nato.

Il rischio di incidenti e collisioni in volo, comunque, è solo uno dei motivi della mobilitazione di associazioni e movimenti antagonisti che entrando nella sua fase "calda" proprio in questi giorni. Si protesta duramente anche contro l'inquinamento sonoro, quello atmosferico e il processo di "ipermilitarizzazione della Sicilia," come lo definisce Mazzeo.

Il Comitato No Guerra No Nato ha avviato una serie di iniziative per fare sentire la propria voce contro le operazioni dell'esercito—tra queste, un flash mob a Roma lo scorso 14 ottobre e una raccolta firme su Change.org, che ha raccolto finora quasi 15.000 sostenitori. Incontri pubblici sono previsti anche a Roma, il prossimo 26 ottobre, mentre Napoli ospiterà una manifestazione nazionale #notridentjuncture due giorni prima, il 24. Per sabato 31 ottobre, infine, diverse associazioni e gruppi No War hanno indetto a Marsala una manifestazione regionale.

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Sotto l'aspetto operativo le attività militari di Trident Juncture avranno lo scopo di testare e perfezionare la capacità operativa delle unità a rapido dispiegamento - la NATO Response Force - e in particolare quella di un'unità speciale, la Very High Readiness Joint Task Force, presentata nel 2014 durante il Summit NATO in Galles, ma fin qui mai impiegata sul campo.

Questo corpo d'elite da 5.000 uomini "sarà in grado di schierarsi nel giro di un paio di giorni per rispondere alle sfide che si potrebbero presentare," si legge al punto otto della Wales Summit Declaration.

Lo scenario in cui si svolge la simulazione, denominato Sorotan, è stato invece messo a punto da una squadra di analisti militari e contractor. Sorotan simula una situazione di conflitto tra due paesi in una immaginaria regione chiamata "Cerasia" che vede, per la prima volta, truppe NATO impegnate a supporto di un paese che non fa parte dell'alleanza atlantica.

L'intervento - spiegano dalla NATO - ha l'obiettivo di "portare a termine una guerra di confine prima che essa si espanda in tutta la regione." Lo scenario è simulato, il nemico non è reale, la "Cerasia" sulle carte geografiche non c'è—ciò nonostante, l'esercitazione è perfettamente verosimile.

Come ha confermato a VICE News Thomas Frear del think-thank londinese European Leadership Network, "sebbene Trident Juncture simuli l'intervento NATO in un conflitto tra stati fittizi, la sua rilevanza nel più ampio contesto di sicurezza euro-atlantica è evidente. In questo scenario la NATO interviene a sostegno dello stato più debole, invaso da un paese confinante più forte, descritto come "avversario regionale altamente adattabile." C'è un chiaro parallelismo tra questi stati e quelli situati tra la Russia e la NATO, come la Georgia o la Finlandia."

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E se Sorotan sembra sempre meno uno scenario di fantasia, l'esercitazione appare sempre più come una prova di forza nei confronti del primo nemico della NATO: la Russia. L'alleanza militare nata nel 1949 in funzione anti-sovietica per riunire Stati Uniti e paesi europei sotto lo stesso ombrello strategico, da un anno e mezzo a questa parte ha di fatto ritrovato la sua vocazione iniziale.

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"Le azioni della Russia non stanno contribuendo alla sicurezza e alla stabilità della regione," ha dichiarato lo scorso 5 ottobre il segretario Generale NATO Jens Stoltenberg, riferendosi alle operazioni militari in Siria. Due giorni prima, caccia da guerra russi - dal 30 settembre impegnati in raid in Siria a supporto del presidente siriano Bashar al-Assad - avevano violato lo spazio aereo della Turchia, paese membro della NATO dal 1952.

"Le attività russe in Siria presentano minacce multiple, tra cui una diretta alla NATO per la loro vicinanza con la Turchia. La Russia ha aperto diversi fronti: prima in Ucraina, poi con le continue minacce ai paesi Baltici, e adesso al suo confine meridionale," ha dichiarato a VICE News Jacub Grygiel, docente alla Johns Hopkins University.

Ma più delle parole, sono ancora una volta i numeri a spiegare in maniera evidente l'evoluzione dei rapporti tra Russia e NATO. Da quando è scoppiata la crisi ucraina - con l'annessione della Crimea da parte della Russia il 17 marzo 2014 - l'alleanza atlantica ha implementato le operazioni nei paesi dell'ex blocco sovietico.

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La NATO ha dapprima triplicato il numero dei pattugliamenti aerei nella regione baltica, e annunciato poi, nel febbraio scorso, l'installazione di sei nuove postazioni di comando in Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Romania e Bulgaria, mentre altri due quartieri generali saranno presto aperti in Slovacchia e Ungheria.

Le nuove misure hanno portato il numero delle truppe NATO impegnate sul confine dell'Europa dell'Est da 13.000 a 30.000 unità, per quello che l'8 ottobre scorso il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha definito - ripetendo un concetto già espresso a febbraio - come il "più grande rafforzamento della nostra difesa collettiva dai tempi della guerra fredda." Nella stessa occasione, il Segretario Stoltenberg ha confermato che il numero delle truppe impiegate salirà fino a 40.000 unità.

Ma c'è un altro dato significativo, ed è quello relativo al numero delle esercitazioni. Nel 2014 la NATO ha condotto, attraverso il suo programma di addestramento Military Training and Exercise Program, ben 162 esercitazioni—il doppio di quelle programmate a inizio anno. "Un'esercitazione ogni due giorni," ha scritto Stoltenberg nel suo report annuale. E per il 2015 sono in programma "più di 270 esercitazioni sotto l'ombrello strategico NATO," come ha riferito il 21 maggio scorso il generale Jean Paul Paloméros, a capo del Comando Strategico Alleato per la Trasformazione della NATO.

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La Russia osserva, ma non resta a guardare. Il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu ha spiegato che durante il 2015 saranno portate avanti circa 4.000 attività militari di addestramento. Oltre ai movimenti nella regione di Kaliningrad - enclave russa incastonata tra Polonia e Lituania - dove nel dicembre scorso il presidente Putin ha inviato 9.000 soldati, 250 carri armati, 55 navi e 41 aerei, un mese fa la Russia ha organizzato la sua risposta a Trident Juncture. Il 14 settembre è partita infatti la più grande esercitazione russa dell'anno, con 95.000 unità coinvolte, 170 aerei da guerra e 20 navi militari.

"Le esercitazioni su larga scala di NATO e Russia sono chiaramente organizzate pensando l'una all'altra," ha detto a VICE News Thomas Frear dell'European Leadership Network. "Non c'è nessun altro ipotetico antagonista nell'area euro-atlantica contro cui potrebbero rivolgersi queste attività," ha continuato Frear, puntualizzando però come "questo non voglia dire che le rispettive leadership abbiano deciso che un conflitto sia imminente o probabile, ma che dovrebbero essere pronte entrambe al peggior scenario possibile."

Una partita a due quindi, esattamente come ai tempi della Guerra Fredda. Un paragone sempre più frequente, che riecheggia anche nelle dichiarazioni pubbliche di osservatori e analisti.

"Durante la Guerra Fredda vivevamo in un'epoca di confronto. Sembra che quel tipo di confronto - e di competizione - stia tornando," ha dichiarato a VICE News il generale Pavel.

"Penso che nessuno nella NATO si auguri di tornare alla Guerra Fredda. Sfortunatamente però l'atteggiamento russo sta diventando sempre più competitivo e aggressivo."

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Tutte le fotografie sono di Vincenzo Leone/VICE News.