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Un morto ne porta un altro: la protesta in Venezuela

Bassil Da Costa e Roberto Redman sono stati tra le prime vittime della repressione abbattutasi sulle proteste contro il governo chavista di Nicolas Maduro. Una settimana dopo, il caos regna ancora per le strade di Caracas.

Foto per gentile concessione di El Nacional

Era all'angolo della strada quando gli hanno sparato alla testa. Quattro, forse cinque persone l'hanno sollevato e si sono messi a cercare un'ambulanza, una macchina, una moto. Il corpo scivolava, si sono dovuti alternare con braccia più forti. L'hanno preso sotto le ascelle e per le gambe, con quella solidarietà disorientata di quando si aiuta un ferito durante una protesta.

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Uno di loro tamponava il foro di entrata del proiettile con uno straccio, nel tentativo di fermare il sangue. Sono andati avanti così per qualche via, senza trovare nessuno che potesse aiutarli, finché non si sono imbattuti in un gruppetto di agenti di polizia. Hanno accettato di portarli in ospedale.

Bassil Da Costa, il ferito, e Roberto Redman, uno di quelli cha l'ha soccorso, si erano incontrati quella sera del 12 febbraio, durante una manifestazione antichavista indetta dagli studenti e dall'opposizione venezuelana. Sia Da Costa che Redman sono morti, due delle prime vittime della violenza esplosa dopo l'attacco al corteo. Una settimana dopo il caos regna ancora per le strade di Caracas.

Roberto Redman (col cappellino nero) aiuta a trasportare il corpo di Bassil Da Costa.

Da Costa, un muratore di 23 anni, non aveva mai partecipato a una protesta. Viveva a Guatire, un quartiere di Caracas, ed era lì perché aveva seguito i cugini. Redman, un pilota trentunenne, era una presenza fissa alle manifestazioni. Viveva a Chacao, il quartiere medioborghese di Caracas in cui si è svolta la maggior parte delle proteste contro il governo.

Nella bio su Twitter Redman si definiva un guarimbero, termine utilizzato dalla polizia per indicare i manifestanti. Alle 6 e mezza di sera scriveva su Twitter, "Oggi mi sono preso una pietra nella schiena, un colpo al naso, ho respirato lacrimogeni e ho trasportato il ragazzo che è morto. E voi, cos'avete fatto?" Poche ore dopo, anche lui è stato ucciso—come per Da Costa, è stato colpito alla testa da un proiettile.

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Le due morti sono state ricostruite attraverso video, alcuni girati dagli altri manifestanti, altri da giornalisti, e hanno attirato l'attenzione della stampa internazionale. Eppure, a causa della censura su tv di stato e quotidiani, i venezuelani che seguono i media tradizionali non ne hanno saputo granché.

Le autorità sono così preoccupate dalla diffusione di tali notizie che hanno persino bloccato le immagini su Twitter.

Erick Redman, il padre di Roberto, in corteo dopo l'uccisione del figlio. (Via Twitter)

Da Costa aveva due anni quando Hugo Chávez tentò il colpo di stato del 1992. Redman ne aveva nove. Sono passati 16 anni dalle prime elezioni vinte da Chávez, nel 1998—più di metà delle vite di entrambi. Non hanno avuto il tempo di conoscere un Venezuela senza Chávez, perché Nicolas Maduro, l'attuale presidente, non è altro che il suo erede, solo un po' più stupido e brutale e indubbiamente meno forte.

I venezuelani guardano all'inflazione, all'alto tasso di omicidi del Paese, ai beni che scarseggiano, e si chiedono cosa stiano facendo quelli ai vertici. In Venezuela protestare è pericoloso, ma lasciare le cose così come stanno lo è altrettanto. Tanti cartelli ora per strada portano la scritta, "Mamma, sono andato a protestare per il Venezuela. Se non ritorno è perché ce ne siamo andati insieme."

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