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Panama Papers

Le società coinvolte nei Panama Papers hanno già 'bruciato' 230 miliardi di dollari

Un trio di studiosi ha calcolato che le imprese esposte al leak dei Panama Papers hanno bruciato 230 miliardi di dollari di capitalizzazione di borsa nella settimana intorno al 3 aprile 2016, quando sono state rese pubbliche le prime informazioni.
Il distretto finanziario di Panama City. Foto via Wikimedia Commons

Lunedì sera, l'ICIJ ha reso pubblico un database contenente informazioni su più di 200.000 società offshore, e sui nomi delle persone che operano dietro a queste compagnie. È l'ultimo capitolo dei "Panama Papers" — quello che è stato definito come il più grande leak della storia.

Intanto, si cominciano a scoprire gli effetti concreti delle rivelazioni a livello finanziario: già dopo le prime rivelazioni del 3 aprile scorso, un trio di studiosi ha infatti calcolato che le imprese esposte ai leak dei Panama Papers hanno bruciato 230 miliardi di dollari (circa 201 miliardi di euro) di capitalizzazione di borsa.

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La cifra - seppur parziale - è enorme, ben più alta delle conseguenze economiche generate dagli scandali o dai leak su Volkswagen, Enron, Home Depot e Target messi insieme.

Lo studio, dal titolo The Value of Offshore Secrets – Evidence from the Panama Papers, è stato condotto da Hannes Wagner (Università Bocconi), James O' Donovan (INSEAD) e Stefan Zeume (University of Michigan).

Il report è stato pubblicato il 27 aprile, quando erano disponibili solo le informazioni iniziali sui Panama Papers, e non l'intero database, reso pubblico lunedì.

I tre accademici hanno studiato l'andamento in borsa delle società che hanno filiali nei paesi noti per essere paradisi fiscali — in particolare a Panama, Isole Vergini Britanniche, Bahamas e Seychelles, che nel loro insieme rappresentano il 90 per cento dei territori in cui opera Mossack Fonseca.

Le società considerate dallo studio come impattate dal leak dei Panama Papers, infatti, non hanno necessariamente usato Mossack Fonseca per aprire le proprie filiali offshore; semplicemente, sono state considerate le imprese esposte agli stessi paradisi fiscali usati dallo studio legale. Queste informazioni erano già pubblicamente disponibili, e quindi consultabili da parte degli investitori già prima delle rivelazioni dell'ICIJ.

È stato analizzato un campione di 26.655 società quotate in borsa di 73 paesi diversi - con un totale di 543.151 filiali in 213 territori - per calcolare quanto i leak abbiano avuto un impatto sul valore di queste imprese.

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"Nello studio abbiamo cercato di considerare tutte le compagnie quotate in borsa in tutto il mondo," spiega a VICE News Hannes Wagner, co-autore del paper.

"La ragione è molto semplice: non sapevamo quali compagnie sarebbero state impattate di più e in quali paesi. Quindi, dato che non sapevamo dove iniziare a guardare, abbiamo deciso di guardare ovunque."

Di queste società, 1.105 compagnie (il 4,1 per cento del campione totale) hanno almeno una filiale in uno dei quattro paradisi fiscali — e nel periodo immediatamente successivo alla fuga di notizie hanno visto un calo del proprio valore dello 0.5-0.6 per cento rispetto alle compagnie dello stesso paese e dello stesso settore non coinvolte nel leak.

"Le compagnie che abbiamo analizzato potrebbero avere degli ottimi motivi, pienamente legali, per avere delle filiali in questi paradisi fiscali — magari hanno dei clienti in quei paesi," dice Wagner. "Ma sicuramente alcune compagnie hanno creato queste filiali per ragioni non proprio trasparenti," e sono stati proprio i sospetti di operazioni non proprio legittime a far preoccupare il mercato."

Gli effetti negativi delle rivelazioni sugli affari di Mossack Fonseca sul valore delle imprese coinvolte nel leak possono essere di diverso tipo, si legge nello studio. Innanzitutto, queste rivelazioni potrebbero rendere più difficile per le società evitare di pagare le tasse nascondendo gli introiti, o usare fondi offshore per corrompere gli esponenti di governi stranieri — riducendo le opportunità di guadagno per queste imprese e abbassando l'utilità delle stesse società offshore.

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In più, le società coinvolte nei leak potrebbero essere perseguite dalle autorità, ad esempio per delle tasse non pagate o per aver corrotto dei funzionari. Ciò comporterebbe delle multe o dei risarcimenti, andando a incidere sulle spese delle società. Infine, c'è il forte rischio di un pesante danno all'immagine, che ha un peso significativo sul valore delle società.

Lo studio ha analizzato una finestra temporale di una settimana che va da venerdì primo aprile, due giorni prima del leak, a giovedì sette aprile. L'effetto più consistente dei leak sul valore delle aziende è stato constatato nei primi due giorni successivi alle rivelazioni — quindi lunedì quattro aprile, primo giorno di apertura dei mercati dopo la diffusione del leak, e martedì cinque aprile.

Leggi anche: La guida di VICE News ai Panama Papers: tutti i segreti di Mossack Fonseca

Nei giorni precedenti alle rivelazioni, l'andamento in borsa delle società con filiali offshore e quelle non impattate dalle rivelazioni dei Panama Papers è stato lo stesso — a riprova del fatto che le compagnie esposte non avevano una performance già peggiore delle altre, e che non ci sono state fughe di notizie prima della diffusione dei Panama Papers.

"Noi ci siamo chiesti: cosa sapevano già gli investitori quando sono stati pubblicati i leak?" spiega Wagner. "Consultando informazioni che sono pubblicamente a disposizione, si può capire se una certa compagnia ha delle filiali nelle Isole Vergini, o a Panama. Ed è questo che secondo noi hanno fatto gli investitori, indagando in prima persona e cercando di capire, ad esempio, se una qualche compagnia è potenzialmente impattata dai leak."

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Lo studio ha anche rilevato che gli effetti del leak sono stati più evidenti per le compagnie che svolgono attività in paesi i cui leader sono stati accusati di frode, riciclaggio di denaro, corruzione o altre attività illecite.

Queste accuse, rivolte ad esempio al Primo Ministro islandese - poi dimessosi - e a funzionari di alto rango di paesi come Argentina, Qatar e Arabia Saudita, hanno avuto un forte impatto sulla reputazione dei paesi stessi.

Secondo gli autori del paper, il valore delle società con filiali in questi paesi è diminuito del 65 per cento in più rispetto alle altre. Questa reazione del mercato può essere spiegata dal fatto che le compagnie con filiali sia in questi paesi che nei paradisi fiscali potrebbero avuto maggiori opportunità di commettere reati come la corruzione o il riciclaggio.

Con la pubblicazioni lunedì sera dei nomi di oltre 200.000 società offshore e, ove possibile, dei veri proprietari di queste compagnie, i tre accademici hanno molto lavoro da fare per aggiornare la loro ricerca.

"La pubblicazione di questi nuovi dati è davvero eccitante," afferma Wagner. "Noi riteniamo che queste informazioni coinvolgeranno direttamente certe persone, certi azionisti o alcune compagnie. Assisteremo quindi a un impatto molto più grande in termini percentuali sul valore di queste imprese."

"Continueremo a lavorare su questo tema aggiornando le nostre ricerche con i nuovi dati," prosegue Wagner. "Ci porremo domande che vanno più in profondità, e lavoreremo sodo per vedere se possiamo avvicinarci a identificare chi ha effettivamente fatto cosa."

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